sabato 31 gennaio 2009

Il Foggia e il suo calcio in equilibrio

Il Foggia e il suo calcio in equilibrio. Equilibrio concettuale: tra la politica del contenimento dei costi (ringiovanimento graduale dell'organico e affidamento tecnico ad un trainer che chiede unicamente di poter lavorare senza eccessivi assilli, anche e soprattutto con materiale umano di prospettiva) e l'esigenza di non voler deludere una tifoseria esigente. Equilibrio cortese: tra la sostanziale obbedienza ai programmi di partenza e la necessità di consolidare l'attuale condizione di discreto privilegio, a ridosso del quartiere dei playoff: che, forse, non entusiasma troppo, ma che neppure deprime tanto. Equilibrio prezioso: di fronte alla prospettiva di tagliare ancora i costi (via Del Core, ad esempio) e alla soddisfazione di cominciare a scoprire i progressi del progetto (Troianiello e qualche altro sono giovani che il tempo e l'impiego costante hanno lasciato e lasceranno emergere). L'equilibrio, però, è sempre esercizio di fatica. Soprattutto se, a lavori in corso, le onde indiscrete della radio del pallone somministrano notizie più o meno attendibili, più o meno affascinanti, più o meno gestibili, più o meno opportune. Come quelle dell'esistenza, più o meno segreta, di un nuovo soggetto interessato all'acquisizione della società. Di un compratore dal cognome persino ingombrante e dal passato calcistico più o meno controverso, più o meno felice, più o meno angustiato. Ma sempre molto chiacchierato, nel bene e nel male. Il cognome di Luciano Gaucci, ad esempio. Che, in Italia,, non è ancora tornato, ma che sta per tornare dall'esilio invidiabile di Santo Domingo. Che può piacere o non piacere. E che, addirittura, può destabilizzare l'equilibrio faticosamente costruito dall'ambiente o la programmazione stessa, a cui occorre un proprio tempo tecnico di gestazione. Magari, però, di vero non c'è niente. Forse, sono soltanto fibrillazioni di metà stagione. Probabilmente, le voci sgorgano nel periodo meno indicato. Sicuramente, tuttavia, se ne parla, più o meno sommessamente. E un motivo, chissà, ci sarà pure. Non ci resta, perciò, che capire quale.

venerdì 30 gennaio 2009

Grottaglie, progressi vanificati

Il Grottaglie ferisce se stesso e annacqua ogni sintomo di progresso. Così, all’improvviso. E annienta buona parte del buon umore ritrovato. Aveva imparato a correre, a lottare. A disputarsi ogni metro di campo. Ad aggredire. Ricevendo, in cambio, attestati di buon comportamento ed assicurazioni tangibili dalla classifica. Storia di poco tempo fa. Poi, il risveglio brusco: sconfitta a Sant’Antonio Abate e, sette giorni dopo, pari ruvido e affaticato sul campo di casa, di fronte alla versione lucana del Francavilla. Dino Orlando, il coach, non ha elemosinato attenuanti e non ha neppure nascosto il bagaglio delle preoccupazioni. Perché, semplicemente, la squadra – in due gare di fila – ha praticamente vanificato gran parte dei vantaggi collezionati nell’ultima parte del girone di andata. Una squadra – proviamo a interpretrare il momento storico – che, probabilmente, ha creduto di poter abbandonare la ricetta più genuina per inseguire la speranza di ottenere il meglio con i metodi antichi, già bocciati dal passato recente. Provando a giocare come non deve. Come il campionato ha decisamente sconsigliato, sin qui. Credeva, il Grottaglie, di aver colmato il gap. Oppure, di sentirsi in diritto di prescindere da certe virtù belliche. Sbagliando, evidentemente: e cadendo, probabilmente, nel peccato di supponenza. Con il quale è difficile salvare la categoria.

