lunedì 31 dicembre 2007

Le piccole paure quotidiane

Infine, parla Cassano. E chiarisce. Confermando il disimpegno (da giugno), ma concedendo anche ossigeno al Martina. Vero, non c'è più feeling con l'ambiente e, in generale, con il calcio. Ma non c'è neppure spazio per la smobilitazione. Non sono previsti rinforzi nella sessione invernale del mercato, ma neppure epurazioni. Significa che il patron (anzi, lo sponsor: parole sue) vuole spendere ancora il minimo indispensabile, garantendo la copertura dei costi di gestione. Senza, comunque, servirsi di una massiccia operazione di cessione. Traducendo, si andrà avanti. Con questa squadra, privata di qualche elemento - diciamo cosi' - in sovrannumero, che non rientra dichiaratamente nei piani del tecnico Camplone. Il Martina, dunque, potrà lottare sino in fondo. E, anche se un paio di puntelli (ne siamo ancora convinti) sarebbero graditi, è lecito - almeno - continuare a confidare su un collettivo che, mentalmente, si è già ritrovato. E che ha dimostrato di credere nell'obbiettivo prefissato. Non è il meglio, ma è abbastanza. Avevamo sospettato qualcosa di più grave. E, invece, è stato sufficiente liberarsi di qualche contratto ormai scomodo. La grande paura sembra passata: restano solo le piccole paure di ogni giorno.

sabato 29 dicembre 2007

Lasciatelo lavorare

Dunque: Materazzi parte e arriva Antonio Conte. Non Brini: forse spiazzato da un esonero (di Materazzi, appunto) annunciato e poi non confermato. O, forse, non eccessivamente gradito al diesse del Bari Perinetti. Che proprio Conte caldeggiava. S¡, Conte: leccese di anagrafe e anche di (ex) militanza calcistica. Facile pensare, adesso, che la tifoseria non abbia raccolto la notizia con entusiasmo genuino. E facile pensare che il suo mandato (condurre la squadra alla salvezza) si gravi di problematiche ulteriori e di responsabilità maggiori. Conte sappia sin d'ora, quindi, che a ogni esitazione corrisponderà una dose più cospicua di malumore. Ma la gente che ama il Bari sappia pure che i problemi si combattono cercando anche di aggirarli. Invece di moltiplicarli. Il consiglio è semplice: lasciatelo lavorare.

Materazzi fa da sè

Giuseppe Materazzi lascia il Bari. Piegato dai risultati. Maltrattato dagli umori anneriti della gente. Consumato da un derby tragico. Sconfitto da un’atmosfera anarchica. Quella dello spogliatoio, ad esempio. Lo spogliatoio degli scontenti. La scommessa estiva del tecnico di Arborea è persa. Dentro il campo e anche fuori. Dove i rapporti sdruciti dello scorso campionato non si sono ricomposti. Ma Materazzi non viene esonerato: Matarrese non trova il coraggio (o la convenienza) di privarsi dell'apporto dell'allenatore, che è anche un amico. Dietro ci sono certi rapporti e, magari, non spuntano troppi pretendenti adeguati. No, Materazzi viene confermato, malgrado le voci opprimenti di corridoio. Confermato: contro la sua stessa volontà, forse. E, allora, a conferma sancita, si dilegua di sua iniziativa. E, se dietro c'è un calcolo, si rivela sbagliato: perchè deve rinunciare anche al resto dell'ingaggio. Attendeva decisioni altrui: e, invece, deve fare da sè . Strana storia, una di più. Dove il capolinea è anche il momento per alleggerirsi di un peso. Anzi, un momento lieto: quello di un allenatore che aveva già cominciato a non credere nel futuro. Nel suo stesso futuro.

venerdì 28 dicembre 2007

Ritorno al passato

Dicembre, prima di eclissarsi, ci restituisce un Taranto che non sa aministrare il potere. O meglio, che non sa miscelare il carburante dell’entusiasmo, che non sa approfittare del momento felice. La formazione di Cari, invece, ha saputo governare l’emergenza (o le emergenze): abbastanza bene, anche. E ha veleggiato con sicurezza per un po’: arenandosi presto, comunque. Perché, forse, non c’è ancora un rapporto di dipendenza tra l’articolazione di un calcio affidabile nel tempo e le potenzialità del gruppo. E tra l’atteggiamento tattico di una prestazione e l’altra. E perché, probabilmente, nel dna del collettivo c’è ancora un’approssimazione di fondo. Non è una novità, ma quasi una certezza. Il Taranto che aveva cominciato a convincere, a San Benedetto non c’era più. E l’irregolarità del percorso non aiuta ad accumulare fiducia. Ma, soprattutto, questa squadra ha consumato un intero girone, quello di andata, e due match della manche di ritorno senza saper catturare il cuore della gente. E, in una piazza particolarmente sensibile a qualsiasi umore, il dato non possiede secondaria importanza. Anche se la città e la tifoseria dimenticano in fretta gioie e dolori. Magari, basteranno un paio di buoni risultati, a gennaio. E molto carattere. Ma la domanda è: il Taranto ne possiede?

giovedì 27 dicembre 2007

Gallipoli, resa double-face

La prepotenza del Gallipoli esplode sull’erba sintetica di casa. Dall’inizio del torneo di C1. E le virtù balistiche difettano pochissimo, quando l’avversario scende in Salento. Il tributo alla causa di Di Gennaro e soci, questa volta, è affidato alla Salernitana: non proprio la formazione più abituata a cedere campo, iniziativa e punti. Eppure, il successo materializzatosi domenica è franco, persino agile. Si vede solo il Gallipoli, o quasi. E alla squadra di Agostinelli resta poco. Il risultato rafforza le convinzioni della piazza, rasserena il presidente Barba e promette di compattare ulteriormente il gruppo affidato a Bonetti, che - talvolta – lascia trasparire conflitti interni e crepe, figli legittimi di un nervosismo ispirato dalla condanna a vincere e convincere. Malgrado gli incidenti di percorso, però, il Gallipoli è in alto: e i playoff, in questo momento, sembrano garantiti. In realtà, da ora in poi, servirà maggiore accortezza anche in trasferta, dove è stato facile -. sin qui - inciampare. E dove la resa è chiaramente più deludente: parlano i numeri e i mugugni del patron. Consapevole, probabilmente, di un concetto antico: secondo il quale i campionati si perdono in casa, ma si vincono fuori.

