sabato 27 dicembre 2008

Andria, squalifica inopportuna

E’ il momento di ruggire. O solo di crederci. E, quindi, di concentrarsi sulla strada da percorrere. Cioè, di prepararsi all’evento, se evento ci sarà. Ovvero, allo sprint che comincia a marzo. O ad aprile. Quando i campionati scelgono i protagonisti. E’ il momento di costruire. Di costruirsi una credibilità. Punto dopo punto. Dopo aver masticato duro. Dopo aver vissuto un approccio (al torneo) difficile, ruvido. E’ il momento di dotarsi di una personalità. E di capire se il mercato di metà stagione potrà agevolare il compito. Perché, se la classifica consiglia di provarci, è giusto impegnarsi. E’, dunque, il momento dell’Andria. Che, però, smarrisce la pazienza e si lascia avvinghiare da un nervosismo esasperato. Contro il Gela, sul campo, finisce male (zero a uno). Anzi, peggio: in rissa. E le attenzioni dedicate dalla giustizia sportiva si abbattono severe: quattro turni di squalifica al terreno di gioco. E quattro impegni interni da consumarsi a porte chiuse. Non è proprio l’ideale, in questo momento: anche se le partite si vincono (e si perdono) con o senza sostenitori sugli spalti. Con le porte aperte oppure chiuse. Il contraccolpo psicologico che scaturirà dalla novità di fine duemilaotto, tuttavia, non possiamo prevederlo. Ma è anche normale che possa condizionare. E non ci voleva. Soprattutto adesso. Non ci voleva e lascia anche un po’ stupiti. Pur sapendo che la tensione e lo stress giocano sempre contro. Tensione e stress che, però, ad Andria, si alimentano troppo spesso. E che continuano a essere il nemico più subdolo della squadra e della società, puntualmente inghiottite nel vortice. Questo è il dato: su cui riflettere. Magari, nel nuovo anno. Appena ci sarà tempo per pensarci.

mercoledì 24 dicembre 2008

Ceccarelli, e il Monopoli insiste

Ceccarelli, evidentemente, è un attaccante a misura di C2. Con lui (tredici gol dall’inizio del torneo, cioè in metà del cammino: niente male davvero), è lievitato il Monopoli e, soprattutto, si è rinsaldata la classifica: precaria per un po’ di tempo e, infine, godibilissima. E, se oggi la gente di Geretto guarda con interesse al quartiere playoff, parecchio merito (e molte prospettive future) passano attraverso la capacità balistica di questo ragazzo transitato – appena l’anno scorso – anche per Martina, dove lasciò poche tracce. In una situazione generale, va ricordato, obiettivamente delicata. Altri due gol a Lamezia, proprio domenica: Ceccarelli, dunque, insiste. E non è assolutamente un mistero che qualche altro club abbia finito per interessarsi al ragazzo. Sull’Adriatico, però, sperano che la società non ceda alle eventuali proposte di mercato. E, magari, la piazza comincia seriamente a credere alla possibilità di poter spendere qualche parola importante, sul campionato. Che è tradizionalmente assai democratico, cioè disponibile con tutti. O, almeno, con chi dimostra di coltivare il concetto di continuità. Concetto di continuità che, adesso, si concentra nel cognome di Ceccarelli, punta che conosce la categoria e che ha corposamente contribuito a riavvicinare il pubblico alla squadra. Comunque vada, è già un successo.

martedì 23 dicembre 2008

La crisi d'identità del Fasano

Il Grottaglie sale e il Fasano scende. Le verità di un derby sono spesso inversamente proporzionali. E' in difficoltà, la formazione di Maiuri. E anche in crisi d'identità. Il suo calcio attuale è sgranato, non scorre, non punta l'avversario. La manovra si è arrugginita. La flessione si fa evidente: appena allontanata dalla buona prestazione di Nocera, la settimana scorsa. Ed è una flessione chè si è avventata appena la squadra ha annusato l'odore dell'alta classifica. Che si è impossessata di un Fasano tante volte a disagio, quando occorre gestire la fase di possesso. E, magari, meglio disposto a sopportare il peso di una trasferta: quando, invece, è preferibile governare l'attesa e abbonarsi alle ripartenze. Che, in certe occasioni (derby compreso), non sono sufficienti a prevenire il danno. A svantaggio (doppio) acquisito, la reazione è il prodotto della frustrazione, più che della consapevolezza. E arrivare secondi sui palloni importanti è un segnale inequivocabile. Come è un segnale aggrapparsi su troppi singoli dalle volontà spente. Ma, forse, è solo un momento e passerà. Intanto, però, la sosta va utilizzata per ricaricarsi, sotto ogni profilo. Anche quello fisico, perchè no. Nell'augurio di annotare qualche novità, nell'impianto: al Fasano continua a mancare quel centrocampista di qualità che difettava prima. E l'impressione che serva è ancora viva.

lunedì 22 dicembre 2008

Grottaglie, una sicurezza nuova

I risultati che cominciano a fiorire offrono serenità. E il Grottaglie di questi giorni è un po’ più sicuro. Di sé e del traguardo che si è prefisso di raggiungere. Il campo non mente e l’evoluzione non sfugge. Il derby di Fasano è occasione intrigante per scalare qualche gradino e la squadra di Orlando si inventa una partita intelligente, un approccio saldo, un comportamento autorevole. Fa il match e lo dirige a lungo. Segna (con la complicità di Ullasci, guardasigilli avversario) e raddoppia. Sa disporsi sull’erba con razionalità, appare persino più spregiudicato nella conquista della palla e riesce a proteggersi sino al novantesimo, concedendo al Fasano solo il gol dell’illusione. Tutti, nessuno escluso, si sacrificano per il bene comune. E tutti dimostrano di possedere un’anima. Infine, Latartara è finalmente decisivo: con un gol e un assist. Assicurando una presenza robusta nel vivo dell’azione. Sono fatti che alzano le quotazioni del collettivo. E che rinsaldano le speranze. Il Grottaglie, adesso, c’è. Ed ha voglia di giocarsi il campionato. Il suo nuovo campionato. Che, al momento più bello, si ferma. Inopportunamente. Ma il Grottaglie sta lievitando. E promette di durare: oltre la sosta.

domenica 21 dicembre 2008

Bari, ora il mercato

Nutrire ambizioni significa essere convincenti. Soprattutto lontano dal campo di casa. E una sola affermazione esterna nel girone di andata non sorreggeva abbastanza i languori del Bari. La vittoria di Modena – la seconda, appunto – ristabilisce le distanze con gli appetiti e chiude il duemilaotto con buone prospettive. Anche se, sull’erba del Braglia, non scorre champagne. Champagne che, in serie B, serve relativamente. Meglio, invece, addizionare grinta e muscoli. E risolutezza. Quella usata dalla squadra di Conte per imporsi su un terreno sin qui ecessivamente generoso, ma anche per questo ugualmente infido. Il successo, anzi, tranquillizza l’ambiente, perché offre continuità al risultato maturato sette giorni prima, davanti al Piacenza. E consente di affrontare con lucida praticità il mercato di metà stagione che sta per entrare nella fase più delicata. In cui Perinetti fa capire di indirizzare i propri sforzi - e quella della società – alla ricerca di pedine che sappiano completare l’organico e non intasarlo con l’ingrombranza dei nomi e dei cognomi. Il mercato, dunque, è aperto: non per esserci semplicemente, ma per migliorarsi. La strategia sembra chiara ed è pure convincente. Ed è la garanzia più pregiata. Al di là di quello che potranno pensare i più esigenti.

sabato 20 dicembre 2008

Il Francavilla ha un Sisalli in più

Daniele Sisalli non è solo un’opzione in più: E’ il tassello che, probabilmente, al Francavilla necessitava davvero. Il rinforzo più robusto che il mercato suplettivo avrebbe potuto portare. Quelle che, almeno teoricamente, dovrebbe rilanciare la pattuglia trainata da Mino Francioso e gli entusiasmi di patron Distante. Perché Sisalli, centrocampista largo di tecnica e scaltrezza, sa saltare l’uomo e rifornire l’artigliere di riferimento, senza dimenticare di puntare la porta in prima persona, quando si presenta l’opportunità. E sa accelerare le operazioni in mediana, dove il Francavilla – sin qui – ha macinato un calcio di sola quantità, talvolta lento e, quindi, sufficientemente prevedibile. Il Sisalli che ricordiamo a Fasano e a Nardò è energia utile per aprire il dispositivo di presidio avversario, soprattutto quello più munito. Ma, innanzi tutto, l’ingaggio del fantasista siciliano conferma la precisa volontà del club di allontanare il quartiere più scomodo della graduatoria. Al quale il Francavilla, un universo in continua evoluzione, non sembra essersi mentalmente abituato. Consapevole com’è che, per migliorare, manca l’approccio più giusto ai novanta minuti sul campo di casa. E Sisalli, da questo punto di vista, appare la carta più convincente da giocare.

venerdì 19 dicembre 2008

Una penalizzazione che non stravolge

Il punto di penalizzazione piovuto sul Brindisi (è la sanzione che segue la controversia economica con il siciliano Cassia, già sulla panca adriatica non troppo tempo addietro) sana appena un po' il morale della Nocerina, unica oppositrice attendibile nella corsa alla promozione, ma non stravolge la fisionomia della classifica della quinta serie. Sei punti di vantaggio (dei pugliesi) anzichè sette non modificano la sostanza delle cose, anche se la stizza rimane. Se non altro, perchè la formazione di Silva dovrà continuare essenzialmente a tutelarsi dal pericolo di credere di aver già ipotecato il campionato. Esprimendosi come si stanno esprimendo, piuttosto, Galetti e soci non perderanno la leadership: anche se una flessione, prima o poi, andrà collocata nel conto. Anche per questo, allora, sarà affare del tecnico cercare di congelare il quoziente di concentrazione e, soprattutto, adoperarsi affinchè la penalizzazione non diventi un antipatico ostacolo psicologico. Il calcio insegna che le contrarietà pesano di più su chi non è abituato a subirle. E che sono il banco di prova migliore attraverso il quale il campionato può davvero misurare lo spessore di una squadra di personalità come il Brindisi .

giovedì 18 dicembre 2008

Grottaglie, un pareggio per sperare

Il Grottaglie, adesso, cerca di capire quanto possano essere convenienti i pareggi. L’ultimo, contabilizato a domicilio di fronte al Bitonto, non può legittimamente soddisfare: né sotto il profilo psicologico, né dal punto di vista della produzione squisitamente calcistica. Ma alimenta ugualmente la classifica. Rilanciando le nostalgie: un punto per ciascun infortunio interno sofferto sin qui offrirebbe alla squadra di Orlando una collocazione diversa. Ma tant’è. Intanto, terreno infangato a parte, domenica D’Amblè e compagni hanno incontrato (e non superato) troppe difficoltà, in fase di possesso. E ritrovandosi spesso schiacciati in una zona di campo da dove è impossibile arrecare fastidio. Merito dell’avversario, evidentemente: ma non esclusivamente. Del resto il Grottaglie, deve cominciare a costruirsi la salvezza soprattutto in casa propria. Dove, ovviamente, è consigliabile raddoppiare le virtù agonistiche e applicarsi con scientifica cattiveria. Caratteristiche che, peraltro, non fanno parte del dna della squadra. Allora, il tecnico deve (giustamente) inventarsi altri punti fondamentali da cui ripartire e da cui, soprattutto, edificare la speranza. E parlare di un atteggiamento difensivo più consapevole. E del conforto numerico di un solo gol subito nelle tre ultime partite, cioè in quelle legate alla propria gestione. Un solo gol, quello di Torre del Greco, oltre tutto viziato da una scorrettezza (mani di Tortora). Orlando, effettivamente, non sbaglia. E la lievitazione del comportamento, nelle retrovie, va sottolineato. Anche se, da sola, questa qualità ritrovata non può bastare. Ma, se è vero che la fiducia in se stessi porta risultati, ben vengano queste considerazioni. Il rinsavimento non può avvenire che gradualmente. E il tempo per riparare i guasti , fortunatamente, c’è ancora.

mercoledì 17 dicembre 2008

Il buon senso dopo la tempesta

E, nel mezzo alla tempesta, improvvisamente si affaccia il buon senso. Il Taranto trova l’allenatore nuovo (Stringara) e, contestualmente, ritrova qualche altra cosa. Un briciolo di serenità, per esempio: che i fatti, però, dovranno incaricarsi di rendere trasparente, lontana dalle coordinate della semplice convenienza. E, in un certo senso, recupera anche il presidente Blasi, che - parole sue - si riavvicina alla società. All’ambiente, alla tifoseria, alla stampa, alla squadra: non senza minacciare, peraltro, tagli drastici all’organico (chi non vuole adeguarsi, vada pure: Blasi, oltre tutto, non ha dimenticato i fatti del dopo Taranto-Crotone). Il passo indietro dell’imprenditore manduriano in occasione della presentazione ufficiale del nuovo tecnico («Qualcosa ho sbagliato anch’io, ma solo per amore del Taranto», «Adesso ricompattiamoci», «Mi scuso di qualche situazione passata») è la vera novità delle ultime ore. E sembra sin d’ora un momento fondamentale: sempre che trionfi la sincerità, sulla quale non vogliamo dubitare. Addirittura, viene velocemente sancita la pace con l’emittente televisiva d’opposizione: cosa da non credere. Ma Taranto è questa. E, se permettete, è meglio così. Per tutti. Così come è più conveniente glissare sul caso-Selvaggi, archiviato molto più facilmente di quanto si potesse immaginare. E’, evidentemente, il prodotto della volontà. Della volontà di salvare la stagione. E la categoria. Oppure è la conseguenza della disperazione. Ma, se serve, va bene anche così. Erano tutti contro tutti. O quasi. Adesso, sono tutti con tutti. O quasi. Blasi, però, ha capito che la battaglia contro la città intera era una battaglia persa. E l’avvicinamento delle parti è un po’ la vittoria della città. Dell’ambiente. Non crediamo, però, che tutto possa rimarginarsi senza lasciare cicatrici, sul volto del Taranto. Ma sarà bene crederlo: almeno sino a maggio. Intanto, l’operazione di recupero di una parte di consenso è l’idea migliore che potesse venire al presidente. Forse è anche un’idea obbligata. Ma la più sensata, negli ultimi tempi.