giovedì 29 gennaio 2009

L'episodio che premia il Monopoli

Un episodio modifica il corso del gioco. E’ quasi sempre così. Prendete il Monopoli, imballato e pressato dall’Andria. Anzi, ingabbiato. Il Monopoli che non trova spazi e tempi, che deve accontentarsi degli scampoli di calcio che gli lascia l’avversario. Che deve lasciarsi soddisfare da quello che gli viene permesso. Cioè poco. Il suo derby è ostico e, allora, è lecito augurarsi che piova un episodio felice. Il calcio di rigore trasformato ad inizio di ripresa da Ceccarelli lo è. Da lì in poi, cambia tutto: e la gente di Geretto passa, avvicina in classifica proprio l’Andria e vede i playoff. Però c’è anche qualcos’altro di buono, sotto. Il Monopoli di questi tempi equilibrati non si scoraggia e non si deprime. In altre occasioni, magari, si sarebbe disunito. Questa volta no: il derby lo attende e lo premia. Questa C2, poi, preferisce la compattezza, che affiora là dove convivono buone intenzioni e limiti strutturali. Dove la tecnica è un valore davvero aggiunto. Quella compattezza di squadra che aiuta a catturare l’episodio, forse. L’episodio che modifica il corso del gioco. E’ quasi sempre così. L’abbiamo imparato, ormai.

mercoledì 28 gennaio 2009

L'ultimo passo del Richelieu di provincia

Blasi, presidente umorale, ribadisce che il nuovo (l’ennesimo) capitolo del calcio a Taranto è inaugurato. E che, anzi, i lavori strutturali sono abbondantemente avanzati. Avanzati nella diffidenza della frangia più tosta del tifo: che, più o meno legittimamente, non si fida e continua a contestare. L’atmosfera, però, si è alleggerita: e di questo siamo testimoni. E non solo perché qualche movimento di mercato potrebbe aver rafforzato una squadra che, intanto, a Benevento, nell’ultima manche di campionato, conferma pecche e distonie assortite. Tecnicamente, tatticamente e psicologicamente parlando: giusto per essere chiari. E per non cadere nel tranello del buonismo che accompagna la fine di ogni tempesta. Qualcosa si muove, tuttavia: anche se il club che oggi non ha ancora una sede che e sta cercando di ritagliarsi un futuro credibile (fuori e dentro dal campo) resta un universo a parte nelle cose del pallone. Anche se la gestione di certe situazioni rimane sempre singolare. Anche se lo scirocco, sullo Jonio, soffia regolarmente ed è sempre difficile prevedere cosa trasporti. Anche se, nel cuore del problema, esistono altri cento problemi: tutti irrisolti, o quasi. Eppure, qualcosa si muove. Parlano i piccoli segnali, le magre sensazioni. Ad esempio: da ieri, Vittorio Galigani non è più il direttore generale del Taranto. Dimissioni irrevocabili, si legge nel comunicato ufficiale divulgato all’Ansa. Ottima notizia, che la tifoseria apprezza. La voce, in realtà, circolava da molto. Anzi, tantissimi la aspettavano (ansiosi) da tempo. Sicuramente, di Galigani pochi avvertiranno la mancanza, da ora in poi: esattamente quello che era accaduto, sempre a Taranto, un altro paio di volte, nel passato. E che era accaduto anche altrove: a Cagliari, Perugia, Terni, Avezzano, Trapani e in tanti altri angoli del Paese. A pochi mancherà quell’atteggiamento un po’ così, da Richelieu di provincia. E certi metodi – diciamo così – particolari. Non mancherà all’opinione pubblica. Non mancherà a chi, sul campo, scende ogni domenica. Non mancherà alla stampa. E non mancherà, forse, neppure a Blasi: che, con lui, ha condiviso un cammino sufficientemente lungo. E che, adesso, sembra essere sintonizzato su canali diversi da quelli dell’ex diggì. Anche per la questione-stadio, come si sussurra: una storia che la società (e, soprattutto, Galigani – questa è l’accusa – ha impostato e condotto con diverse imperfezioni, sin dall’inizio). E che, di fatto, priva ancora la gente dello Iacovone: nonostante i famigerati tornelli siano arrivati da qualche settimana e l’intera area dell’antico Salinella sia stata requisita da recinzioni di ogni tipo. Ovviamente inutili: perché le misure di prevenzione allontanano solo chi non ha interesse a incendiare l’ambiente e non respinge, invece, quanti vogliono destabilizzarlo. Il disimpegno (o l’esautoramento camuffato) di Galigani, dunque, è una novità forte: che male non farà. E che potrebbe accelerare quel processo di ariavvicinamento tra Blasi e Taranto. Per questo, oltre che buona, la notizia è strategicamente interessante. E va sottolineata. Proprio nel momento in cui molti staranno festeggiando: persino qualche ex amico della prima e della seconda ora. O qualche datato compagno di viaggio che, nel frattempo, ha scavalcato la barricata. Una barricata sempre molto tenera e molto bassa, a Taranto. Come le probabilità di non rincontrare Galigani: uno che sa riciclarsi puntalmente. Riuscendoci anche bene.