martedì 25 dicembre 2007

I padroni delle ferriere. E del verbo

Da Casarano a Nardò. Pochi chilometri di asfalto e di Salento calcisticamente caldo. E un’unica situazione anomala: gli attriti tra chi progetta calcio (le società) e chi lo deve raccontare (la stampa). Come a Casarano, anche a Nardò la dirigenza si ritiene defraudata: del diritto di conservare l’incontrastabile vericidità del verbo. Descrivere la realtà, invece, è anacronistico, detestabile, politicamente scorretto. Testimoniare dei disordini (e del consequenziale fallimento della giornata dedicata al fair play) succedutisi prima, durante e dopo il match tra la squadra allora condotta da Vito Sgobba e il Francavilla, due domeniche fa, è una minaccia alle ragioni di stato. Meritevole di ritorsioni adeguate: la stampa, se vuole presenziare la gara-farsa contro la Leonessa Altamura, sette giorni dopo, può farlo. Pagando, però, il biglietto e rimanendo fuori dalla tribuna solitamente riservata agli operatori dell'informazione. Il fatto non ci sorprende e neppure ci sconvolge. Del resto, la mancanza di cultura del lavoro altrui è, da tempo, uno dei postulati su cui si fonda la repubblica italiana. E la mancanza di spessore culturale è uno dei cardini attorno al quale si avvita troppo spesso il calcio di Puglia. Che potrebbe ambire a qualcosa di più e di meglio. Ma, se questo non accade, le motivazioni ci saranno pure. Una, forse, l’abbiamo già individuata.

lunedì 24 dicembre 2007

Calcio e coerenza

E’ la legge dei grandi numeri: quando troppe situazioni delicate viaggiano contemporaneamente, è obbligatorio che almeno una notizia forte sgusci e conforti i pronostici. Prima della pausa, perché proprio la pausa dei campionati è un valore propedeutico a certe risoluzioni, una panchina di Puglia perde il suo proprietario. Parliamo di Novelli e, dunque, del Manfredonia, nuovamente battuto sul campo e ormai sprofondato nel proprio raggruppamento di terza serie (penultimo posto, crisi dichiarata: anzi, confermata). L’interruzione del rapporto di fiducia è una soluzione facilmente prospettata e puntualmente concretizzatasi, in quanto già scritta. Che traduce l’intenzione del club di perseguire tutte le strade possibili per evitare la retrocessione. Ma che, piaccia o non piaccia, svilisce e punisce il progetto dei giovani impalcato dalla società, ovvero dalla parte che ha pianificato l’esonero e che, a suo tempo, ha scelto il nocchiero, fortemente vincolato al progetto stesso. Parlare (e scrivere) è più facile che agire, ne siamo coscienti. E siamo coscienti che la piazza pretende risposte e, quasi sempre, vittime. E che l’ambiente è il vero barometro del calcio, il vero ispiratore di ogni rivoluzione, di ogni strategia. Il controsenso di fondo, comunque, esiste e resiste. E va sottolineato, con onestà intellettuale. Perché – a Manfredonia come altrove - non sarebbe lecito sperare di trascorrere un campionato senza assilli: a queste condizioni (il progetto giovane, appunto) è quasi sempre inevitabile. E assumere decisioni forti (ancorchè scontate) significa tradire un po’ le proprie idee. Anche a costo di apparire autolesionisti. Ma, si sa: la coerenza non può sposarsi con il calcio. Perché la coerenza, negli affari, è cattiva consigliera.

domenica 23 dicembre 2007

Il Martina si suicida

Il suicidio del Martina si consuma a gara quasi archiviata. La Massese, sminuta dall'assenza di una reazione credibile e concisa, mantiene palla e vantaggio numerico, senza saper alimentare manovra e coraggio. L'atteggiamento passivo della gente di Camplone nell'ultimo quarto d'ora, però, disegna un epilogo diverso e brucia una possibilità importante. La squadra si chiude, si scarica, attende, non pressa e consente ai toscani il pareggio e il sorpasso (2-3). Il Martina, in dieci contro undici, cede sulle gambe e anche psicologicamente, azzzerando l'orgoglio e la circolazione di palla già mostrati. Arrendendosi al foto-finish, senza ribellarsi. Invalidando in pochi minuti i progressi (visibili sulla classifica) degli ultimissimi tempi. Non crediamo che abbia influito la precaria situazione societaria (che, peraltro, si sta lentamente chiarendo): è la stessa di sette giorni addietro, o di quattordici. E l'inferiorità numerica (Guariniello espulso nel primo tempo) può non può spiegare tutto. E' accaduto dell'altro: nel fisico e nella testa. Oltre tutto, nel momento migliore del campionato. Il tecnico dovrà scoprire che cosa: e anche presto. I progetti di riconquista possono subire un calo di quotazione. Vistoso.