martedì 16 dicembre 2008

Taranto, confusione totale

«C’è un clima troppo pesante. La situazione è difficilissima e non vedo spiragli». Selvaggi arriva, vede, dispone e, infine, si eclissa. In ventitre giorni, se i conti sono esatti. E’ dimissionario: ancora prima di completare il processo di rinnovamento tecnico, proprio mentre arriva il sostituto di Dellisanti (cioè il toscano Paolo Stringara), senza aver neppure sondato le praterie del mercato di ravvedimento. Sempre che, chi può sponsorizzare il rafforzamento, lo voglia davvero. Chiede scusa, permesso e va via. Lasciando un’impronta che svanisce, spegnendo l’energia del primo segnale. E, inevitabilmente, destabilizzando il già destabilizzato Taranto. Tanti saluti. Alla città, alla squadra e a Blasi. Con il quale non sappiamo di che qualità è, adesso, il rapporto. Sarà contento, magari, proprio Dellisanti, esautorato da un vicepresidente tramontato in fretta. E forse anche Galigani, un direttore generale buono per tutte le stagioni e per ogni tipo di società. E di proprietario. Uno sul quale, tra una lacrima e l’altra, il sole sembra non tramontare mai. Tanti saluti. Ma, sinceramente, non abbiamo decodificato nitidamente cosa si nasconde dietro questa decisione. Selvaggi, del resto, tra tante parole di circostanza e qualche nube di mistero, non ha rivelato il perchè. Che, magari, possiamo immaginare, supporre. Meglio, sospettare: ma i contorni della questione rimangono lo stesso tremendamente sfumati. Come tutti i contorni degli argomenti che avvolgono il Taranto. Un microcosmo dove manca sempre un tassello per completare il puzzle. «Il clima è troppo pesante». Fortuna che abbiamo Selvaggi, ad avvertirci. Non l’avevamo capito. E chissà se, nella soluzione partorita, pesa anche la vicenda-Di Canio (crediamo di sì). O, se preferite, l’opzione-Stringara: emersa senza l'assenso dell'ormai ex vicepresidente, promosso sul campo e immediatamente delegittimato. O la stessa questione-Dellisanti. O l’affaire-Galigani. Oppure altro ancora. Punto e a capo, allora. Con Stringara al centro della nave. Ecco, Stringara: non lo invidiamo. Conoscerà una delle piazze più controverse e sdrucciole del Paese: e chissà con quale protezione dovrà adoperarsi. Ritrovandosi a lavorare con l’obbligo di salvare la C1: perché la priorità è questa. Lunga vita, però, al Taranto. Che ci aiuta a pensare. Che ci aiuta ad affinare i sensi. Che ci aiuta a vivere il calcio machiavellico delle grandi piazze, dei grandi palcoscenici. Che ci dà sempre da scrivere. E da parlare. Lunga vita al Taranto. Che ci fornisce un assillo quotidiano: quello di indovinare cosa accadrà il giorno dopo.

lunedì 15 dicembre 2008

Bitonto, il mestiere necessario

L’erba bagnata è alleato leale. Ma il Bitonto di Grottaglie si cautela senza affanni, riuscendo anche ad occupare per tempi sufficientemente lunghi la metà campo jonica. E, comunque, limitando le argomentazioni avversarie, con mestiere e risolutezza. Anzi, finendo con il maledire quel penalty scagliato sulla traversa da Infantino, nel corso della seconda parte della gara. Ovvero l’occasione più vera (da una parte e dall’altra) di un match un po’ bloccato e privato di qualsiasi delicatezza tecnica. Dove conta il sugo del risultato e dove la ricerca dello score condiziona e, chiaramente, avvilisce lo spettacolo. Nel grigio meteorologico, uno degli scontri tradizionalmente più animosi della quinta serie scivola a fatica, è vero: Ma, in definitiva, promuove il collettivo guidato da Ruisi, sempre spigoloso e pratico, essenziale e poco estetico. Proprio quello che serve per ottenere l’obiettivo. Che, a questo Bitonto, non dovrebbe sfuggire. Anzi, confermiamo le prime impressioni rischiate agli albori del torneo: senza dimenticare i cali di tensioni, che pure fanno parte del copione. E puntiamo nuovamente sulla quantità sgraziata di Caccavale e soci.

domenica 14 dicembre 2008

Lecce, si ricomincia

In campo c'è il Napoli. Forse la realtà più eccitante del campionato più ruvido d'Europa. Ma c'è solo il Napoli. Nel senso che il Lecce, al San Paolo, partecipa: ma nella ripresa è come se se non ci fosse. Soccombendo: questa volta per tre a zero. Senza potersi troppo lamentare. Più o meno come a Genova, quindici giorni addietro. O come sull'erba di casa, contro la Roma. La gente di Beretta comincia ad assentarsi troppo spesso: e le conseguenze si materializzano brutalmente sulla classifica. Perdere, è ovvio, si può. E, talvolta, si deve. Perdere senza ribellarsi troppo, però, fa male. Soprattutto se accade spesso. La partenza convinta è già bruciata. La dote (i punti e la credibilità) guadagnata nella prima fase del torneo è già spesa. Adesso il Lecce si è totalmente immerso in un altro contesto. Il suo contesto. Un contesto di sudore acido e fatica muta. Adesso sarà battaglia dura, timori e ansie. Ritrova il palcoscenico antico della lotta per non affondare. Da qui in poi, dovrà agitare il coltello affilato. E rispolverare le vecchie abitudini. Si ricomincia.

sabato 13 dicembre 2008

Foggia, un problema da risolvere

Il dissolvimento dell’efficacia del Foggia allo Zaccheria (due pari di sèguito contro Benevento e Paganese, dopo una striscia stimolante di successi) aveva sbriciolato qualche sensazione e inaridito qualche germoglio di certezza. I cinque gol (a tre) di Lanciano, nell’ultima manche del torneo di terza serie, hanno invece duplicato i dubbi sulla tenuta della formazione di Novelli oltre confine. Spiegando qualche altra cosa: che, magari, in mezzo al campo la squadra necessita di maggior copertura, in determinate situazioni. La copertura che possono assicurare quattro uomini, invece di tre. E che, probabilmente, questo Foggia non può permettersi di attendere sempre e comunque gente come Del Core e Salgado: valori aggiunti che, in trasferta, offrono oggettivamente meno. Abbastanza spesso. Meno di quanto sia lecito e logico sperare. E non solo perchè un modulo versione-trasferta (dunque, meno spregiudicato) riesce puntualmente a limitarli. Il Foggia, in questo momento, è al di là dell’area dei playoff. Ma questo non è un problema: il campionato, quello vero, debutta a marzo. Non prima. Preoccupa di più l’impegno di domani, anche se si torna a pestare le zolle di casa. Arriva la Ternana e, al suo fianco, l’occasione di dimostrare che la squadra non si è lasciata inghiottire da un’involuzione che si chiama appiattimento Ecco, questo è un problema. Da risolvere.

venerdì 12 dicembre 2008

Taranto, cinque giorni di stand by

Oggi è il giorno. Forse. Il giorno in cui il Taranto si doterà di un nuovo allenatore. E sì, perchè Dellisanti, domenica sera, è stato spazzato via dall'ansia del rinnovamento o da certi giochi sotterranei e intestinali, o magari da qualche altra motivazione che ci sfugge. Che i risultati e un certo scollamento all'interno della squadra hanno finito per ipervalutare. Oggi, forse, è il giorno. Di Paolo Di Canio, sempre che si convinca a barattare il sogno inglese con la dura realtà dei due Mari, o di qualcun altro. Nel frattempo, la squadra fa da sola, sotto lo sguardo attento di Gianfranco Degli Schiavi. E sì, perchè in questi giorni il presidente Blasi ha lavorato in Grecia. Perchè il vicepresidente Selvaggi ha sbrigato impegni propri in Germania. E perchè lo stesso Di Canio ha cercato contatti oltre Manica. E perchè il direttore generale (ancora in carica?) Galigani ha navigato chissà dove. Oggi è venerdì, anticamera della domenica, cioè di un nuovo impegno di campionato. E il Taranto, mentre scriviamo, non possiede ancora un coach. Il sospetto è che, nel mare magno dell'incertezza, al di là dei torti e delle ragioni di ciascuno, il club abbia sbagliato anche la tempistica di un avvicendamento consumato a metà.

La cronologia dei fatti, a giornata in corsa, allontana l'ipotesi-Di Canio, sufficientemente suggestiva e, proprio per questo, difficilmente realizzabile. E, secondo alcune indiscrezioni, avvicina la soluzione-Selvaggi: cioè, un'alternativa che non sorprende. Come previsto da questo blog esattamente sette giorni fa.

giovedì 11 dicembre 2008

Il Monopoli sale ancora

Questione di equilibri. E di sicurezza guadagnata. Punto dopo punto, l'autostima si rafforza. E le operazioni, sul campo, riescono meglio. Il Monopoli accetta con soddisfazione anche il punto di Manfredonia e allunga la striscia di risultati. Da un po', il vento soffia alle spalle. Da un po', la squadra di Geretto segna con continuità. E, da un po', trova gli argomenti giusti. Gestendo meglio il campo e fortificando la propria personalità. Più sette punti dal limite dei playout consentono un sereno proseguimento e una pianificazione del futuro più consapevole. E i quattro di disavanzo dal quartiere dei playoff non incoraggiano ancora a sognare. Meglio così: il Monopoli non deve distrarsi dall'obiettivo principale e, soprattutto, non deve supporre troppo di se stesso. Viaggiare a fari spenti deve essere, piuttosto, un conforto per chi si sta costruendo un'identità, costata fatica e mesi di lavoro, spesso oltraggiato (e minacciato) da una partenza affannata. Un'identità più o meno coincisa con il rasserenamento della situazione societaria: e, ovviamente, questo non è solo un caso.

mercoledì 10 dicembre 2008

Lecce, è il momento di osare

Certe volte, la Juve è una squadra normale. Proprio come domenica passata. Ma che può arricchirsi dell'ispirazione di un singolo che si eleva: Giovinco, per esempio. Il Lecce, però, è uno sparring partner che può cadere nella distrazione. Oppure, fidarsi di chi non deve. Allentare la concentrazione, abbassare i ritmi. E pensare di aver recuperato un pareggio: che, talvolta, non è poi una cattiva dote. La sconfitta, tuttavia, è uno schiaffo per la gente di Beretta: illusa e disillusa in pochi minuti. Uno schiaffo che brucia. E che, comunque, non complica troppo la classifica. Anche se il presente è meno attraente del recente passato. Il Lecce, però, non è più quello che ha inaugurato il torneo. Si assenta un po' di più. E un po' di più, inevitabilmente, concede. Troppo spesso, deve rincorrere il risultato: e non sempre ci riesce. Facile capire che, a questo punto, cautelarsi e attendere non può pagare sempre. In certe situazioni, occorre anche aggredire, osare. Il Lecce che si difendeva e resisteva si è un po' perso. E, allora, urge un collettivo che sappia anche imporre le proprie idee. E prevenire il pericolo. Non è troppo tardi per cominciare. Ma, ora, serve una mentalità più aperta. E un atteggiamento che sappia modellarsi alle esigenze.

martedì 9 dicembre 2008

Il Gallipoli rassicura se stesso

I problemi del Taranto da una parte. E un Gallipoli pratico e solido dall’altra. Il derby dello Iacovone promuove l’entusiamo e l’esigenza di confermarsi della gente di Giannini. Inutile nascondersi: l’ambiente, al di là del logico ottimismo, non sottovalutava lo spessore dell’impegno e la pericolosità di un confronto diventato peraltro (e pure troppo presto) impari. Né nascondeva a se stesso una certa apprensione: anche perché conservare la vetta significava soprattutto uscire dall’equivoco della tenuta della squadra fuori di casa. Gallipoli accorto e intenso, allora. Niente affatto effervescente e fantasioso. Ma premiato: perché approfitta delle situazioni, riuscendo a penetrare nelle difficoltà dell’avversario. E perché sa interpretare tatticamente gli sviluppi del match. Qualità che, in determinate situazioni, contano di più della giocata esteticamente preziosa e delle folate che disarmano o abbattono il nemico. Ecco, dal Gallipoli attendevamo innanzi tutto questo tipo di risposta. Perché la giocata scaturirà puntualmente sul sintetico di casa, dove il campo e il tifo amico riescono a sospingere. E dove l’esuberanza tecnica della squadra troverà sempre spazio e circostanze favorevoli. Questa volta, invece, volevamo conoscere la robustezza del collettivo. E il Gallipoli ha rassicurato la piazza e, prima di tutto, se stesso.

lunedì 8 dicembre 2008

Aspettando Zotti

Break. Il Noicattaro trancia l’ennesimo momento difficile e recupera posizioni. Il due a zero imposto all’Aversa è ossigeno puro. Non è sempre irreprensibile, la squadra di Sciannimanico. Ma, quando si ricorda di accelerare, riesce anche a sfondare e quasi a convincere. E, talvolta, a vincere. Non era e non è formazione che brilla per continuità di rendimento: anche per questo, del resto, la sofferenza è un problema che accompagnerà Sassanelli e soci sino in fondo, probabilmente. Ma l’ultimo match consiglia di provare sempre a proporsi, a flirtare con il gioco. E non a navigarci attorno, come accaduto ultimamente. Anche a Gela, nell’ultima trasferta. Sarà meglio ricordarlo: soprattutto se, come si sente argomentare, dovesse ritornare da Barletta il fantasista più amato, Zotti. Che lì non aggredito i cuori della gente, ma che a Noicattaro potrebbe ritrovare la sua dimensione, il suo passo, le sue intuizioni. E che accrescerebbe il tasso tecnico del collettivo dotato del maggior numero di piedi buoni tra quelli impegnati nella corsa alla salvezza. Un dettaglio. E chissà, un auspicio. Magari, un indizio.

domenica 7 dicembre 2008

Cade Dellisanti, decide Selvaggi. Da solo?