martedì 27 gennaio 2009

Lecce, nel vortice della paura

Beretta parla di paura. Paura di vincere, cioè di giocare. Ovvero, di non potersi imporre. Ovvero, di sprofondare. Castillo, negli spogliatoi, si accoda. Gli osservatori, nessuno escluso, concordano. E Semeraro, il patron del Lecce, argomenta di un disastro. Ovvio: perché il pareggio sull’erba amica nello scontro diretto con il Torino (probabilmente la formazione meno dotata - dal punto di vista caratteriale - del torneo e , forse, anche la meno armata di personalità), è una vera e propria bocciatura, per una squadra che non sa difendere il vantaggio (anche cospicuo), che non sa governarsi emotivamente, che si sbriciola con facilità. E, se l’allenatore e i giocatori ammettono un intimo timore, senza neppure ripararsi dietro il pudore di nasaconderlo, il dato appare grave. Perché, prima di qualsiasi altra valutazione, sottintende la sopravvenuta fragilità in cui ritiene di albergare il gruppo, peraltro denudatosi e denunciatosi con trasparenza e franchezza.. Unna fragilità che si trasforma facilmente in nervosismo: come tanti piccoli episodi quotidiani finiscono per rivelare. E che la contestazione della gente, magari anche legittima ed ormai palese, non aiuterà a dribblare. Complicando, piuttosto, il processo di ravvidemento di un collettivo provato e anche più solo.. E minacciato dalle sue stesse insicurezze.

lunedì 26 gennaio 2009

L'Andria e il treno delle occasioni

Il derby del Veneziani sembra accarezzare le ambizioni dell’Andria, che si fida delle apparenze e finisce per pagare. Lo schiaffo è sonoro: perché la manovra della formazione di Di Leo, da sùbito, è più fluida e lo scacchiere, sul campo, si disegna alto. Il Monopoli soffre: l’organizzazione di gioco ospite, invece, è più spendibile e le ripartenze sono fastidiose. Ottobre e soci non si scoprono, sono sempre presenti, reattivi. Si ambientano presto nei meandri del match, sanno occupare bene il campo. Ma l’Andria, pur possedendo le chiavi della partita (Ottobre colpisce anche un palo), non forza. Preferendo salvaguardare l’idea di conquistare il minimo garantito. E, forse, è questo l’errore. E sì, perché il vantaggio della gente di Geretto (dagli undici metri) devia la storia della partita e disfa la strategia andriese. La seconda parte del derby impone ai biancazzurri un inseguimento che non si attualizza. L’Andria non può più gestirsi e controllare il traffico, né approfittare delle contingenze. Anche tatticamente, la contesa è cambiata: e, a quel punto, favorisce chi è già padrone del risultato. Allora, riavvolgendo il nastro del derby e anche quello del campionato (facile pensare alla recente vittoria sperperata contro il Manfredonia), sorge spontaneo un quesito: che la squadra si accontenti troppo spesso, perdendo il treno delle occasioni?