Il Bari è fragile. E nudo

Scusateci: ma la disfatta del Bari non sorprende. Soltanto, complica ancora di più il domani di Materazzi e della squadra. Sempre che Materazzi possegga ancora un futuro in questa fetta di Puglia. E sempre che tutti i protagonisti siano certi di continuare a esserne parte integrante anche dopo la sosta. Il successo di Treviso, dicevamo, non avrebbe potuto cassare i dubbi e le incertezze partorite dal collettivo in quattro mesi di calcio. Né le amnesie frequenti di una formazione troppo spesso priva di anima. E, nel migliore dei casi, di lucidità, tranquillità, saldezza, coesione e alternative tecniche. No, il match di Treviso non ha corrotto le sensazioni fondamentali già elaborate e digerite. Non avrebbe potuto: il Bari era e resta incompleto e fragile. Caratterialmente, soprattutto. E il derby con il Lecce l'ha denudato del tutto, condannandolo davanti a se stesso. Ma condannandolo soprattutto alla diffidenza eterna della gente: che non avrà gradito. E che non mancherà di farlo sapere.

sabato 22 dicembre 2007

Arrogante Lecce

Pratico, sempre più pratico. Essenziale senza sembrare eccessivamente brillante. Arrogante, compatto e deciso, lucido. Il Lecce intasca anche il derby, una delle partite che offre maggiori visibilità, uno dei momenti più delicati del cammino. Per alcuni, la partita più attesa dell'anno. E, per chiunque, una prova assolutamente indicativa sotto il profilo psicologico. Il risultato di Bari (quattro a zero tondo e rumoroso) è una prova di forza evidente. Che chiude – per il momento, almeno – qualche polemica sotterranea (ma non troppo) tra una fetta di opinione pubblica (e di stampa) e il responsabile della guida tecnica. Il Lecce, ora, sta bene. E ci sembra che abbia capito com’è il suo campionato, qual è il sentiero da perseguire, dov’è la chiave per aprire la porta più importante del torneo. E come comportarsi. Era temibile, l’ostacolo-derby: ma l’ha saltato con autorevolezza, con personalità. Stracciando avversario e perigliosità dei pronostici. Era necessario del tempo, per quadrarsi. Ma la quadratura sembra arrivata. Si chiama continuità: quella che costruisce le imprese.

Questione di buon senso

Sinceramente, non decifriamo. Non decifriamo la decisione della Federcalcio di Puglia: quella di ordinare il recupero delle gare del campionato di Promozione - non disputate a causa del maltempo domenica scorsa - il 17 gennaio prossimo, cioè un giorno infrasettimale. Quando lo stesso campionato, domani, rimarrà fermo, così come previsto da tempo: in attesa del 6 gennaio. Intanto, tutte le squadre (o quasi) inganneranno le ore di svago in partite amichevoli: il ritmo di gara, in un certo modo, va anche salvaguardato. Con la prospettiva di incontrare qualche problema in più tra un mese, o poco meno. E, sinceramente, non decodifichiamo neppure la decisione del Comitato Regionale maturata la scorsa settimana. I campionati dilettantistici (o, almeno, quei gironi territorialmente localizzati nelle Murge) andavano stoppati, sospesi. Come avvenuto in Lucania, ad esempio. Neve e ghiaccio erano una realtà già nella mattinata di sabato. E c'era il tempo materiale per provvedere. Evitando disagi stradali e logistici, viaggi avventurosi e inutili, costi. Forse, i regolamenti prevedono altro. Ma il buon senso (che al presidente Vito Tisci non è mai mancato) avrebbe preteso la sospensione dei tornei. A costo zero.

venerdì 21 dicembre 2007

La quiete prima della sosta

L'ultimo chilometro del duemilasette sembra saporitissimo, al di là delle categorie (dalla B alla D), e anche itinerante. Perchè potrebbe suggerire (e, in alcuni casi, determinare) molte riflessioni, all'interno di tante società pugliesi: che, oltre tutto, potranno appoggiarsi sul periodo di pausa imposto dai calendari. Per rivedere, reimpostare, meditare. E, comunque, l'imminente week-end sembra doversi trasportare parecchie situazioni. Vediamo: il Martina, così com'è, a gennaio potrebbe non ritrovarsi più. Se Cassano non parerà l'emigrazione di molti titolari: malgrado, in Valle d'Itria, si parli timidamente di una schiarita imminente. Proprio mentre Blasi, a Taranto, promette di non smantellare l'architettura a disposizione di Cari: quando il calcio giocato tornerà, sapremo se sarà davvero così. A Foggia, invece, Campilongo affronta un altro capitolo di una battaglia dura, che sta pareggiando. E, forse, proprio il match di domenica con il Sassuolo potrà tranquillizzarlo definitivamente o schiacciarlo. A Manfredonia, poi, la squadra e il tecnico sono sotto osservazione: la prestazione di Foligno illuminerà. In tutti i sensi. Gli stessi problemi incroceranno la strada del Bitonto, ad esempio. E, chissà, anche quella del Fasano. E, sicuramente, pure quella del Gallipoli. Che "sente" il match con la capolista Salernitana, accumulando nuove scorie (lite in allenamento). L'impressione è che il tecnico salentino Bonetti sia arrivato ad un bivio. L'atmosfera bolle da un po', sullo Jonio. E certe parole distensive potrebbero anticipare spiacevoli conclusioni. Solo vincere (e, soprattutto, vincere una sfida importante) sarà corroborante. La pazienza del presidente Barba ci sembra artificiale. E, conoscendo il personaggio, innaturale.