Facciamo ordine. O, almeno, proviamoci. Selvaggi, vicepresidente esecutivo, è l’uomo nuovo di Blasi, plenipotenziario del Taranto inviso all’ambiente ed emotivamente lontano dagli affari più terreni del club. Selvaggi ha già picconato il direttore generale Galigani, uomo fedele alla linea dell’imprenditore manduriano. E, pensandoci bene, in settimana ha anche attaccato le posizioni del suo datore di lavoro. Infine, in coda al derby (perso) con il Gallipoli, si è assunto la responsabilità di sottrarre la panchina a Franco Dellisanti. Dribblando -cioè sopravanzando- oppure anticipando il pensiero del patron. Verso il quale proprio Dellisanti ritiene di riporre ancora gratitudine: lasciando così intendere che la decisione è unilaterale. Ovvero, di Selvaggi. Che, vale ricordarlo, non possiede portafoglio, ma solo un certo appeal. Comunque si legga, allora, il momento attuale del Taranto è un acquarello di tinte fosche. Dietro cui emerge un’aria strana. Innanzi tutto perché, a questo punto, è difficile intuire chi comanda. Cioè chi si assume l’incarico delle decisioni. Anche se tutto lascia supporre che esista una strategia di fondo ben studiata, ma dai contorni distorti: strategia evidentemente condivisa dal vertice (sinceramente, non riusciamo a credere al contrario), ma occultata dal gran ballo delle convenienze personali. Sicuramente, l’ingresso di Selvaggi in società ha provocato qualche scossone: e, di questo, non dubitavamo. Certamente, ha complicato il percorso di Dellisanti: e anche questo particolare non ci sorprende. Né ci sorprende, di per sé, il provvedimento di esonero: già scritto. E non solo da un derby maligno. O da una classifica divenuta complicata che, ovviamente, avalla il cambio di panchina. Intanto, Dellisanti ammette rammarico e sorpresa. Noi, però, non ci accodiamo: perché controfirmare sempre e comunque i piani societari non offre automaticamente un salvacondotto duraturo. L’aziendalismo, del resto, non paga mai: chi comanda si tiene sempre la ragione e il dipendente deve inchinarsi. Del resto, questa vicenda era ampiamente prevedibile. Anzi, prevista. Come scrivemmo nel mese di luglio e anche il primo settembre: basta sfogliare questo umilissimo blog per ottenere conferma. Anche se, oggi, la rabbia del tecnico si riversa su un nome e un cognome salito su un autobus in corsa da due settimane e non di più. Cambiando l’ordine dei personaggi, però, il prodotto non cambia.

Immediata, precisa. La conferma arriva. Cioè, Blasi sottoscrive il provvedimento. E applaude. Scongiurando, se non altro, un nuovo imbarazzo. Restano, invece, i problemi. E tutte le distonie.

sabato 6 dicembre 2008

Bari, inutile attesa

Due gol nell’ultimo quarto di match e l’Empoli si apparta in classifica. Un’attesa timida e il Bari si arresta. La sconfitta nell’anticipo del venerdì vive di motivazioni diverse: l’appetito dell’avversario, la cifra tecnica superiore dei toscani, un’intuizione individuale (Poggi è bavo a preparsi il punto del vantaggio), un penalty che chiude i giochi poco prima del novantesimo, la prestazione inespressiva di qualche singolo di qualità (Kamata, ad esempio), l’insufficiente spessore nella zona nevralgica del campo (Donda, per la cronaca, è nuovamente confinato in panchina) e una certa reticenza nell’accelerazione dei ritmi. Ma racconta anche e soprattutto di un Bari che aspetta l’esito della manovra altrui: amministrata anche con saggezza, per più di un tempo. Operazione buona a limitare l’Empoli, ma non ad impensierirlo. La squadra di Conte, cioè, assiste, ma non graffia. Calcolando (male) le esigenze e le possibilità della capolista. Che, alla fine, passa. Scoprendo di aver improvvisamente smarrito la voglia (o la forza) di aggredire, di imporre le proprie idee. Requisiti che, talvolta, nella fase d’avvio del torneo, erano serviti a promuovere il proprio calcio e la propria candidatura nell’aristocrazia della B. Campionato in cui non è assolutamente obbligatorio vincere, ma dove è sempre consigliabile provarci. E dove il Bari, nelle gare che devono qualificare definitivamente il lavoro svolto, dimentica spesso di confermarsi. Questione di limiti strutturali, evidentemente: sui quali sarà prezioso lavorare. E, in funzione dei quali, pazientare.

venerdì 5 dicembre 2008

E ora parla anche Selvaggi

Premessa: sul recente ingresso nell’organigramma societario del Taranto di Franco Selvaggi, vicepresidente più o meno esecutivo, avevamo glissato. Volutamente. In attesa di spunti di riflessione, di dichiarazioni ufficiali. Di fatti. Evitando di cadere nei pericoli del ricordo: del ricordo di Selvaggi in riva a Mar Piccolo. Prima in qualità di giocatore (esperienza largamente positiva) e, più tardi, di allenatore (permanenza negativa: tecnicamente e caratterialmente parlando). Ed evitando di lasciarci fuorviare dalle chiacchiere della piazza. O dalle previsioni velenose: che avevano presentato l’operazione come un inutile fregio, senza sostanza. E che avevano elevato il personaggio al ruolo di parafulmine del presidente Blasi. In mezzo alle guerre sotterranee di un club che sembra non possedere più né punti di riferimento, né molto futuro. Parafulmine o, se preferite, uomo immagine: buono, magari, a sostituire Dellisanti, se dovesse materializzarsi l’occasione. Oppure Galigani, direttore generale che – insinua qualcuno – potrebbe aver esaurito anche la ferrea intesa con l’imprenditore manduriano. Selvaggi, peraltro, nei primi giorni ha navigato le acque silenziosamente: forse in attesa di capire. Forse per non sbagliare. L’opinione pubblica non ha decodificato. E, comunque, non ha gradito. Reclamando una posizione ufficiale del nuovo vicepresidente. O un semplice pensiero. A Cava dei Tirreni, domenica, in coda ad un match traumatico, Selvaggi ha addirittura dribblato la stampa. Perdendo qualche punto nella patente della fiducia popolare. Il silenzio, però, è durato poco. L’uomo di Pomarico, a metà settimana, ha parlato. Distanziandosi dalle dichiarazioni di Galigani e dello stesso Blasi, assolutamente poco teneri nei confronti della squadra. E non solo per la disfatta di Cava. Squadra che, evidentemente, non è stata perdonata della sollevazione del mese scorso, al termine dell’incontro casalingo con il Crotone. Malgrado la pubblica pace sancita dai teleschermi. Tranquilli, allora: Selvaggi sa esprimere la propria opinione. E, soprattutto, ha conquistato una posizione: vicino alla squadra. Questo è un dato. Che va inserito, però, in un contesto più ampio. Che deve tenere presente un paio di domande. La prima: le dichiarazioni, parallele e congiunte (e, dunque, sospette) di Blasi e Galigani alla stampa nazionale, cosa nascondono? O meglio: dove vogliono ammarare? La seconda: le differenti correnti di pensiero sono assolutamente naturali o sono parte integrante di una strategia unica e attentamente studiata? Perdonate la diffidenza: ma qui si parla del Taranto. Un mondo a parte dove tutto è possibile. E anche di più.

giovedì 4 dicembre 2008

Un Andria a metà

Quello di Melfi era un derby. Per la carta geografica e anche per la gente. E i derby, è chiaro, sono capitoli a parte. L’Andria, nella trasferta lucana, si ferma a metà e rimedia un solo punto, scoprendo poi di avere ragioni solidissime per rammaricarsi. Con se stesso, innanzi tutto. Non sfrutta il momento difficile dell’avversario, non sfrutta la traiettoria di una gara che sta sorridendo. Non si impossessa della situazione e, in coda al match, divide il risultato. Dopo aver cercato di governare la reazione altrui, ma senza riuscirci. Coach Di Leo, davanti ai microfoni, ne è consapevole. Senza disperarsi, certo. Anzi, spendendo nuove parole di ottimismo: perché la classifica si muove lo stesso. Perché, in un ambiente caldo e passionale, è preferibile attutire le sensazioni e limitare i rumori. O, forse, anche perché il tecnico sa, in fondo, di non poter chiedere troppo alla sua squadra. L’Andria, al momento opportuno, riesce a dare quello che può. E mai un qualcosa di più. Il suo campionato, superati i disagi di inizio stagione, è questo. E anche così può andare bene. Del resto, la concorrenza non sa sprintare e la zona playoff è sempre vicina. Anche se le occasioni non raccolte fanno pensare. E anche se un derby (vinto) avrebbe sponsorizzato l’appetito.

mercoledì 3 dicembre 2008

Francavilla, nervi scoperti

Il pareggio indigesto legittima l'urgenza della rivisitazione dell'organico. Che, nella realtà, viene però pianificata abbondantemente prima. Com'è consuetudine ormai consolidata, nel Francavilla. Patron Distante non è contento della squadra e del suo comportamento. Da un po'. E non lo nasconde. Alla ripertura delle liste di trasferimento, allora, ecco un paio di nomi nuovi: Perrelli, centrocampista appena transitato dalla Neapolis, e un difensore, Romeo, arrivato dalla Calabria. Contestualmente, poi, tre movimenti in uscita: Falanca, Foderaro e Piumetto. E chissà che, più avanti, non accada altro. Perchè troppe esitazioni sono pericolose e il pericolo è meglio prevenirlo. Dopo tutto, poi, rimescolare gli uomini ha assai giovato, proprio l'anno scorso. Quando non manacarono le tensioni, prima dello sprint che portò alla promozione. Questa volta, invece, è diverso: l'idea è quella di salvare la serie D. Sempre e comunque. Obiettivo per il conseguimento del quale necessita, sul campo, un'atteggiamento più reattivo e un calcio più fluido. Più movimento e più elasticità. Ingredienti mancati anche contro il Bitonto, domenica, in casa. Dove non si vince da tanto tempo. E dove, ripetutamente, viene a difettare la tranquillità. E sì: il Francavilla, disagi tecnici e tattici a parte, sembra prigioniero anche e soprattutto del proprio nervosismo. Anche l'ultimo match (spigoloso, scorbutico, cattivo, brutto) è completato senza tutti gli effettivi (espulso Travaglione, a cui si aggiunge il recidivo coach Francioso): e, se i conti sono giusti, il numero dei cartellini rossi, dall'inizio del torneo, è già salito a dieci. Troppi.

martedì 2 dicembre 2008

Il Taranto riappassisce a Cava

Remissivo e sgranato. Il Taranto riappassisce a Cava dei Tirreni, lasciandosi inghiottire da una classifica che sa di playout. Sul campo, anzi, la squadra di Dellisanti è addirittura la quart'ultima forza del campionato: perchè anche la Juve Stabia, penalizzata, ha raccolto di più (diciassette punti contro i sedici degli jonici). Latita la personalità e manca anche la produzione: tanto da far riflettere e preoccupare persino il suo nocchiero, tradizionalmente ottimista e fiducioso della qualità del proprio lavoro e delle possibilità dei suoi uomini. Questa volta lo stratega di San Giorgio non si appella neppure al concetto di sfortuna, che in realtà vorrebbe coprire il disagio di un elenco degli arroluabili limitato: numericamente e non solo. Una verità che, se ammessa pubblicamente, potrebbe alleviarne le responsabilità. Aziendalismo a parte, Dellisanti comincia a incontrare quarti d'ora difficili. Crocifisso com'è da quella decisione di lanciare, sin dal primo minuto, un difensore giovane e inesperto come Cesareo. Operazione, di per sè, lodevole: al di là dell'esordio difettoso. Ma inevitabilmente corrotta dagli sviluppi del campo. Del resto, affidarsi alla gioventù può pagare. Ma può anche arrecare cattivi effetti: come nel caso specifico. Non può essere, tuttavia, solo una scelta coraggiosa e pure lungimirante ad accusare il tecnico: semmai, il problema abita nella tempistica della decisione (il ragazzo viene travolto dagli accadimenti e deraglia). Ma è, soprattutto, la scelta di lasciare ancora una volta in panchina l'ex titolare Pastore a non soddisfare. E non perchè Pastore sia insostituibile o necessario. Ma perchè, a fronte di un'emergenza tecnica, l'esperienza non può essere troppo facilmente ignorata. A meno che, sotto, non esistano cause così decisive da giustificare l'esclusione del centrale campano dall'undici di partenza. Ipotesi che l'allenatore, con forza, respinge. Allegando motivazioni squisitamente tecniche: alle quali crediamo. Perchè Dellisanti non accetta ingerenze, da sempre. Eppure, anche così, qualcosa non ci convince. Se non altro, perchè il primo rischio è quello di perdere definitivamente un giocatore sul quale, prima o poi, occorrerà contare. Proprio perchè l'organico non è ricco e la società non è poi troppo desiderosa di spendere ancora, alla riapertura del mercato. Il secondo rischio, invece, è quello di incrinare gli equilibri dello spogliatoio. Sempre che il processo di disgregazione non sia già cominciato.