domenica 25 gennaio 2009

Formuso va, l'emergenza del Fasano si amplia

L'emergenza comincia a soffocare il Fasano. E, se l'emergenza si chiama indisponibilità di tanti, troppi titolari, il problema diventa serio, prima o poi. Malgrado coach Maiuri, responsabilmente, si spenda spesso ad affermare il contrario. Gli infortuni pesano sempre. Come le squalifiche che affiorano sul percorso. Di più: il Fasano, proprio nel mezzo della stagione, si trova obbligato a dover rinunciare al suo under più accreditato, quel Loris Formuso che il Taranto - proprietario del cartellino del ragazzo di Grottaglie - ha recuperato dal prestito e dirottato al Parma. Dove l'artigliere di Grottaglie potrà affinarsi e migliorare, peraltro. Spiazzato, il club sorride: ma non eccessivamente, ovvio. Formuso era il suo attaccante più prolifico, forse anche ilpiù interessante dell'intero girone appulocampano di quinta serie. Arriveranno rinforzi, è chiaro. In questi giorni. Innanzi tuto nel reparto avanzato: rinforzi giovani, assolutamente necessari, che la normativa sugli under impone. Che garantiranno l'impegno, ma non necessariamente la resa. Quella, oggi, è un'incognita. E una preoccupazione in più: anche perchè le altre punte a disposizione di Maiuri, cioè Milozzi e Doria, faticano a pungere e a segnare. Diventando, adesso, l'assillo principale della squadra. Una squadra che possiede ancora tante qualità morali, ma che non può distrarsi. Soprattutto in un periodo come questo, in cui - tradizionalmente - chi viggia nelle retrovie della classifica impara a carburare.

sabato 24 gennaio 2009

Bari, attestato di maturità

E adesso il Bari è sopra tutti. Attendendo le partite che verranno domani e aspettando, soprattutto, il risultato del Livorno. Quello di Trieste, nell'anticipo del venerdì, è un attestato di maturità. Una prova di coraggio. E, chissà, anche di forza. Due a uno: vittoria e un supplemento di considerazione. In una sera soltanto. La sera di Barreto, brasiliano che sa tagliare il campo con il passo fluido, che in trasferta si monetizza facilmente. E anche quella di Donda, pensatore ritrovato. La sera in cui si affaccia il vecchio Bari, quello pensato prima della campagna di rafforzamento, tuttora in corso. In cui Lanzafame, in campo per mezz'ora, è ancora lontano dallo stato di forma più utile e gli altri acquisti non si vedono neppure. La sera in cui il campionato - e anche la stessa squadra di Conte - prendono definitivamente coscienza delle possibilità e delle prospettive di un gruppo che sta solidificandosi rapidamente. La sera in cui il Bari bussa alla porte della B con autorevolezza e autorità. Che, forse, segna il confine tra l'epoca dei sogni e la prateria delle nuove responsabilità. Sera di emozioni forti, che fa ipotizzare giorni buoni. La mentalità c'è, ora: ed è quella giusta.

venerdì 23 gennaio 2009

Ruisi, vacanze finite

Qualche giorno di vacanza (forzata) e poi di nuovo dentro. Dentro il vortice del pallone, dentro la lotta per la sopravvivenza, dentro il Bitonto. Pietro Ruisi si riaccomoda in panca: la società ci ripensa, ritratta l’esonero e lo richiama. E capisce che il problema non è il tecnico o le sue valutazioni. Il problema, piuttosto, è nella squadra. E in certi atteggiamenti dei suoi protagonisti: anche e soprattutto al di fuori del campo. Non lo nasconde (non lo nasconde più, almeno) la società. E non lo nascondono certe illazioni, certe voci di provincia. Che girano, con insistenza. Ruisi torna: perché, anche senza di lui, gli inconvenienti resistono. Tanto da consigliare al club di retrocedere di un passo. E di sanare con il buon senso la lacerazione che arriva da una scelta affrettata e anche ingiusta. Una scelta che ha inseguito la consuetudine, senza sembrare urgente.