L'urgenza della lotta dura e fiera

E’ già tempo di passioni forti. Gli schieramenti opposti si organizzano. A Taranto il calcio è questione fondamentale e sempre più fondamentalistica. Da una parte il partito che osteggia Blasi: con la sue roccaforti, la sua televisione di riferimento, le proprie convinzioni, le sue ragioni e le sue isterie. Dall’altra, la fazione che sorregge il presidente: con la sua claque, la sua televisione di rappresentanza, le sue valutazioni, la sua rabbia e i propri obiettivi. E le proprie certezze, ormai inversamente proporzionali a quelle della piazza. E, da due giorni, anche con un blog impalcato da anonimi ammiratori e creato per rimotivarlo, ringraziarlo, adorarlo. Il clima sembra proprio scaldarsi. Come tante volte, in passato. Perchè Taranto ha urgenza di temperature alte. E internet, macchina da guerra mediatica dei giorni nostri, è solo uno strumento in più. Intanto, si respira aria di lotta dura e fiera, che filtra nelle maglie della politica e della storia cittadina. C’è aria di cospirazioni, di sospetti e di ripicche. L'ossigeno si appesantisce progressivamente. E c’è aria di guerra santa.

mercoledì 19 dicembre 2007

E il Brindisi si riedita

Di Giulio, centrocampista dai concetti buoni, è già dentro il meccanismo rivisitato e corretto dal tecnico Silva. Prima o poi - si dice - saranno utilizzabili il brasiliano Júnior Bahia e un'altra punta cilena, Kettlun. Adesso arriva anche Zangla, centrale difensivo esperto ed arcigno, che avvicenda Mastronardi, poco impegnato sin qui e, quindi, tagliato. Il Brindisi che si riedita (e si completa: numericamente parlando, soprattutto) conferma una notizia che la più recente successione dei fatti aveva già abbondantemente ufficiliazzato: i fratelli Barretta stracciano i propositi di disimpegno annunciati. E rilanciano il discorso. Non si spiegherebbero, altrimenti, tante nuove operazioni di mercato, di indubbio impegno economico. Ne prendiamo atto, innanzi tutto. Registrando come, evidentemente, i messaggi infastiditi dei proprietari del club siano arrivati a destinazione. Smuovendo, probabilmente, qualcosa: forse anche in ambito politico cittadino. Non capiremmo, altrimenti, le motivazioni alle fondamenta del ripensamento. Nè l'utilità di un bluff. Se il momento di bassa pressione è terminato, intanto, è meglio così. Anche se è già costato abbastanza, in termini di credibilità. E si può proseguire: anche perchè la corsa ai playofff è ancora aperta, teoricamente. Sempre che i playoff valgano ancora qualcosa.

martedì 18 dicembre 2007

Il vecchio ragazzo dai piedi buoni

Nel fango del lunedì televisivo, la praticità (e la voglia) dell'Andria superano un Monopoli prima imballato e poi non eccessivamente pericoloso. Il derby premia la squadra che parte meglio e che difende il risultato, aperto da un episodio particolare, cioè da un infortunio del portiere D'Urso. Ed è un derby tirato, ancorchè disturbato dalle condizioni del tempo e del campo. Non c'è, però, l'Andria che Dellisanti vorrebbe e non c'è neppure un Monopoli autoritario. O, almeno, quella squadra solida che attendevamo. Siamo tornati, invece, ad apprezzare qualche spunto firmato da Bitetto: una pedina che, tra le linee, può offrire ancora qualità. Un giocatore d'esperienza consumata, recuperato dalla società proprio quando sembrava dovesse emigrare (il contratto era stato praticamente rescisso e il trasferimento a Noci , nel campionato di eccellenza pugliese, sembrava la logica conseguenza). E' una di quelle storie strane. Una di quelle storie di calcio ordinario, legate ad una coincidenza, ad una contingenza. Bitetto, fisicamente arroluabile, può ancora servire al Monopoli. Una squadra, quella di Sciannimanico, che non può privarsi di un certo quoziente di fantasia: utile ad azionare un dispositivo offensivo che vanta giocatori dalle caratteristiche diverse. E, dunque, un ventaglio di soluzioni differenti.

Il sogno e la realtà del Grottaglie

Ciracì, presidente del Grottaglie, parla di C2, neppure troppo velatamente. Ancora ci crede. Oppure, questo è il suo messaggio motivatore. Ma la squadra di Del Rosso, anche contro il Matera, confessa i propri limiti di personalità. Puntuali, quando occorre accelerare o, più semplicemente, rispettare il pronostico. Per approfittare, magari, dei problemi altrui (Barletta, Bitonto, Aversa e Gragnano rallentano). Non è la prima volta che accade, non è la prima volta che lo sottolineamo. I lucani, ruvidi quanto basta, pareggiano al culmine di un pressing insistito sui difensori, che indugiano troppo sul pallone. Quando, invece, dovrebbe essere il Grottaglie a operare il pressing sui portatori di palla avversari. Ma il Matera fa la sua gara onesta, nulla più. E' la manovra involuta e lenta dei tarantini a determinare il risultato. Oppure, la scarsa predisposizione ad adoperare le corsie laterali e le sovrapposizioni. Ma, soprattutto, una mentalità da modellare ancora. Ripetiamo: la C2, in questo momento, sembra un sogno eccessivo.

Prove tecniche di strategia

Proprio quando la società avrebbe dovuto supportare la squadra, provando ad alleviarne le ferite, è invece la squadra che prova a restituire gli stimoli alla società che non c’è più. Che prova a convincerla, a incoraggiarla. Augurandosi che la crisi possa liofilizzarsi e che la proprietà riveda la drastica decisione di interrompere la propria assistenza nei confronti dei suoi tesserati. E’ strano, il presente del Martina: un collettivo che, da quando l’emergenza finanziaria è stata ufficializzata, si è abituata a vincere. E, quando va male, a pareggiare. Che ha recuperato in pochissime settimane il gap in graduatoria e anche quello tecnico. E, intanto, viene da pensare che, forse, è meglio che la società si ricompatti il più tardi possibile. Ma così non è. Non può essere. Di sicuro, però, la gente di Camplone sta seriamente ponendo in difficoltà patron Cassano e, di conseguenza, il dimissionario presidente Chiarelli. Due personaggi che, tra i tanti, difficilmente avrebbero immaginato la lievitazione del Martina. Mentre, nel frattempo, sorge una domanda: e se fosse questa la strategia (vincente) di battaglia di tecnico e giocatori?