lunedì 1 dicembre 2008

Gallipoli: fantasia, potenza e primato

Fantasia e potenza. Cioè, il potere. Il Gallipoli, adesso, sorveglia il campionato di terza serie. Sorveglia e detta il ritmo. La fantasia è quella di un gruppo qualitativamente al di là della media. Ed è quella nascosta nelle scarpe di Ciro Ginestra, che abbellisce una gara degna e demolisce il Crotone, ex leader del raggruppamento, nello scontro al vertice del Bianco. La potenza è nella convinzione e nell'entusiasmo della squadra di Giannini, che davanti al pubblico amico fallisce difficilmente. Riuscendo ad appaltare un primato che fa storia: mai, prima di ora, il Gallipoli aveva raggiunto un livello di aristocrazia che lascia liberi di sognare. Bello e vincente. Solido e motivato. Questo è il Gallipoli che invoglia: diametralmente opposto da quello innocuo e spento di Benevento. Questo è il Gallipoli che sorpassa e che, finalmente, coglie il senso esatto di una sfida diretta. Una di quelle storicamente indigeste. In coda alla quale resta mezzo campionato intero e qualche spicciolo dell'altra metà: una vita o quasi. In cui il destino obbligherà la nuova capolista ad esibire, oltre alla fantasia e alla potenza, anche gli attributi. Adesso è il momento di mostrarli, di usarli. Perchè adesso si fa sul serio. E perchè, adesso, la gente che tifa chiederà di più. Già a Taranto, nel derby dello Jonio. Molto presto: appena domenica prossima.

domenica 30 novembre 2008

La prima del Grottaglie

Il nuovo Grottaglie di Dino Orlando ha più cuore, più grinta, maggior temperamento. Le idee, però, non abbondano ancora: e, da questo punto di vista, non esiste poi troppa discontinuità con le linee tracciate dalla recente gestione-Del Rosso. Innanzi tutto perchè, per inaugurare una versione nuova, necessita tempo. E poi perchè il nuovo coach dovrà apportare modifiche e tanto lavoro: tatticamente e anche psicologicamente parlando. La squadra, così com'è, è ancora timorosa: di se stessa, innanzi tutto. In vantaggio di un gol (decisivo, peraltro) sull'Angri, s'imparisce presto e, perciò, si abbassa, lasciando il secondo tempo tra i piedi dell'avversario, formazione di categoria attrezzata di un centrocampo tosto, ma non di forza penetrativa. E consentendo ai campani qualcosa in più del lecito, puntualmente sprecato. L'avvicendamento forzato della prima punta Piperissa (acciaccato) con un centrocampista (Carteni, al minuto undici della ripresa: da lì, in avanti, cominceranno a cooperare De Angelis e Pastano) contribuisce poi ad accrescere nel collettivo certe sensazioni: che, mentalmente, non l'aiutano. Ma la vittoria arriva ugualmente: è la prima, da settembre ad oggi, e serve tanto. Non solo al morale, ma anche alla classifica. Adesso si può ripartire: la sicurezza nei propri mezzi arriverà più tardi. I risultati si candidano ad avvicinarla.

sabato 29 novembre 2008

Il Bari e Donda

Il Bari riabbraccia il campionato e trova l'obbligo di difendere la terza piazza, una realtà che accresce le responsabilità di una squadra chiamata, con il tempo, a modellarsi, stabilizzarsi. E che, ora, si raccomanda di credere sempre più in se stessa. La gente che tifa, intanto, è in fermento. Per il mercato suplettivo (non di riparazione, ma di completamento) che si avvicina e per le opzioni programmatiche che si parano davanti al club di via Torrebella. L'argomento preferito di discussione sembra Donda, la sua utilizzazione e il suo futuro. L'argentino, che avrebbe dovuto costituire il terminale cerebrale della squadra, non ha ancora accelerato. Semplicemente, non è ancora il perno dello schieramento di Conte. Non possiede continuità, non ha trovato la collocazione definitiva nello scacchiere. Dettagli che, sembra, gli stanno prenotando la partenza anticipata. Un anno e mezzo dopo l'investimento di Matarrese e l'ottimo esordio in quel Bari che fu di Materazzi. Un anno e mezzo passato troppo in fretta, spesso inutilmente. Abbastanza, per pretendere l'ambientamento e per raccogliere la fiducia popolare. E abbastanza per operare delle scelte. Perchè il Bari, a questo punto, deve operare delle scelte. E capire dove vuole e dove può approdare. Distribuendo alla piazza un certo tipo di input. Consapevole che, adesso, non si può più sbagliare. A cominciare dagli uomini.

venerdì 28 novembre 2008

Manfredonia, pericolo depressione

Dai teleschermi, il profilo di D’Arrigo è esattamente quello di una persona delusa e disillusa, svuotata. Impotente, più che rabbiosa. Amareggiata, più che animosa. Depressa, più che aggressiva. D’Arrigo è lo specchio di questo Manfredonia che si affanna, senza trovare la soluzione. Anche quando il collettivo recupera un briciolo di dignità e di fervore. Inutile, peraltro: perché il punto carpito sul proprio terreno al Cassino non solleva e non risolve. Soprattutto se la squadra non si aiuta, sprecando un penalty. E legittimando il malcontento del pubblico, adesso in aperta contestazione. La contestazione che ferisce D’Arrigo: tecnico che non gradisce e che lo fa sapere. Senza apparire adirato. Ma, appunto, sconsolato. Brutto segno.

giovedì 27 novembre 2008

E adesso non resta che vincere

Fuori Borsci, fuori tutti. Cariche azzerate, a Grottaglie: dentro la società e dentro lo spogliatoio. Via Del Rosso e Morales, via pure il preparatore atletico. Dentro Dino Orlando, nome utile nelle emergenze. E, con lui, Antonello Altamura, vice tecnico che vuole emergere. Ma, soprattutto, ecco l'annullamento delle poltrone del club, compresa quella del presidente Ciraci. Antonio Anastasia dirigerà il traffico, mettendoci l'esperienza e la faccia. E' la scorciatoia migliore per spazzare il campo da presenze ingombranti, destabilizzatrici. Dall'opposizione interna, diciamo pure così. Da chi vorrebbe scalare, senza avere le possibilità per farlo. Dovrebbe guadagnarci l'ambiente. Perchè l'idea è quella di spargere serenità. Fuori e dentro il campo. Adesso, non resta che tornare a vincere. Perchè, spiacevoli resistenze a parte, il problema fondamentale è la classifica. La classifica che, quando scotta, sa soffiare sul vento della resistenza. Il pretesto e il fine di qualsiasi situazione. Ovunque. Anche a Grottaglie.

Il Gallipoli e gli affanni ritrovati

L’illusione può sgranarsi. Oppure, possono riaffiorare vecchi affanni. Che, magari, sono patrimonio del dna. O, più semplicemente, ci avava trasportato il facile ottimismo. Il fatto è che il Gallipoli versione esterna comincia a somigliare a quello della passata stagione. La squadra di Giannini sembra sempre più quella di Bonetti: bella a prepotente al Bianco, timida e impacciata fuori. Malgrado i segnali confortanti (molto confortanti) della primissima fase del torneo. Ginestra e soci, in trasferta, non vincono da un po’. Talvolta ottengono il punteggio minimo, con qualche rischio e qualche pausa. Ma, come a Benevento, nell’ultimo turno di campionato, inciampano rovinosamente. Guardando l’avversario, quasi senza fiatare. Diranno: può capitare. Aggiungeranno: la flessione è fisiologica. Può darsi. Anche se, tra la tifoseria, serpeggia già qualche inquietante ricordo. Che, pochi mesi addietro, accompagnò il Gallipoli, estromesso dal rush finale. E, peraltro, devitalizzato da un crollo verticale. Cioè totale e parallelo al cambio di panchina. Il dato, però, esiste e spaventa. Tanto da porre la squadra in stretta osservazione: il sette dicembre (arriva il derby di Taranto) e il ventuno dello stesso mese (a Caserta, casa del Real Marcianise, prima della sosta). Due trasferte realmente indicative sul futuro che attende. Futuro che, però, potrà e dovrà nutrirsi dello score di domenica prossima: nel frattempo, in Salento sale il Crotone, cioè la capolista. Seconda contro prima, il menu è ricco. Il Gallipoli, nonostante tutto, avverte un certo languore e anche un’atmosfera complice. Merito di un campionato livellato: e, proprio per questo, meritevole di un passo cadenzato, costante. Dove non c’è spazio per i ricordi e i vecchi affanni.

mercoledì 26 novembre 2008

Il Lecce non combatte più

Il Lecce denso e intenso non c'è più. Quello anche un po' sparagnino e vigile, risoluto e concreto di una volta è sfumato. E' distante il tempo in cui anche le formazioni più pregiate, incontrandolo, sudavano. Eppure, non sono passati troppi giorni. La conferma arriva nell'ultima domenica: la Roma scende in Salento, passeggia tranquilla e vince largo. La formazione di Beretta lascia fare, si fa aggredire e non aggredisce, poi si inabissa. La fase attiva è assolutamente insufficiente: le statistiche parlano del quarantacinque per cento di possesso palla. E le operazioni di difesa sono troppo tenere: l'avversario chiude il match in fretta. Non indispettisce tanto il risultato, quanto l'applicazione al match e la svagatezza mostrata. Il Lecce non combatte più: è questo è il dato che preoccupa. Perchè, se manca la verve e la cattiveria, non esiste una salvezza peraltro già ritenuta possibile. Il Lecce, all'improvviso, si è sgonfiato. Anche se sembra difficile crederlo. Anzi, si diffonde un timore: che possa essersi imborghesito. E, se così fosse, il fatto diventerebbe serio.

martedì 25 novembre 2008

Grottaglie, Borsci si autoesclude

Antonio Borsci è personaggio che non ama incollarsi alla poltrona. Forse perché naviga tra interessi differenti, che gli impegnano le settimane. Comunque, è difficile che possa cadere nel burrone della noia: e, quindi, è persino logico che possa anche decidere di rinunciare all’incarico. Ad uno dei suoi incarichi: quello calcistico, magari. Sicuramente, intanto, di calcio Borsci non vive e non ha mai vissuto: e, per questo, può anche appartarsi. Senza troppo pentirsene. Al di là di un’onestà intellettuale che gli riconosciamo. Borsci, da domenica sera, non è più il direttore sportivo del Grottaglie. Le dimissioni presentate sùbito dopo la sconfitta casalinga rimediata dalla squadra di Del Rosso contro la Nocerina viceleader del girone seguono la scia delle contestazioni (personali e non) più o meno recenti e di qualche complicazione annessa (il dirigente monteparanese parla compiutamente di telefonate anonime che avrebbero minato gli interessi del club e, evidentemente, anche la tranquillità dei singoli). Ma, soprattutto, si concretizzano là dove sfociano i timori per una classifica fallimentare (sette punti, penultimo posto in classifica: pochissimo, per una formazione che puntava ad un piazzamento di prestigio). Dimissioni che, onestamente, ci attendevamo: conoscendo la personalità di Borsci. Ma anche l’evolversi dell’ultimo match. Il diesse, del resto, era e resta il costruttore principale di un Grottaglie spiazzato dalle partenze estive di Chiesa, Marchi e pure di Lacarra: in teoria, rimpiazzati autorevolmente da nomi dotati di pédigrée ed esperienza, alcuni dei quali ancora lontani da una condizione psicofisica rassicurante. E sì, perché, nel tempo, proprio l’ultima campagna acquisti è diventata il vero punto nodale delle argomentazioni sorte attorno all’Ars et Labor. Campagna acquisti che, ci sembra, da sola spiega abbastanza, ma non tutto. Perché, ad esempio, Piperissa, uno dei rinforzi, si è sbloccato tardi, ma alla fine si è sbloccato. Offrendo quello che tutti si aspettavano da questo attaccante rientrato a Grottaglie dopo un anno vissuto a Barletta: i gol (quattro, al momento). E perché, dopo tutto, l’ossatura della squadra (come la sua guida tecnica) è esattamente la stessa del passato campionato, chiuso con numeri invidiabili. Difficile pensare, cioè, che il solo ingresso nello scacchiere di Latartara possa aver indebolito così vistosamente un collettivo già felicemente rodato. Mentre Triuzzi, di fatto, ha potuto incidere davvero relativamente, a fronte della sua parca utilizzazione. Semmai, e questo è vero, il mercato del club grottagliese ha omesso di reperire una valida alternativa a pezzi di spessore acclarato come Piroscia e Pirone, infortunati cronici. E non da questo campionato. Riparando, poi, in ritardo il problema del portiere: che, va detto, Del Rosso preferiva under (ma né Vitale, né Sardella hanno convinto). Detto questo, il disagio non svanisce qui: e le dimissioni di Borsci risolvono poco. Potrà giovare, piuttosto, un intervento suplettivo e robusto sul mercato, appena sarà tempo. Al quale, ovviamente, il diesse non parteciperà. La sua estrema decisione, tuttavia, gli rende onore: perché è sempre più arduo, di questi tempi, incrociare chi accetta di farsi da parte, rinunciando all’ingaggio e alla visibilità.