domenica 16 dicembre 2007

Papadopulo, non uno qualsiasi

Tre a zero è uno score netto. Contabilizzato di fronte alla capolista, poi, conta anche di più. La prima pagina del campionato, questa volta, spetta al Lecce, che apre il risultato nel secondo tempo, debordando in trentadue minuti. La dimostrazione di potenza è uno schiaffo sulla faccia dell’Albinoleffe e delle altre avversarie dirette. Le potenzialità del team di Papadopulo, mai disconosciute da nessuno, sono quelle e restano – soprattutto - la migliore dote in previsione futura. Ma il futuro prossimo si chiama derby e il derby è sempre una storia nella storia. Ci piace, però, la personalità che la squadra sta utilizzando in questo scorcio di stagione. E questo, attenzione, è un dato più importante della cifra tecnica. Segno che il carattere del tecnico comincia a riflettersi sul colletivo. Segno che il Lecce ha finalmente assorbito contezza del proprio bagaglio comportamentale. Che è, alla distanza, il miglior credito da vantare. Arriverano tempi meno felici, è chiaro, è scontato. Ma il Lecce sembra, adesso, un candidato alla promozione più completo. Con una qualità particolare: la saggia praticità (e l’onestà intellettuale) di Papadopulo. Uno che sa plasmare le sue creature. Non uno qualsiasi.

sabato 15 dicembre 2007

Meglio attendere conferme

Sofferenza degli ultimissimi minuti a parte, il Bari spigliato di Treviso è, sinceramente, una novità. Piacevole. E tre punti attirati in classifica lasciano respirare. Ma non sembra il caso di caricare i toni o di esaltare eccessivamente il successo, che rientra con agio nel cliché del torneo, sempre aperto a tutte le sfumature e puntualmente equilibrato: e non solo perché la squadra di Pillon è, tendenzialmente, tra le più permissive dell’intero campionato di B. O perché la squadra di Materazzi non ha ancora saputo conquistare (con il gioco e con le qualità caratteriali) la fiducia piena della gente. Ma anche perché, ad esempio, il recente intervento di Perinetti sulle pagine della Gazzetta del Mezzogiorno non è propriamente incoraggiante. Il suo singolo più ispirato (diciamo pure l’unico), cioè Donda, in occasione del periodo di sosta partirà per l’Argentina e chissà se tornerà. Anzi, il direttore sportivo non ci scommette affatto. Inducendo a ipotizzare, tra le righe, una lettura diversa (e più realista) dai problemi di nostalgia ufficialmente accusati dal centrocampista sudamericano: lettura più realista che, su questo blog, abbiamo del resto già prospettato, con quel pizzico di malizia spesso utile a indovinare la verità. E, allora, avanti adagio, con cautela. In attesa di conferme: a cominciare dal derby - imminente - con il Lecce. Conferme da cui questo Bari non può prescindere: l’impressione è che, farne a meno, significherebbe abbonarsi alle scottature.

venerdì 14 dicembre 2007

Quando l'orgoglio non basta

Un passo in più. Un'altra sfida senza subire reti e sconfitta. Il morale ancora più robusto. Un punto in meno da recuperare a chi è davanti in classifica. Cose che sappiamo già. Ma che è bello sottolineare: di questi tempi, a Martina, si può vivere (o sopravvivere) anche di poco. Sì, forse il pareggio condiviso mercoledì con la Pistoiese in quello che era uno scontro diretto è un'occasione persa: coach Camplone lo sa, ma guarda avanti. Deve farlo. Però, sul campo, la squadra mastica sempre più ottimismo: ed è già qualcosa. Piuttosto, non ci sono segnali incoraggianti dalla proprietà del club. Nel senso che, almeno ufficilmente, dilaga solo il silenzio. E non è spuntata quella chiarezza che auspicavamo. Il Martina, cioè, resta ultimo e senza la prospettiva di un futuro, di uno stipendio. Andrà avanti, comunque: trasportato dalla professionalità e dall'orgoglio. Fino a gennaio, cioè per ancora un paio di settimane. Poi, potrebbe cominciare la smobilitazione, che vanificherebbe tutti i piccoli risultati dell'orgoglio. Sarebbe la sconfitta più dura. La sconfitta peggiore. E il tramonto di un'epoca. L'epoca del Martina in terza serie. E, forse, anche tra i professionisti.

giovedì 13 dicembre 2007

Quelle parole di Dellisanti

Chi conosce Franco Dellisanti sa che il tecnico tarantino ripone molta fiducia e molta considerazione nel proprio lavoro. E sa che difficilmente evidenzia i lati oscuri delle proprie squadre. Questione di sicurezza sulle proprie idee, diciamo così. Leggere, allora, le sue ultime dichiarazioni («Penso che sia necessaria una rivoluzione dell'organico: dopo quello che è stato fatto in questi ultimi tempi, i risultati non arrivano ancora») è sufficientemente allarmante. Perchè, traducendole, privano di qualche valore le possibilità reali e future della Fidelis Andria. Così com'è, almeno. Eppure, la squadra sembrava in ascesa (l'avevamo sottolineato pochi giorni addietro) e, soprattutto, più quadrata. Ma ieri, invece, è franata a Marcianise, in coda a un primo tempo neanche male, accartocciandosi attorno ai suoi limiti, anche psicologici, e alla sua fragilità. Di fatto, però, Dellisanti si è dichiarato nettamente e pubblicamente: difficilmente l'ha fatto, in passato. Forse neanche a Taranto e a Nocera, due delle tappe meno gratificanti del suo cammino professionale. E, se le parole possiedono un peso, queste parole lasciano pensare. A due cose, oppure a una, che esclude l'altra: o Dellisanti ha imparato la lezione, oppure l'Andria deve necessariamente e approfonditamente ricorrere al mercato di riparazione. Ma non per ripare: per ricostruire.

mercoledì 12 dicembre 2007

Tre indicazioni per Giusto

Pensandoci bene, è giusto così: il giudizio e il temperamento saldo dell’Igea Virtus meritano il premio del pareggio. Anche se il Noicattaro, nel recupero del mercoledì, può vantare due gol invalidati dal direttore di gara e un’iniziativa più costante e robusta. Insufficiente, però, per appropriarsi di un match sempre denso, ancorchè condizionato dalla viscosità dell’erba. Ma Giusto avrà tratto indicazioni positive: innanzi tutto, la squadra entra in partita e non ne esce mai, pur incontrando problematiche diverse (l'intelligenza, la personalità e l'accortezza dell'avversario; il terreno di gioco ampiamente fangoso; l'appannamento delle idee nella fase centrale della gara; un'iniziativa sempre palpitante che, talvolta, si dimentica di sfociare nel gol). Poi, l'affidabilità attuale di Suarez, punto di riferimento reattivo e pesante. E, ancora, la voglia di correre e rincorrere: cioè, la libertà di credere in se stessa. Al di là dell'abitudine radicata di affidarsi a guizzi improvvisi e a giocate sapide che, però, non sgorgano con puntualità. Complessivamente, comunque, questo Noicattaro ci conforta un po' più di qualche settimana addietro: per una certa mentalità che, lentamente, sta per essere - o, almeno, così ci sembra - assorbita dal gruppo. Per non sbagliare, tuttavia, attendiamo conferme.

Applausi in sala stampa

Il Corriere Adriatico è un quotidiano di Ancona che dispone pure di pagine web. E, sfogliandole, si può leggere anche di applausi in sala stampa. Quella dello "Iacovone", immediatamente dopo Taranto-Ancona, ultimo match di campionato. Applausi destinati a Blasi, il presidente del club jonico: personaggio che ha già diviso la piazza e che, tuttavia, può essere legittimamente apprezzato da chiunque. L'inviato marchigiano, intanto, chiosa: «Strani posti», «usanze locali». E non ha torto. Ci piacerebbe pensare e credere che i giornalisti (ovunque, quindi anche a queste latitudini) restino giornalisti, fino in fondo. Pronti ad osservare, registrare i fatti, sottoscrivere o criticare. Senza slanci folkloristici ed eccessivi: che sono patrimonio imprescindibile del tifo. Invece, il senso della professione, progressivamente, cala. Seguito dal quoziente di spessore, polverizzato da troppe operatori dell'informazione improvvisati. Obiezione probabile: nessun giornalista (o presunto operatore dell'informazione) ha mai applaudito Blasi. Accolta. E, allora, qualcuno dovrà spiegarci perchè la Taranto Sport permette ai non addetti ai lavori di circolare in sala stampa, dopo una gara. Dopo una gara, oltre tutto, chiusa al pubblico di ogni fede e colore.

E adesso chiarezza

Lentamente, affiora la verità nascosta. Lentamente, emergono storie sotterranee. Che modificano lo scenario e complicano il presente arduo del Martina. Ne parla improvvisamente e pubblicamente Mariniello, il suo capitano. Proprio quando la squadra comincia a recuperare un equilibrio. Proprio quando si aggrappa alla soddisfazione del primo successo lontano dal “Tursi”. Dunque, il titolare del pacchetto azionario di maggioranza della società si sarebbe disimpegnato: definitivamente e, soprattutto, immediatamente. Senza attenderere il mese di giugno, barriera temporale stabilita ufficialmente dal lo stesso patron Cassano quando comunicò la decisione di liberarsi dell’impegno. Immediatamente: privando, cioè – da sùbito – del sostegno economico allenatore e giocatori. Che, proprio adesso, mostrano le proprie qualità morali, ancor prima che tecniche. Ma che pure, prima o poi, si ritroveranno nel mezzo di un bivio. Di qui la strada che porta altrove. Di là, un campionato da completare: senza stipendio. Sempre che Cassano non intervenga: ribadendo la disponibilità (già assicurata) a coprire le spese di gestione sino al termine del campionato. Qualunque sia il suo pensiero, però, è importante che chiarisca velocemente la sua posizione. Per non alimentare inutili illusioni e per capirsi. E per conoscere i nomi e i cognomi di chi, eventualmente, sarà disposto a lottare anche nel buio. Comunque, sino alla fine.

lunedì 10 dicembre 2007

Dal fango fiorisce il Noicattaro

Il possesso di palla e le ripartenze del Noicattaro governano il fango del Flaminio. E la tecnica di Zotti e Moscelli non affonda. Volontà e idee più chiare: la ricetta della squadra di Giusto stravolge il pronostico e travolge la Cisco, terza realtà del calcio romano. L'ultima interpretazione conforta e rasserena: almeno sino a mercoledì. Perchè mercoledì si torna in campo e occorrerà costruirsi il match di fronte all'Igea Virtus di Castellucci, in casa. Con un menu diverso: cioè, necessiterà osare senza poter attendere l'avversario. Anzi, duplicare una prestazione di personalità. Ed è questo il punto: dotarsi di continuità. Il Noicattaro continua a studiare e l'esame non è ancora superato. Ovviamente, convincere per un tempo solo - come in passato - potrebbe non bastare. E vanificherebbe i progressi romani, che già si riflettono sulla classifica.