lunedì 24 novembre 2008

La sostanza di Galetti

Gente come Galetti sa scvrivere la storia di una partita. E, magari, anche quella dei campionati. A Fasano, nel derby, i palloni gestiti dall’attaccante finiscono puntualmente dove servono. Cioè, in porta. E, nel peggiore dei casi, procurano brividi all’avversario. I due gol firmati dall’argentino spingono e premiano il Brindisi in una gara dove non basta, per l’intera prima parte della gara, possedere larghe fette di campo. Per imporsi, piuttosto, occorre il fiuto della punta di peso. Che la squadra fatica persino a trovare e servire, malgrado l’enorme mole di lavoro collettiva e l’intraprendenza tipica della formazione che conosce i tempi e prova sempre a imporsi. E sì, perchè c’è più Brindisi, almeno sino a quando il risultato si sblocca. Mentre il Fasano emerge solo più tardi, quando è ormai tempo di inseguire. Quando, forse, è già tardi. Perché è appena passato il piede di Galetti: uno che, talvolta, si apparta e che, però, si vede e si sente appena è necessario. Soprattutto nel momento in cui la tecnica superiore è insufficiente a forzare il presidio avverso. Del resto, è sempre così: anche i migliori (o i più belli) devono aggrapparsi, prima o poi, alla forza e alla sostanza. E, allora, avanti così. Verso nuovi orizzonti.

domenica 23 novembre 2008

Concordare. Anzi, condividere

Punto e a capo. I tre punti strappati al Lanciano fanno bene. Anzi, benissimo. Ma, oggi, c'è un derby (col Foggia) da onorare e, soprattutto, interpretare. In cui, almeno, il Taranto potrà beneficiare di un umore diverso. E appoggiarsi su quel ritrovato spirito comune che squadra e società si sono affrettate a pubblicizzare, dopo il terremoto (anche mediatico) di non troppo tempo addietro. Disquisizioni tattiche (con Shala il collettivo sembra più affidabile) a parte. Chiaro, però, che ancora qualcosa continui a non quadrare. Ad esempio: la vicenda legata al nome di Pastore (il capitano è stato dirottato in panchina, domenica scorsa, e altrettanto accadrà questo pomeriggio) sèguita a scottare un po'. E non per la decisione in sé (anche condivisibile, sicuramente legittima), ma per le modalità che l'hanno accompagnata e l'accompagnano ancora. Dellisanti, il coach, aveva parlato di decisione concordata con il giocatore, che non ha confermato. E, successivamente (giovedì) di soluzione condivisa (la differenza è sostanziale). Il momento è delicato ed è giusto ripararsi, anche con le parole: lo capiamo. Soprattutto se l'allenatore è stretto (e costretto) in mezzo a due blocchi di riferimento: la società e la squadra. Ma la verità non può ritrovarsi sempre e comunque soffocata: e, talvolta, spinge per emergere. Meglio, allora, non bluffare. Soprattutto nel calcio. Dove tutto si sa. O si viene a sapere.

sabato 22 novembre 2008

La crisi totale del Manfredonia

Non risponde più, il Manfredonia. Alle sollecitazioni, ai richiami aspri della classifica, alla contemporaneità dell’esigenza. Non risponde e crolla. Partita dopo partita, emergono i limiti e, con essi, un antipatico alone di abulia. La squadra di D’Arrigo subisce e non reagisce: attende passivamente che l’avversario si dichiari e, altrettanto passivamente, lascia scorrere il match. Lasciandosi scivolare addosso tutto. Non si aiuta, non si agita, non si ribella. Resta lì, in attesa di chissà cosa. Non possiede la forza di opporsi: e il male sembra, innanzi tutto, di natura psicologica. Diretta conseguenza della sempre più consolidata consapevolezza di non saper graffiare, di non saper aggredire. A Barcellona, domenioca scorsa, va peggio di altre volte. La caduta è verticale, il tecnico s’infuria e la gente che tifa si sente prigioniera di una pellicola già avissuta. Anzi, se possibile, ancora più tetra. Il sospetto è che il Manfredonia possa essere stato risucchiato, neppure a metà del cammino, nel vortice della demotivazione o, peggio ancora, della depressione. E che serva, prima di tutto, un’iniezione di fiducia. Cioè qualche puntello. Il club, probabilmente, sotto questo profilo, sta lavorando. C’è un problema, però: i tempi per potersi muovere sono ancora lontani. Resta, al momento, solo il mercato degli svincolati. Nel frattempo, cioè domani, al Miramare scende però il Cassino, cliente assai scomodo: ma chiedere alla squadra una prova di orgoglio è assolutamente doveroso. Il Manfredonia si gioca già parecchio del suo futuro.

venerdì 21 novembre 2008

Benvenuto, Sanderra

Benvenuto, Sanderra. Il Barletta, a cui è stato appena affidato, ora necessita di serenità spendibile. Nello spogliatoio e, quindi, in campo. Ovvero di un contributo robusto. Il campionato, all’improvviso, si è complicato. E il problema di fondo non sembra essenzialmente tattico. Né tecnico. Anche se va capito perché qualcosa continua a difettare in una squadra che, proprio sotto il profilo tecnico, dispone di materia prima persino interessante. No, il disagio del Barletta, ultimamente, si arrampicava sui problemi relazionali tra la squadra (o parte di essa) e il vecchio coach, Chiricallo. Invitato martedì a lasciare l’incarico. Dopo diversi episodi (uno su tutti, il caso-Romano) e in coda ad un rapporto lungo, ma anche incrinato. Cioè logoro. L’epilogo era atteso, ormai. E di divorzio si parlava, da tempo. Procrastinato dai risultati affiorati negli ultimi tempi, ma non scongiurato. E ufficializzato da un feeling (tra il vecchio tecnico e la piazza) mai realmente fortificato. Benvenuto, Sanderra. Per il nuovo nocchiero il compito è severo. Ma non è detto, però, che sia impossibile. Purchè l’ambiente tutto accorra in soccorso. E chi scende sul campo si accodi.

giovedì 20 novembre 2008

Foggia, il problema non cambia

Va detto: è il bonario intervento del direttore di gara a salvare il Foggia. La concessione del penalty trasformato da Salgado, che sancisce il pareggio, è ingiustificata, ancorchè utile a contrastare un Benevento non inresistibile, ma complessivamente più tonico, passato in vantaggio sugli sviluppi di un’imbarazzante amnesia difensiva dauna. La cortesia, tuttavia, non è sufficiente per collezionare il settimo successo di sèguito sull’erba di casa: che era poi l’obiettivo dichiarato. Senza del quale, peraltro, si può continuare a vivere e a sperare ugualmente, detto per inciso. Questa volta, però, la versione casalinga della squadra di Novelli si esprime con diffcoltà. Sembra un po’ spenta, prevedibile, svagata, arrugginita nella zona nevralgica del campo. Ma non sarà una partita incerta a ufficializzare il disagio. E un pareggio a domicilio – il primo – oggi non costituisce il problema fondamentale del Foggia. Che, piuttosto, deve cercare la propria identità lontano dallo Zaccheria: un’identità ancora deforme. Il concetto di continuità necessita di prestazioni definite in trasferta. Forse il derby di Taranto – domenica prossima – non arriva nel momento più adatto. Ma arriva: ed il primo vero bivio della stagione. Dopo del quale, sicuramente, se ne presenteranno altri. Intanto, però, è il primo. E sarà seriamente indicativo.

mercoledì 19 novembre 2008

Il sottobosco di Puglia

Un’ammonizione in meno, una squalifica evitata. Un cartellino cassato, un vantaggio acquisito. Non c’è il vorticoso fiume di denaro e neppure la pressione delle lobby dei procuratori. Ma la frode sì. Scandalo nel settore giovanile, in Puglia. Dove i referti arbitrali di un paio di campionati fa (solo di un paio di campionati fa?) sono stati addomesticati: dalla stessa giustizia sportiva. A beneficio di alcune società. L’indagine federale è partita da un po’ ed è anche arrivata. Sulla scia delle denunce di Franco Massari, dirigente bitontino. Che turbano un ambiente in fibrillazione, già da tempo. Clamoroso: per i più ingenui. Ma non per chi segue con attenzione anche i campionati regionali dgli under. Un mondo dove esistono promozioni e retrocessioni, campagne acquisti e cessioni e tutto il resto: come in quello dei grandi. E dove non tutto quadra come dovrebbe. Da troppi anni. Non ci meravigliamo di niente, perciò. Perché meravigliarsi è sciocco. E perché, anche alla base della piramide, si agita un mercato e, per questo, sgomitano differenti interessi, gelosie, rivalità. Soprattutto se, sotto, covano disfide intestine e guerre sotterranee. E se divampano le fiamme della corsa al potere delle poltrone. Vacanti, magari.

martedì 18 novembre 2008

Andria: grinta, corsa e cuore

Grinta, corsa, cuore. Occore un’Andria tosta e solida, contro il Cosenza capolista. E così è, per gran parte del match. Quanto basta, comunque, per limitare l’avversario e per scriversi un copione affidabile. Prima che i calabresi, nella seconda parte della gara, avanzino il baricentro: guadagnando campo, ma niente di più. Il posticipo svela una squadra di quantità, intensa, che battaglia e approfitta di quanto le accade davanti, prima di genuflettersi di fronte all’attendibilità del pareggio. Risultato a parte, però, il momento dell’undici di Di Leo è confortante, per lo spirito mostrato e per la voglia di esserci. Momento che prosegue e che puntella il centroclassifica: cioè, meno di quanto ipotizzato dai pronostici migliori. Ma pronto a pianificare il futuro che verrà, ovvero a circostrivere la tranquillità definitiva. Operazione possibile, a queste condizioni.

lunedì 17 novembre 2008

Un applauso. E un mezzo sorriso

Dicevamo del derby. Da cui il Grottaglie esce scortato con un applauso. Per aver affrontato impegno e avversario con una formazione obiettivamente raffazzonata e per aver retto con dignità l’avvio prepotente del Francavilla. Anzi, per aver saputo poi rintuzzare puntualmente, per essersi aggrappato ad un pizzico d’orgoglio e per la disciplina spesa nell’espletamento della funzione. Il Grottaglie giovane e operaio non affonda, ma galleggia. E questo è argomento di speranza. Che non consolida la classifica, ma che serve a coltivare fiducia. Chiaro, le occasioni offerte, ad un certo punto del match, dal Francavilla e regolarmente dissipate abbassano il quoziente di soddisfazione, ma la battaglia va vissuta con il migliore degli umori. Perché, ormai è scritto, il campionato del Grottaglie è questo e con questa tipologia di stagione occorre imparare a convivere. In attesa del recupero - fisico e tattico - di gente che, nell’economia del collettivo, continua a possedere un proprio peso specifico (Latartara). In attesa della quadratura definitiva del capitolo-portiere (sinceramente, il nuovo acquisto Di Leo ci è sembrato un po’ goffo in troppe occasioni e il problema, perciò, è tutt’altro che risolto). E in attesa della piena disponibilità (o affidabilità) di qualche altro tassello. Come Triuzzi, escluso ancora una volta dall’undici di base e neppure sistemato in panchina: segnale, del resto, molto più che eloquente. E che consiglia una risoluzione veloce del caso, se c’è un caso.

domenica 16 novembre 2008

Francavilla, un punto e qualche segnale

Motivazioni da derby e una certa aria da bassa pressione. Il Francavilla forza sùbito il dispositivo difensivo del Grottaglie e fa la gara. Sembra più solido, ma è solo illusione. Il Grottaglie pareggia e, alla fine, ognuno ottiene quello che è lecito: un punto. La squadra di Francioso naviga in mezzo ad un difetto di personalità che ne limita le intenzioni e gestisce male un po’ di situazioni, che l’avversario dimentica peraltro di capitalizzare. La soluzione del doppio centravanti (Sergi più Galeandro) funziona in avvio di match, ma poi si stempera. Malagnino possiede volontà, ma non trova le zolle per dettare il guizzo. In mezzo al campo la quantità non genera qualità. E il malcontento sembra allargarsi. Qualcosa ci dice che Sergi, già pubblicamente minacciato dal patron Distante sette giorni prima, sia destinato a riparare altrove. E qualcos’altro ci lascia pensare che il tecnico rischi molto più di qualcosa: assisteva al match, dalla tribuna, Dino Orlando, uno che non è abituato a muoversi senza motivo, la domenica. Ma il punto è un altro e va focalizzato: l’ambizione (dichiarata, ma anche quella più reale, considerato il patrimonio tecnico) del Francavilla è la salvezza. Obiettivo per cui il mosaico è stato costruito e per il quale è stato stabilito, agli albori della stagione, un certo tipo di budget. Quella salvezza che, al momento, la classifica sembra ancora garantire. Malgrado qualche disavventura che va inserita nel conto. Dimenticarlo è ingiusto. E, oltre tutto, presuppone una rivisitazione: se non degli obiettivi, dell’organico. Operazione che, magari, non spaventerà Distante: uno che, l’anno scorso, da questo punto di vista, è stato premiato. E che, al limite, serviverebbe innanzi tutto a prevenire un pericolo da considerare, cioè la recessione. Pericolo che, oggettivamente, non è ancora così nitido come può sembrare.

sabato 15 novembre 2008

Quando la classifica stuzzica

Novembre sembra parteggiare per il Bari, che regola autorevolmente o quasi l’Ancona (malgrado un certo calo condensatosi nell’ultima mezz’ora e un evidentissimo rischio sofferto proprio alla soglia della fine del match), ma legittimando sostanzialmente certi progressi recenti. E confermando la sua intima convinzione: la flessione mentale di qualche tempo addietro può considerarsi squisitamente temporanea. Il gruppo pulsa ancora: come piace al suo nocchiero. Che, tempestivamente, nel momento di maggiore affanno, aveva cercato di scuoterlo. Il gruppo è ancora sufficientemente robusto. E appare più lucido. Magari, più consapevole. Anche se, sempre più spesso, avverte la necessità di lasciarsi trascinare dalla qualità dei suoi singoli. Barreto – ancora in gol, e non solo dagli undici metri: adesso c’è anche la continuità – e Kamata (mobile, imprevedibile e fastidioso: per gli altri, ovviamente) su tutti. Singoli che, peraltro, non possono permettersi di rifiatare troppo e che, a turno, sospingono: e, fin quando il turn over dell’efficienza funziona, tanto meglio così. Ora, il Bari è persino in vetta, pur se in affollata compagnia. Complicità altrui (nessuno, lassù, riesce a sprintare), equilibri ingombranti e posticipi a parte, la formazione di Conte è però perfettamente dentro la roulette delle ambizioni. Dove proverà a convivere con troppe concorrenti, ben conoscendo i propri limiti. Cioè, le controindicazioni di una squadra che dispone di un quoziente minore di esperienza e di qualche linea di qualità complessiva in meno di altre realtà più dotate. Concetto, questo, che sembra solleticare già la piazza e che contibuisce ad alimentare i desideri in prospettiva di apertura di mercato. Appuntamento durante il quale potremo soppesare con migliore precisione le intenzioni più segrete del club. Che, vale ricordarlo, ha sempre accettato l’idea di un collettivo capace di ritagliarsi un ruolo di outsider, ma che non ha mai davvero ufficializzato la corsa alla serie A. In prima battuta, almeno.

venerdì 14 novembre 2008

La daspo di Morello

Le regole cambiano. E la repressione si ramifica anche nel pallone. Le intemperanze, sugli spalti, si cominciano a pagare: non individualmente (non sempre, almeno), ma collettivamente. Paga - sempre più - la gente, in blocco: le curve restano artificiosamente vuote e, talvolta, anche gli stadi interi. Anche se, a porte davvero chiuse, non gioca mai nessuno: perchè gli invitati speciali sono legittimamente ammessi. Poi, però, c'è la daspo: un provvedimento che, di fatto, limita la libertà del singolo. Ovvero, una squalifica a tempo: durante il quale non potrà accedere in una struttura sportiva. Colpisce chiunque, indistintamente: tifosi, dirigenti e protagonisti del campo. Sì, anche i giocatori. A livello professionistico, c'è già un caso: quello di Stefano Morello, attualmente in forza alla Juve Stabia, attaccante leccese recentemente tesserato con il Gallipoli. Gallipoli che, l'anno scorso, a Potenza, fu coinvolto in una serie di spiacevoli situazioni. Ora, Morello non potrebbe accedere a nessuna manifestazione sportiva, come molti ultras. Il problema, tuttavia, esiste: perchè il ragazzo non tifa e non assiste alla partita, ma la determina. Giocando. Con lo status di professionista. E il lavoro, per legge, non si può negare a nessuno. Quindi, Morello potrà essere regolarmente utilizzato da Morgia, il trainer stabiese. In campo o in panchina. Se non dovesse essere convocato, invece, non potrà neppure assistere al match. E tornare a casa. Il caso è singolare e fa sorridere. Ma è tutto vero. A questo punto, non conosciamo le idee di Morgia. Ma l'impressione è che Morello, eventuali squalifiche o infortuni a parte, potrà contare per un po' sulla convocazione fissa. O campo o panchina, cioè. Aggirando il provvedimento. E risparmiando l'antipatica collocazione in tribuna: la peggiore, per un giocatore. Da sempre. Morello, intanto, ha proposto ricorso al Consiglio di Stato: ma, da un certo punto di vista, il Daspo non è poi così male.

giovedì 13 novembre 2008

Sorrisi dal teleschermo

Ecco uno degli epurati di novembre: Shala, svizzero di etnia albanese, in servizio per il Taranto. Scontento e ammutinato in un grigia domenica di sconfitta, appena due giornate di campionato addietro. Quello che, più di ogni altro, si era esposto. Con frasi e atteggiamenti. Contro la società, contro Blasi. Reclamando qualche mensilitä di pagamento, lamentando una gestione organizzativa delle trasferte un po' artigianale, denunciando qualche situazione scomoda o chissà che altro. Dettagli che, all´interno di un gruppo, pesano sempre. E che pesano di più quando debordano oltre i muri dello spogliatoio. Ecco Shala, uno dei rami secchi da tagliare, allontanare. Affinchè il problema possa essere evirato: anche se non alla radice. Perchè i problemi, comunque, restano dentro la scatola delle incongruenze di un club al limite perenne dell´incertezza. Ed eccolo ancora, Shala, qualche giorno dopo, dagli schermi della televisione aziendale. O di famiglia. All'improvviso sereno, sorridente, accomodante. Niente affatto epurato. Ma rabbonito da parole nuove e da uno stipendio transitato nel frattempo. Tutto a posto, dunque. Tutto ricomposto. La patria è salva, perché l´attrito non esiste. Attorno, piuttosto, piovono segnali rassicuranti: il grande gelo è stato solo un equivoco. Prendiamo anche questa novità con simpatia. E guardiamo oltre. Tutto, del resto, può aggiustarsi: basta crederci. Dal di dentro, ancora prima che dal di fuori.

mercoledì 12 novembre 2008

Monopoli, è un altro passo

Due partite giuste (l’altra settimana, in casa, e domenica scorsa, a Scafati) ed è tutta un’altra storia. In sette giorni il Monopoli conquista punti (sei, in virtù di due vittorie di sèguito), morale inestimabile e fiducia. Veleggiare in mezzo alla classifica è molto meglio della vita dura di qualche tempo fa. E fa dimenticare le insidie dettate dall’insicurezza, dal timore: una (l’interruzione del rapporto con il tecnico Geretto), anzi, sembra essersi allontanata con forza. Si è ricompattata un po’, la squadra. Ma, soprattutto, adesso, sembra spargersi sul campo con una continuità più affidabile: gioca, cioè, per buona parte della gara. E non per quaranta minuti, come in passato. Nel migliore dei casi, ovviamente. E, forse, si è anche dotata di una copertura psicologica nuova, tutta propria. Dopo aver perso quella certezza di essere compresa più o meno puntualmente dall’ambiente e dopo aver sciupato la comodità di essere risparmiata sempre e comunque da qualsiasi malumore popolare. Talvolta, essere messi in discussione – in seria discussione – aiuta. Non sappiamo se basterà. Ma, per ora, il cocktail di situazioni basta. A ritrovare il sorriso e a pianificare un futuro meno apprensivo.

martedì 11 novembre 2008

Il Lecce va

Punto dopo punto, il Lecce cammina. Con le proprie gambe. Non si piega neppure nel posticipo notturno, davanti al Milan, che sembra la formazione piu solida della penisola, attualmente. Si limita, piuttosto, a rincorrerlo e a raggiungerlo, quando non è ancora troppo tardi per farlo. Il suo calcio sostanzioso, dunque, paga di nuovo. E continua la corsa all‘apprezzamento di un collettivo che, sin qui, ha limitato - nel gioco e, talvolta, nei risultati - diverse big del torneo. Corsa all‘apprezzamento che contava pochissimi partecipanti, prima dell"avvio di torneo. E che, a lavori in corso, si è gradualmente popolata. Come è normale che avvenga. Come è giusto che accada. Il Lecce, quando non piace, assolve comunque il proprio dovere: che è quello di giocarsi il match, di ritagliarsi un proprio raggio di azione, di sostenere un progetto evidentemente affondato in fondamenta sicure. Punto dopo punto, prestazione dopo prestazione, il Lecce risponde sempre puntuale. Malgrado qualche occasione persa: che è parte integrante della sua tipologia di campionato. In cui ha già vinto la prima sfida: quella con l‘opinione pubblica. Che, agli albori della stagione, non credeva. E che, magari, adesso si pentirà un poco.

lunedì 10 novembre 2008

Bitonto, il valore delle motivazioni

Il Bitonto riemerge. Nella sfida più ostica. Nel momento di difficoltà dichiarata. Nella partita, probabilmente, più sentita. Perché, da ormai un anno, il confronto con il Brindisi sembra essere un appuntamento particolarmente atteso, se non ruvido. E prodigo di stimoli: come un derby vero, datato, di tradizione. Il Bitonto prossimo alla crisi profonda rinasce nel giorno in cui ci si può attendere di tutto: in cui il Brindisi, ad esempio, conosce la prima amarezza vera del campionato, dopo la lunga dittatura (otto vittorie e un pareggio in nove match). Eppure, è lo stesso Bitonto che aveva smarrito la strada, dimenticato come si protegge la porta, assopito i desideri. E che, all’improvviso, riacquista fiducia, energia e risolutezza. Il Bitonto che, questo è vero, contro le formazioni più titolate fatica a sbagliare la partita. Confondendosi, magari, nelle occasioni teoricamente abbordabili. Lasciando pensare che, evidentemente, sono proprio le salite più ripide a motivarlo. Anzi, a mantenere alta la concentrazione. Elemento essenziale per una squadra come quella di Ruisi, concepita e assemblata per battagliare e ringhiare. Ma che dovrà imparare edificare la salvezza anche contro avversari meno virtuosi, più terreni, meno stimolanti. Nel frattempo, però, il torneo si è addolcito. E, soprattutto, dietro non corre nessuno. Adesso, le prospettive sono rifondate. Con gli argomenti giusti.


domenica 9 novembre 2008

Il Taranto, ora, si adegui

La bufera insiste. Magari, è aggirata (non dimenticata) per opportunità: perché il campionato va e non attende il Taranto litigioso. Ma esiste e resiste. Niente, la frattura tra il vertice societario e la squadra (e, se preferite, anche tra un’anima e un’altra della squadra) non è affatto ricompattata. Ua mezza settimana di mancati incontri e mancate intese non soccorre, ma rinvia il contenzioso a data da destinarsi. E i segni di una domenica terribile (anzi, di un periodo di reciproca sopportazione) rimangono. Dunque: niente parole di reciproco incontro, nessuna cena chiarificatrice, nessun rinsaldamento dell’unione, nemmeno la focalizzazione dell’obiettivo comune: non c’è nulla. Ma solo freddezza. La spaccatura è profonda. E tutto lascia pensare che non finirà qui. Perché Blasi, numero uno del club, non vuole incontrare i giocatori e, probabilmente, i giocatori non hanno molta voglia di confrontarsi. Ma solo di percepire gli stipendi arretrati (uno, nel frattempo, è stato pagato: giusto per tamponare la situazione) e, forse, di cambiare collocazione calcistica e geografica. La ferita del dopo-gara con il Crotone è profonda: perché possiede radici ormai vecchie. Tenute nascoste per un po’. E scoperte quasi all’improvviso, tra un applauso di scherno (di Blasi, negli spogliatoi, a fine match) e qualche rancore. Ferita profonda e sanguinante: perché, probabilmente, non esiste più armonia neanche nello spagliatoio. Che qualcuno si affretta a definire già spaccato. Dove esiste una fazione che reclama i propri diritti e che non sembra propriamente ricondursi al tecnico Dellisanti, che ha sposato le ragioni della società. E che potrebbe (dovrebbe) aver preteso qualche garanzia, in prospetiva futura (in caso contrario, peggio per lui. Per lui, che nel nome del Taranto ha sacrificato un’altra stagione. Nella quale avrebbe potuto allenare altrove. Guadagnando di più: e non solo economicamente). Garanzie che, adesso, vanno riconquistate. Perché Blasi è adirato e, al momento, sembra difficile che possa avallare nuove operazioni di mercato. Se non per rimpiazzare gli epurati: perché di epurati, probabilmente, si parlerà assai presto. Allora, avanti così. Attendendo un segnale, una decisione, un sussurro. Attorno, intanto, aleggia un’aria strana. E si allarga un alone di dubbi. Dubbi che dividono sempre più la tifoseria dal presidente: il quale, ora, non dispone neanche più della sileziosa complicità della squadra: dopo aver perso già da un po’ quella della città e dell’opinione pubblica. Stampa compresa, nella sua totalità: redazione televisiva autogestita a parte, ovviamente. Ecco, la squadra. Divisa e, ovviamente, ammaccata. Ancora prima dell’incidente diplomatico, una realtà incompiuta (ovvero incompleta, cioè lacunosa, soprattutto numericamente parlando). E, in questo preciso momento, non completamente affidabile. Che pure, in condizioni normali, disporrebbe di un tecnico e di un organico autorizzati a confidare in qualcosa di meglio della semplice fuga dai playout. Malgrado tutto. Perché è giusto inseguire la verità, ma è altrettanto onesto distinguere: al di là della religione di ciascuno. Ma il presente è buio e si tutto si fa difficile. Anche per questo, la gara di oggi, a Pistoia, è un momento importante. E come tale va affrontato. Il Taranto, quindi, si adegui: al di là delle beghe di quartiere. Si adegui: sotto qualsiasi aspetto. Perché il campionato è cambiato. Ed è peggiore di quello che la gente sospettava di dover subire.