domenica 9 dicembre 2007

Due risposte per il Martina

Una domenica, due imprese. Quella del Noicattaro a Roma e quella del Martina a Perugia. La gente di Camplone formalizza gli accenni di stabilizzazione tecnica e tattica affiorati nelle ultime settimane e sfrutta con sconosciuta freddezza le debolezze del Perugia. Il risultato fa rumore, rilancia la classifica (la Juve Stabia è più vicina) e restituisce morale, anche se occorre vivere anche di realismo: l’avversario di turno zoppica da un po’, fallisce anche un penalty e, infine, il gol del match (di Manca) spunta al novantesimo. Si verifica, cioè, un’alchimia particolare e determinante. Traducendo, non tutti i problemi sono risolti e neppure si avvicinano troppo alla soluzione. Però, la vittoria è un ottimo corroborante, psicologicamente parlando. E, dalla base emergono alcuni segnali. Domanda: la proprietà societaria, autoazzeratasi, saprà raccoglierli? E, eventualmente, stringersi nuovamente attorno alla squadra e al progetto? Il futuro passa anche attraverso due risposte. Chiare, vincolanti. L'orgoglio della squadra, adesso, va protetto, salvaguardato. Ora, più che mai, è necessario tentare. La salvezza va corteggiata, sino all'ultimo.

Il calcio, questa volta, può attendere

Il Taranto si ribella: imputando all'amministrazione comunale di non aver rimediato alla devastazione di un a parte dello Iacovone, ferito durante Taranto-Massese. E, dunque, di aver vanificato la sospensione della delibera di squalifica della struttura. E' il gioco delle parti, la querella continua: tutto bene, o quasi. E si ribella puntuale anche la tifoseria: come avevamo felicemente previsto, pochi giorni addietro. Dimenticando da dove arrivano le responsabilità. E anche un altro particolare: quello di Taranto resta un comune dissestato. Che, immaginiamo, abbia altre priorità. Anche se l'amministrazione, forse, si vergogna di sottolinearlo. E di rivendicarlo. Il calcio, per una volta, può attendere. C'è altro da fare, prima.

venerdì 7 dicembre 2007

E Bonetti si accoda

Dicevamo: Barba scuote il Gallipoli. Adesso si accoda anche Bonetti, il tecnico. Criticando, nenache troppo velatamente, qualche suo giocatore, tra quelli più esperti, e puntando su Vastola, che avrebbe rifiutato la panchina nel match di Coppa contro il Sorrento (sconfitta ed eliminazione: poco male, comunque). Non solo: Lo Monaco, un centrale, avrebbe sofferto la decisione (dell'allenatore) di impiegarlo, almeno per una partita, sulla corsia laterale di destra. Sofferto e patito, come testimonia lo sbalzo di tensione accusato dal difensore. Sì, il Gallipoli è davvero scosso, anche troppo: l'obbligo di vincere produce tensioni, è logico. Il problema, semmai, ora è un altro: tutelarsi affinchè l'ambiente non si scolli. Generalmente, si comincia sempre così: con i mugugni, i malori e le parole. Ampiamente pubblicizzate.

giovedì 6 dicembre 2007

Barba scuote il Gallipoli

I pensieri e le parole di Barba scuotono, sapendo di scuotere, il Gallipoli. Il massimo azionista del club minaccia (non è la prima volta) il tecnico Bonetti e anche il diesse Pagni.: la sconfitta maturata nel posticipo di Crotone, dopo un avvio di gara anche brillante, non è piaciuta. E, probabilmente, non è piaciuta - soprattutto - la gestione del gol di vantaggio, griffata Di Gennaro. Conosciamo Barba, vulcanico e goloso. E conosciamo le risorse economiche sacrificate in estate dal club. Il Gallipoli che non vince (o meglio, che non vince sempre) è difficile da gestire: sia dal trainer che dal direttore sportivo. Ma sappiamo anche che la squadra, nei momenti più importanti, in occasione dei confronti più delicati, lascia sempre qualcosa all'avversario, dimenticando di imporsi. Il dettaglio è preoccupante e potrebbe macchiarne il cammino, irrimediabilmente: del resto, Barba pretende la B. In prima o in seconda battuta, attraverso i playoff. Ma il problema, in questo momento, non è tecnico. La questione, piuttosto, sembra caratteriale. Non è cosa da poco: perchè elevare il quoziente di abilità si può. Migliorare quello della personalità, invece, è più difficile. Molto più difficile.

Blasi, disimpegno annunciato

Blasi cede il Taranto: a giugno, o anche prima, se possibile. Il comunicato stampa diffonde la decisione, ampiamente prevista da una sequenza interminabile di dichiarazioni piccate e di accadimenti controversi e persino scabrosi (i recenti incidenti allo Iacovone, per esempio), e certifica il disagio di un uomo nei confronti della città, della politica locale, della tifoseria e della stampa. Attendevamo la notizia ufficiale: adesso c’è. Le motivazioni che la impalcano, onestamente, ci sono e restano. La principale: fare calcio a Taranto è impossibile. Un pensiero che racchiude la pura verità: una verità che lo stesso Blasi, all’inizio dell’avventura, aveva contestato con entusiasmo. Una verità che qualche osservatore attento aveva già sottolineato: appena vent’anni fa. Al di là di quello che potrà accadere, da qui in poi, può dilagare però una sensazione: che Blasi, cioè, abbia utilizzato gli ultimi avvenimenti per prepararsi un disimpegno pianificato. Operazione che, chiariamo, non può eventualmente essere considerata un reato: chiunque ha facoltà di esigerla, quando vuole. Per ragioni strettamente personali. E insindacabili. Blasi sbaglia, tuttavia, quando dichiara di poter (o voler) riportare la squadra dove l’ha presa, in C2, all’ultimo posto in classifica. Così perderebbe un’occasione pregiata: quella di salutare da vincitore.