sabato 8 novembre 2008

Numeri, non opinioni

Il peggiore attacco di tutti i campionati professionistici non è un’opinione. E’ un dato certificato. Che aiuta a comprendere. E che non assolve. Anche se, più volte, la squadra riesce ad esprimersi, cioè a pensare e imbastire. Come domenica scorsa. E come in altre occasioni: grantiscono le cronache. Tre gol segnati in dieci partite, però, illustrano meglio delle parole. E il Manfredonia, con questi numeri, non può attendersi niente di più e niente di meglio. La caduta (la quinta stagionale) ad Isola del Liri trascina la formazione di D’Arrigo nei bassifondi (più due sull’ultima della classe, la Vigor Lamezia). E l’immensa gioventù dell’organico, da sola, non può giustificare il dato. Non può giustificarlo in ogni circostanza, almeno. Intanto, la consapevolezza di non sembrare poi così deboli potrebbe illudere la squadra e la società. Potrebbe deviare il discorso, sbiadire quelle che sono le priorità. Le priorità che andranno affrontate, nel mercato di riparazione. Senza che il progetto giovane corra il rischio di svalorizzarsi. Oggi, del resto, il Manfredonia è un club economicamente sano. E, per questo, può operare con maggiore tranquillità. Annientando il pericolo di rivivere il dramma dello scorso campionato. E quell’involuzione ripida e veloce di dodici mesi fa.

venerdì 7 novembre 2008

Barletta, alta tensione inopportuna

Il Barletta, questa volta, si piega sotto il peso della sua stessa apprensione, del suo nervosismo. Prima ancora che sotto il peso dell’avversario. E finisce il match di Barcellona in nove, rinunciando al concetto di giocarsi sino in fondo una partita possibile. In cui c’è un’Igea Virtus evidentemente motivata e, dunque, aggressiva. Tanto da condizionare la formazione di Chiricallo, che si arrampicherà pure su qualche decisione del giudice di gara. Il Barletta, peraltro, rimedia allo svantaggio, ma l’equilibrio del risultato si frantuma presto. Ed è proprio allora che la squadra crolla mentalmente. Rischiando persino un passivo più vistoso. Verità che lo stesso coach non si sente di mascherare. Sottolineandola, anzi, a microfoni aperti. Ed astenendosi dal giustificarla. Quello di Barletta, del resto, non è un ambiente morbido. E attorno al Barletta continuano a convivere esigenze ingombranti. Perché è anche l’ambiente che fa la squadra e ne indirizza le fortune. Intristisce, semmai, constatare che il problema affiora (o riaffiora) quando la classifica è rassicurante, in coda ad un momento di discreta amministrazione del campo e di sviluppo. Può essere, però, che la vicinanza geografica con il quartiere dei playoff abbia deviato l’obiettivo reale (la salvezza, magari senza troppo penare) e minato la ragionevolezza. Se così fosse, il pericolo è serio. In C2 le distanze sono sempre corte e la regolarità è un bene prezioso. E il nervosismo, invece, un cattivo alleato.

giovedì 6 novembre 2008

Di nuovo il Gallipoli

Di nuovo il Gallipoli. Per contestare una crisi che, giura Giannini e giurano tutti, non esisteva. Per riacquistare il passo. Per dimostrare che la volontà è viva e le possibilità del gruppo sono intatte. Per azzerare tre gare un po’ particolari, in cui le coordinate del calcio prodotto e del risultato ottenuto non si sono incrociate. Di nuovo il Gallipoli, con i suoi singoli devastanti, con la sua potenza esplosiva, che esplode tutta assieme dopo la sfida lanciata dalla Cavese, che prima si porta in vantaggio e poi affonda sotto il peso di cinque reti pesanti e inequivocabili. Di nuovo il Gallipoli, ancora nei paraggi dell’Arezzo e della prima piazza. Per affermare che la partenza felice non è un bluff, né una menzogna e neppure un’eresia. Per ribadire che è giusto continuare a credere nel suo lavoro quotidiano e nel suo progetto. Tante volte, tanti protagonisti si sgonfiano, prima o poi. E reagiscono molto male alle prime traversie. Ma il Galipoli, è evidente, non si è sgonfiato. Ha masticato amaro, sì: ma è ancora sul proprio binario. Sul binario giusto. Anche se questo non basta e non può bastare. E’ sufficiente sapere, però, che il Gallipoli è un blocco vero, uno spogliatoio unito. E non è una frase artificiale: la sensazione, piuttosto, è reale. Certe cose si intuiscono, si vedono. Al di là di quello che sarà o che potrà essere.

mercoledì 5 novembre 2008

Il Foggia pratico e solido dello 'Zaccheria'

Il Foggià è gruppo tarato per lo Zaccheria. Adesso è davvero ufficiale. E, se lontano dalla Capitanata si distrae, sul campo di casa non fallisce mai. Paga l’intero pedaggio anche l’Arezzo di Cari. E non ci sono troppe controindicazioni: la squadra gestita da Novelli gioca di più e di più crea, senza lasciarsi inghiottire dal timore reverenziale nei confronti della capolista. Mostrando progressi anche in fase di contenimento, quando – a pareggio temporaneamente raggiunto dai toscani – supera senza danni eccessivi il momento di forcing avversario. Di più: sottolineando i propri progetti di conquista con l’acuto di Del Core prima e di Mancino poi, che pure sgorgano in mezzo ad una gara affrontata in inferiorità numerica per settanta minuti. Dato, questo, che testimonia la praticità del Foggia, formazione che costruisce sin qui sei successi e diciannove punti complessivi con soli dieci realizzazioni: appena una in più del Potenza, ultimo della classe, sette in meno del Gallipoli e nove dello stesso Arezzo. Praticità che significa anche solidità: da abbinare, adesso, a qualche lampo sull’erba altrui. Il Foggia attuale può spremere da se stesso coraggio di osare. La convenienza diventerebbe evidente.

martedì 4 novembre 2008

Brindisi, risposta netta

Cinque schiaffi anche al Pomigliano. Il Brindisi insiste e recupera il gusto del successo. L’opulenza tecnica scrive ancora una volta il destino del match, che s’inquadra nella felicità d’espressione del collettivo. Forse liberato dalla schiavitù di rispettare il ritmo autoimposto nella prima parte del campionato (il pareggio di Grottaglie, da questo punto di vista, forse, conserva la sua utilità di fondo) e, perciò, mentalmente più elastico. E, sicuramente, stuzzicato dalla partenza agile dei campani, che bussano presto e passano a condurre lo score. Per dieci minuti e non di più, però: perché la gente guidata da Massimo Silva reagisce da squadra che sa districarsi anche nelle situazioni più scomode, stabilendo le ragioni e le distanze. Soddisfacendo, infine, una domanda che già circolava. Come replicherà il Brindisi, ci chiedevamo, quella volta che si troverà a rincorrere per la prima volta il risultato? La risposta è semplice, netta. Bene, benissimo. Con lucidità e forza. Messaggio ricevuto.

lunedì 3 novembre 2008

Crisi di gioco. E di nervi

Analizziamo in ordine cronologico. Prima, l’esclusione un po’ misteriosa dallo schieramento di partenza del Taranto anti Crotone di Nordi e Pagliuca, neppure convocati, incuriosisce non poco. Poi, l’armata spenta e insicura, istintiva e apprensiva di Franco Dellisanti inciampa nelle proprie debolezze, s’impantana nella sua manovra slabbrata e disorganica, si incupisce e cede il risultato intero. Affogando, paradossalmente, nel suo momento migliore, o meno oscuro, ma sconfessando le frasi di circostanza dello stratega di San Giorgio. E vanificando anche tutte le lacunose ripartenze (perché è il Crotone cha appalta la gara, che la istruisce, che la conduce: e le parole di Moriero, coach pitagorico sin troppo esigente con i suoi ed eccessivamente comprensivo con l’avversario, non modificano la sostanza delle cose). Infine, dopo il novantesimo, all’interno dello spogliatoio deflagra la delusione, sconfina il nervosismo: e già si narra di tensioni estreme sorte tra parte della squadra e il presidente Blasi. Parecchi, anzi, avrebbero chiesto la rescissione del contratto. Sinonimo di rottura più o meno insanabile. Traduzione: il Taranto è nel vortice di una crisi di gioco, di risultati e di nervi. La prima domenica di novembre, in riva a Mar Piccolo, è la peggiore del campionato: per quello che racconta il campo e per quello che accade al di fuori. Per quanto si intuisce e per quanto sottolinea la classifica, diventata particolarmente severa dopo tre sconfitte di sèguito. Argomentazioni tattiche a parte, sembra che la squadra sia un po’ sfuggita al trainer e che l’involuzione abbia travolto anche la società. Quella stessa società che, inappropriatamente, ha ipervalutato il proprio patrimonio tecnico, rifugiandosi in un avvio di campionato abile nel mascherare certi limiti. Limiti strutturali che resistono e si amplificano. Mentre, lentamente, affiora la verità.

domenica 2 novembre 2008

Francavilla, anticipo onorevole

Rischia qualcosa, a match appena nato. Ma il Francavilla, a Nocera, sa trovare una quadratura, guadagna metri e, abbastanza presto, imbriglia l’avversario, limitandolo e rintuzzando. Anzi, nell’anticipo del sabato sfiora pure il vantaggio: e, proprio per questo, l’unico e decisivo gol della Nocerina – che sorge praticamente inatteso, a metà della prima frazione di gioco – dispiace un po’. Come dispiacciono l’inutile presenza sul campo della formazione di Francioso, la vana prestazione che non risente di timori reverenziali, le massicce e inefficaci operazioni offensive dell’ultima parte dell’incontro. Manca qualcosa, piuttosto, al momento di finalizzare: difetta qualche accelerazione e un tocco di lucidità in prossimità della porta. Cose che, alla fine, incidono. Senza privare, però, il Francavilla delle attestazioni di buona condotta. Che depongono a favore, nell'immediato futuro.

sabato 1 novembre 2008

Un portiere per il Grottaglie

Il Grottaglie prova a reagire. Prima sul campo (il pareggio strappato al Brindisi è moralmente utile) e poi dietro la scrivania, tamponando i sintomi del disagio. Ovvero, ricorrendo all'elenco degli svincolati. Come il portiere Di Leo, bolognese contrattualizzato per recuperare un po' di tranquillità in fase di non possesso. Il club, da questo punto di vista, non lesina gli sforzi. Anzi, si ribella allo stato di crisi strisciante. Consegnando input nuovi alla squadra: che mai, come in questo momento, necessita di un contributo suplettivo di fiducia. Di questo, la gente che tifa può essere sicura: il vertice societario sorveglia la situazione e, appena può, agisce. Magari, si ripeterà: tentando di convogliare nella lista dei disponibili energie nuove. In tribuna, domenica scorsa, assisteva al derby Simonetti, punta che in D potrebbe far comodo, a infortunio completamente assorbito, e già apprezzato in diverse piazze di Puglia: chissà. Qualcosa, allora, si muove. Perchè il Grottaglie non riesce ad assuefarsi ad un presente difficile. E, soprattutto, inatteso. Aspettando ulteriori novità, però, la formazione di Del Rosso dovrà aiutarsi da sola. E rincorrere quello che non ha saputo offrire, sin qui. Intanto, assicura il tecnico, la quadratura dell'assetto di gioco si sta avvicinando. Ma, al di là delle parole, urge dotarsi di continuità: adesso che il problema della porta sembra risolto, è questo l'obiettivo principale.

venerdì 31 ottobre 2008

Il malessere stagna e Geretto rischia

Il malessere stagna. E il Monopoli si confonde pure a Noicattaro. Reggendo il pareggio per un po’: ma finendo per arrendersi. L’accusa più esplicita rivolta alla squadra è quella di essersi sottomessa troppo presto all’ineluttabilità degli eventi. Di aver allentato la presione prima del tempo. A fronte di una prima parte della gara neppure eccessivamente negativa. E di qualche opportunità (sprecata) di rientrare nelle coordinate della partita. Ma non è una novità: Pugliese e soci si esprimono, nel migliore dei casi, per quarantacinque minuti. E, comunque, mai con continuità. I limiti strutturali, peraltro, soni noti: inutile, allora, sottolinearli. E inutile è anche dolersene troppo: sino a gennaio, sarà impossibile attrezzarsi meglio. La società lo sa bene e lo ha ribadito in queste ore: minacciando velatamente, nel contempo, il tecnico. Che, adesso, rischia l’esonero. E che, intanto, non potrà neppure inventarsi troppo: anche perché ugualmente consapevole dei problemi. Ai quali, sin qui, non ha potuto efficacemente fronteggiare. Geretto, però, sbaglia a ipervalutare – ogni domenica – la prestazione del Monopoli: parlando di una squadra padrona del campo. E ingiustamente penalizzata. Nascondere la verità è antiestetico e anche ingiusto. Anche nei suoi stessi confronti: soprattutto ora. In un momento in cui potrebbe pagare: per tutto e per tutti.

giovedì 30 ottobre 2008

Due nomi ritrovati. Per sempre?