I progressi dell'Andria

Gli appunti degli osservatori parlano di un Andria psicologicamente rimotivato, anche autoritario, più sicuro e quadrato in fase di non possesso. Sinceramente, non nutrivamo dubbi sull’eventualità, conoscendo la qualità del lavoro di Franco Delilsanti, tecnico che sa impartire alle proprie squadre un’anima e un’identità. Anima e identità che, siamo convinti, nella seconda parte del torneo spunteranno puntuali. Proprio perché, generalmente, le idee del tecnico sangiorgese marciano spedite nella parte finale della stagione, cioè nel momento essenziale. Ci sono le prove, ci sono i precedenti: Benevento, Avezzano, Castrovillari, Catanzaro. A Celano, intanto, l’Andria accresce le proprie quotazioni, guadagnando un punto solido e confidando in successivi progressi, soprattutto nel reparto avanzato. Che, peraltro, attende il recupero di diverse pedine. Servirà, è chiaro, un aiuto anche dal mercato di gennaio. E Dellisanti ha fatto sapere di gradire quattro elementi: utili a centrare l’obiettivo minimo e , chissà, ad aspirare a qualcosa di più. Ma, al di là degli acquisti che verranno, il progetto si rafforza. E la lievitazione generale del collettivo nelle ultimissime settimane non appare un semplice caso.

mercoledì 5 dicembre 2007

La scommessa del Manfredonia

Tanti fischi e pure qualche insulto. Persino normale, quando il risultato non conforta la gente sugli spalti. La reazione alla sconfitta (contro il capolista Sassuolo, oltre tutto) degli affezionati del Manfredonia è istintivamente comprensibile, ma non può essere razionalmente sottoscritta. Per un unico motivo: le modalità con cui è stata costruita la squadra e disegnata la stagione. Squadra, quella di Novelli, aggrappata ad un gruppo di giovani economicamente sostenibile. A misura di serie C. E di una realtà di provincia, che non si alimenta di evidenti risorse finanziarie, nè di una alta densità di abbonati, nè di proventi televisivi. Che deve necessariamente lottare. Questo era e questo dovrebbe restare il progetto (intelligente) della società, conosciuto da tutti e già approvato, anche dalla tifoseria: che va rispettato per non morire, prima o poi. Come va rispettata la squadra, che ha scommesso su se stessa. E, allora, l'idea va sostenuta: sino in fondo, comunque vada. Sperando, perchè no, in qualche aiuto della sessione invernale del mercato. Un aiuto che non tradisca il progetto, è chiaro. Ma le difficoltà incontrate dal Manfredonia erano già scritte: e tutti avranno immaginato i rischi, prima di partire. Contestare proprio ora non va bene.

martedì 4 dicembre 2007

Il doppio volto del Noicattaro

D’accordo, quell’intervento su Moscelli, a risultato ancora in costruzione e in piena area, si mantiene ai limiti del regolamento e, forse, va anche oltre. E, sùbito dopo, l’incertezza di Sassanelli favorisce il vantaggio siglato dal Benevento. Che rimane una delle formazioni peggiori da incontrare. Ma il Noicattaro si conferma ancora una volta quello che è: una squadra ferocemente discontinua, dentro una stessa gara, all’interno di ogni singola situazione. Comincia discretamente, iniettando anche di una discreta dose di verve. E poi si ferma, si affloscia. Irritata dagli accadimenti e psicologicamente bloccata. Giocando, di fatto, solo una parte di match. Come già avvenuto, tante volte, nel recente passato: per tutte, ricordiamo l’occasione persa di fronte al catanzaro, sempre in casa. Il problema non è tecnico e non è tattico. Più semplicemente, è comportamentale. Pericolosissimo, per un gruppo che deve inseguire (o strappare) la salvezza.

domenica 2 dicembre 2007

Ufficiale, il Bitonto arranca

Adesso è davvero evidente: il Bitonto perde progressivamente brillantezza. E, a Fasano, anche la partita. Allungandosi, sfarinandosi, innervosendosi. La trama non è mai limpida, la manovra si confonde facilmente. E si lascia facilmente irretire dalle urgenze dell'avversario. Un avversario che si issa sui sentimenti, che vince col cuore. Senza abbagliare, senza disfarsi di certi limiti. Ma stringendosi attorno al suo nocchiero, Pettinicchio. Uno che, almeno, salva la panca. Non è detto, invece, che sia così anche per Zunico. E non è detto che il suo esonero sia la soluzione migliore. Non in questo momento, almeno. Eventualità, questa, che significherebbe arrendersi alle prime vere difficoltà di una squadra che, probabilmente, dipende un po' troppo da Buttazzoni (oggi poco ispirato e poco incisivo) e che, forse, avrebbe anche il diritto di soffrire un calo fisiologico. Una squadra che, tuttavia, possiede il carattere. E che arriva in fondo alla gara. Con poca lucidità, magari: ma con rabbia. Dalla quale si può riannodare il discorso interrotto.

sabato 1 dicembre 2007

Il Lecce si dichiara

Il pareggio di Pisa frena le ambizioni del Lecce solo perchè il gol toscano arriva a gara praticamente consumata e archiviata. Ma, al di là di tutto, sottolinea un dato: la formazione guidata da Papadopulo è tornata mentalmente tonica, concentrata, convinta. E sembra aver definitivamente scelto il valore della praticità: che sin'ora, aveva spesso osato condendere lo spazio alle pretese di un gioco più elegante. Basta guardare alla ripresa del match di oggi: quando il Lecce ha difeso il vantaggio (non riuscendoci, peraltro: ma il discorso non cambia) con spirito sparagnino, appoggiandosi su tanta sostanza. Anche rinunciando a riproporsi e attendendo l'avversario (infine premiato). La squadra, cioè, comincia a mostrare i muscoli e la volontà, prima ancora della tecnica: che pure non le manca. E' la strategia: che, in B, può servire. Magari, non entrerà nel cuore della tifoseria, ma - a questo punto, piaccia oppure no- il Lecce avrebbe dovuto dichiararsi. L'ha fatto.