Forse, al Noicattaro, difettava anche la fiducia. E la vittoria sul Cosenza è servita innanzi tutto a iniettargliela. Comunque, il collettivo di Sciannimanico, nelle ultimissime settimane, si è un po’ quadrato. Il derby (vinto) sul Monopoli supporta la tesi e rilancia le ambizioni di salvezza di una squadra apparsa più serena e più sicura. E, al di là di tutto, depositaria di un calcio più fluido, ovvero più continuo. La strada che porta all’obiettivo unico, dunque, è ancora impervia, ma anche più breve. Ancorchè contrassegnata da un paio di novità. La prima è la ritrovata perizia balistica di Rana, un attaccante che deve cancellare qualche stagione oscura e anche un approccio arruggino a questo campionato: e, per questo, già spesso stuzzicato dalla propria tifoseria. La seconda è la mobilità riacquisita da un guerriero antico come Deflorio, uno che deve affronatare i postumi di troppi acciacchi e le insidie del tempo che avanza. Un derby, però, fa statistica, ma non la storia. Il problema (da risolvere) è capire se certi segnali sono temporanei, intermittenti o definitivi. Se, cioè, Rana e Deflorio potranno assicurare un trend di rendimento sufficientemente affidabile sino alla fine. Parliamo di gente contrattualizzata per segnare, non di gregari qualunque. E il discorso è assolutamente fondamentale.

mercoledì 29 ottobre 2008

Manfredonia, cattive notizie

Cattive notizie, da Manfredonia. La formazione di D’Arrigo non sa più segnare, neppure dagli undici metri, e frana: e la striscia negativa si amplia. Diranno: difetta la precisione, davanti alla porta altrui.. Ma un problema esiste: ed è pure più grande di quanto sia lecito sospettare, a questo punto. E’ un problema di personalità, forse. Oppure di carattere: che è un po’ la stessa cosa. Di certo, la manovra non incide, perché sprovvista di continuità e di intuizioni. Il Manfredonia non graffia più, neppure in casa. E anche la Vigor Lamezia, ultima forza del torneo, guadagna considerazione. Altro problema: il profilo psicologico della squadra e dell’ambiente sta soffrendo. E qualche sicurezza sta appassendo. Nel mezzo del cammino, accadde anche dodici mesi addietro, dopo un avvio complessivamente incoraggiante. E questo campionato del Manfredonia assomiglia sempre più a quello dell’anno scorso.

martedì 28 ottobre 2008

Brindisi, l'apparenza non inganni

Il Brindisi del derby non è propriamente quello che attendevamo di incrociare. Qualche sprazzo di manovra agile e un po’ di combinazioni ben assimilate non devono tradire. Come la netta superiorità territoriale esercitata nella seconda parte della gara. In realtà, di fronte il Grottaglie, la gente guidata da Silva, si presenta vagamente contratta e anche un po’ tesa. E, sinceramente, non capiamo il perché: sette vittorie su sette – quelle assommate prima di ieri – dovrebbero, invece, infondere sicurezza e ottimismo. Non convince, peraltro, la gestione di troppe palle in fase di contenimento, ovvero di alleggerimento, e di un discreto numero di situazioni. Quella degli ultimi minuti compresa: proprio quando sgorga il pareggio jonico. No, al D’Amuri il Brindisi non è freddo, né sempre razionale: anche se le cronache, indistantamente, dimenticano di sottolinearlo. Magari, è consapevole della propria forza e crede (ingiustamente) di poter vincere comunque la partita. Quando sta per riuscirci, però, paga tutto. Anche la supponenza. I novanta minuti non mentono. E il vantaggio di Chiesa, saltatore di piccola taglia che segna di testa, non può nascondere il resto. Sul quale il coach è chiamato a riflettere. Proprio adesso, quando la classifica è ancora assai felice.

lunedì 27 ottobre 2008

D'Amblè salva il Grottaglie

D’Amblè salva il Grottaglie. Dalla sconfitta e dallo sconforto. E, probabilmente, dalla standardiddazione del disagio. Che non si eclissa. E che, ora, però, la formazione di del Rosso si propone seriamente di combattere. Utilizzando, magari, quello stesso ardore speso nella prima mezz’ora del derby. D’Amblè salva il Grottaglie, al fotofinish. Ed è l’uomo più indicato, nel ruolo. Perché è il più diligente, il più redditizio, il più continuo, il più preciso. Il Brindisi è raggiunto quando sta per materializzarsi l’ennesima amarezza ed è anche più giusto così, in fondo. Ma i problemi, sia chiaro, restano. Tre su tutti: Latartara, contrattualizzato per cantierizzare la manovra, continua a non rappresentare, per la squadra, il punto di riferimento. I compagni lo cercano poco e il ragazzo si fa vedere meno. E quando potrebbe esserci, cade nella tentazione dell’errore. O della banalizzazione della giocata. Poi: il portiere (Vitale, un under) non offre tranquillità al resto della linea difensiva, già in difficoltà per proprie pecche, e fa tremare il collettivo. Infine: le risorse psicologiche sono limitate. Tutti inciampano nel timore di fallire, autocondizionandosi e limitando la proprie possibilità. L’impressione, però, è che il punto possa servire più di quanto sembri. Perché la fiducia si acquista con i risultati: e quello di ieri lo è. Soprattutto perché arrivato a tempo di recupero già avviato, contro l’avversario peggiore da incontrare, in questo momento. E poi perché, tra le righe, si affaccia la volontà di soffrire. Di provarci. Da qui, allora, occorre appaltare i progetti di riconquista di una classifica più degna. Il tempo c’è. Ed è disposto ad attendere il Grottaglie.

domenica 26 ottobre 2008

Bari, normalità riacquisita

Il sabato di Caputo (tre gol tutti insieme non proprio all'esordio in B, ma quasi) diventa il giorno del Bari. Che firma il ritorno alla vittoria (contro il Grossetto) e, magari, alla normalità: dopo una settimana un po' così. Meglio ancora: al fianco del risultato, c'è anche una discreta produzione di gioco utile a recuperare il rapporto con la piazza. La squadra di Conte, questa volta, parte e arriva. Non si nasconde a metà dell'opera, ma s'impossessa del campo: dall'inizio alla fine. Reagendo. Al momento storico e al break dell'avversario, che raggiunge il temporaneo pareggio in inferiorità numerica, al sorgere della seconda parte di match. Vince il Bari e sembra vincere l'animo forte e battagliero di un collettivo che aveva perso fisionomia e caratteristiche, praticamente all'improvviso. E che, praticamente all'improvviso, si arrampica sull'orgoglio, riacquistando le antiche consuetudini. Oggi, quella parentesi amara sembra chiusa. Certo, non fidarsi è meglio e vigililare non guasterà. Conte l'ha già capito. E, forse, sa già dove e quando intervenire.

sabato 25 ottobre 2008

Gallipoli, nessun dubbio

Spigolando tra tabellini e classifica, l’evidenza dei numeri lascerebbe pensare che il Gallipoli, da due giornate a questa parte, abbia sperperato una parte di credibilità e allentato la tensione. Cioè allontanato un sogno troppo grande. O chiarito il suo vero spessore all’interno del torneo. Un punto guadagnato in centottanta minuti (sconfitta a Foggia e pari interno contro l’Arezzo capolista) potrebbero, anzi, aver eliminato qualche prurito. Niente affatto, invece. L’ambiente sembra essersi ancora più convinto che la cittadinanza nell’aristocrazia della terza serie è assolutamente legittima, insindacabile. E proprio lo scontro contro i toscani ha rafforzato il concetto, in virtù di una prestazione che non ha creato complessi di inferiorità. Di più: rovistando tra i commenti e le reazioni, sembra che la gente, la squadra e il suo presidente abbiano assorbito con dignità e stile alle prime vere difficoltà di percorso. Scongiurando il pericolo di qualsiasi polemica, annacquando la delusione con l’orgoglio e la consapevolezza di poter continuare a credere in un progetto che non merita di deprezzarsi. Fortificando l’animo, che poi è il modo migliore per ripartire. E ripartire bene: già da questo pomeriggio, sull’infuocato terreno del Pescara. I risultati, del resto, si costruiscono sul campo. E, sempre più spesso, fuori dal campo.

venerdì 24 ottobre 2008

Fasano, squadra di categoria

Tra gli affanni diffusi di tanti e l'incedere autorevole del Brindisi, la D comincia ad apprezzare il carattere e la raggiunta solidità del Fasano. Formazione che, ovunque, battaglia sino in fondo e che, ormai, si è dotata del passo e delle caratteristiche fondamentali per reggere in quinta serie. Poca accademia e nessun tributo alla fantasia, ma concretezza e regolarità: è quello che serve per preservare la classifica e per affrontare le insidie, come quelle incrociate domenica a Francavilla sul Sinni, su un terreno piccolo e ostico. Dove le condizioni ambientali possono incidere. Stringe i denti il Fasano. Ed è sempre in gara. Sapendo che il suo cammino dipende dall'approccio felice di ogni partita. E che la D si conserva con la sostanza e lo spirito. Le squadre di categoria fanno così: e il Fasano, adesso, sembra proprio una di queste.

giovedì 23 ottobre 2008

Settantadue ore che deturpano l'immagine

Bastano settantadue ore per scalfire il feeling. Tre giorni amari sono sufficienti a deturpare l'immagine del Bari. Sconfitto il sabato - e senza eccessive attenuanti - ad Avellino e, il martedì successivo, piegato a domicilio dal più sostanzioso Sassuolo, ma con un risultato netto, imbarazzante. Due partite distratte e lacunose, cioè, rischiano di cancellare la campagna di simpatia e il progetto di riqualificazione ambientale inaugurato dal club in estate. E sì, perchè immediatamente dopo il match la disapprovazione popolare non si contiene. E colpisce anche Conte, che per la folla è il garante principale del nuovo corso. E del quale non piacciono alcune valutazioni tecniche. Niente di strano, tuttavia. Davvero. Questo è il pallone. Dove il credito accumulato serve esclusivamente quando il saldo è positivo. Esaurendosi impietosamente e in fretta. Chiaro, il momentaccio potrebbe passare. E l'equilibrio potrebbe recuperare il proprio posto. Ma il Bari, al di là della brillantezza e delle qualità individuali, dovrà impossessarsi nuovamente di quel sacro furore dimenticato chissà dove. Che è poi il requisito preferito dal suo condottiero. Cioè l'allenatore ideale per pretendere dal collettivo sudore e ardore. Da sùbito.

mercoledì 22 ottobre 2008

Salgado si risveglia, il Foggia dilaga

Salgado si risveglia. Tre gol, tutti in una volta, significano pure qualcosa. E non fa niente se due arrivano dagli undici metri. L'effetto è ottimo ugualmente. Le realizzazioni del cileno - ma, più in generale, le sue giocate, il suo intuito, il suo apporto - sono fondamentali per i progetti di Novelli e la lievitazione della squadra. Come sono basilari la sua serenità all'interno del gruppo e la consapevolezza (ritrovata, speriamo) di detenere un ruolo specifico nello scacchiere. Se i problemi caratteriali e relazionali sono definitivamente superati, i benefici si alimenteranno ancora, questo è ovvio. Anche per questo, probabilmente, il passo indietro abbozzato sia dal giocatore che dal tecnico dopo le polemiche neppure troppo sotterranee si rivelano immediatamente spendibili. Così come la sin qui sconosciuta sensibilità dell'ambiente tutto, che ha saputo discretamente ovattare la situazione di disagio. Evitando, se non altro, di acuire certi spigoli. E di dimenticare in fretta l'incidente, agevolando la pianificazione dell'armistizio. Di questo va dato atto. Ed è un segnale buono: quanto e più di una classifica che si conferma importante. Almeno, prima di una nuova trasferta: domenica prossima si emigra a Caserta, casa temporanea del Marcianise. E il problema, come sappiamo, è la gestione dei match esterni. Non è mai troppo tardi, però, per rimediare. Soprattutto se c'è un Salgado in più su cui contare.

martedì 21 ottobre 2008

Lecce, che classifica

Il calcio dà e poi toglie. Dà al Lecce e toglie all’Udinese. E poi viceversa. La partita più irrazionale della giornata arricchisce la fantasia della squadra di Beretta, che si convince sempre più di dover e poter osare. E, infine, la punisce. Riconsegnandole la certezza di un dato: la tranquillità, cioè, non esiste. Ovvero, niente è scontato. E i regali occorre meritarseli. La generosità dei friulani, alla fine, si incrocia con quella dei salentini: e quel che resta è un punto. Un punto che vale, però. Che non rafforza la classifica, ma che la stabilizza. Centrando l’obiettivo principale. Già, la classifica: la stessa di un collettivo più attrezzato e accreditato di altre ambizioni come la Juve. Migliore di quella sin qui conquistata dalla Roma. Decisamente più florida di quella del Torino e della Sampdoria. Si faccia avanti chi l’aveva previsto. Non vedremo nessuno, ne siamo certi. Sì, la classifica. Come dire: il motore del pallone. Ma forse la città e il Salento tutto non se ne sono ancora accorti: poco più di novemila persone sugli spalti non rendono giustizia. Né alla squadra, né alla società.

lunedì 20 ottobre 2008

Un solo tempo per galleggiare

D'accordo, il secondo tempo del Monopoli è più incisivo e motivato e certo, alla fine, l'occasione più florida del match càpita tra i piedi della squadra di Geretto, a pochi passi dal fischio finale. Il pareggio realizzato di fronte al Catanzaro, tuttavia, risolve poco e non sgrava il presente dai dubbi antichi. Ceccarelli e soci, nella prima parte della gara, cedono troppo campo, soccombono nei contrasti e sfigurano nell'uno contro uno. La grande quantità di errori tecnici deturpa lo svolgimento della manovra, tenera e impacciata. La retroguardia continua a non offrire troppe garanzie e Thackray è ancora una volta inguardbile. La linea mediana è sempre costretta a rincorrere. E il pacchetto avanzato vive di riflessi lontani. La controparte, tatticamente un po' sgranata e anche spuntata, non lo punisce. Ma le difficoltà, per quarantacinque minuti, si vedono. E regalare ogni volta almeno un tempo all'avversario non sembra una buona idea.