giovedì 22 gennaio 2009

Torna il Monopoli, tonificato

Da Gela, il Monopoli torna tonificato. Perché si esprime da colletivo, limitando un avversario forse un po’ sgualcito, ma ugualmente rispettabile e fornito di argomenti. La prestazione è figlia del sacrificio di tutti e della quantità immolata al servizio del risultato- E conforta i dubbi sorti all’improvviso sette giorni prima. Stabilizzando la classifica: che oggi, non accarezza eccesivamente le ambizioni , senza però rifiutarle totalmente. E che, di contro, definisce una distanza di sicurezza seria dai bassifondi. Il Monopoli, certo, non è ancora aristocratico, ma non è neanche più la squadra spaurita e dimessa di un tempo. E il pari raccolto in Sicilia ufficializza una volta di più la sua collocazione all’interno del campionato. Collocazione da formazione inserita felicemente nella categoria. Che, dalla sessione invernale del mercato, non si aspetta poi troppo. Malgrado si senta discutere del ritorno di Cazzarò, mediano di discreta qualità che, ad Andria, ha trovato spazi esigui. E nonostante sembri avvicinarsi la notizia più gradita: cioè quella del prolungamento dell’esperienza sull’Adriatico di Ceccarelli, leader degli artiglieri del girone. Però il Monopoli – questo Monopoli – sa di dover appoggiarsi, prima di tutto, sul mutuo soccorso, sulle qualità comuni. Il suo format, ormai, è questo. E questo è il calcio che dovrà sorreggerlo sino a maggio. Geretto, già da un po’, ha trovato la chiave che sarà bene non smarrire. E la trasferta di Gela, anche da questo punto di vista, non mente.

mercoledì 21 gennaio 2009

Il potere non logora il Gallipoli

Il potere non logora il Gallipoli. La gestione del primato è giusta. Il collettivo diretto da Giannini procede. E procede con passo abbastanza sicuro. Ma il potere non logora neppure chi non ce l'ha. Rispondono tutti: dall'Arezzo al Benevento, passando per il Crotone. La storia, cioè, diventa appassionante. Anche perchè nessun avversario è disposto a piegarsi facilmente. Guardate, ad esempio, il Potenza, sceso al Bianco per limitare i danni, ma persino autorizzato a rammaricarsi per gli sviluppi del match. In cui il Gallipoli edifica la partita, forzandola dopo un'ora di calcio. E rischiando di vanificare il vantaggio a giochi quasi conclusi (i lucani pareggiano, il direttore di gara annulla). Ma Mounard e compagni continuano a produrre tantissimo: la leadership del girone meridionale di terza serie si spiega così. E, ovviamente, con una manovra sempre propositiva, con un atteggiamento tattico costantemente alto, con una qualità media assolutamente gratificante. Non specula, il Gallipoli: mai. E, oltre tutto, sembra essersi affezionato alla formula redditizia delle due punte supportate da un uomo tra le linee (il francese Mounard, appunto). Il campionato scivola e la squadra sembra crederci sempre di più. Consapevole dei propri argomenti. Matura nell'interpretazione del proprio ruolo. Il potere, oggi, non logora il Gallipoli. E domani, magari, potrà persino logorare chi non ce l'ha.

martedì 20 gennaio 2009

Barletta, non è mai troppo tardi

Vero: il Barletta entra tardi nel cuore della partita e non si scompone troppo neppure dopo il gol del vantaggio avversario. A Noicattaro, domenica, la formazione di Sanderra deve rincorrere il risultato, ma poi sa arrivare dove si è prefisso di approdare. Il pari è la dote di un complesso che, sul campo, sa sgomitare e anche soffrire. Che si sveglia con lentezza e fatica, ma che reagisce con mestiere, riorganizzandosi in silenzio, arrampicandosi sul match prima che sfugga definitivamente. Ike e Caracciolese, due degli arrivi più recenti, non brillano eccessivamente, ma ci pensa Alessandrì a riequilibrare il risultato, agli albori della ripresa. E’ squadra che cerca ancora se stessa, il Barletta. Ma che dispone di margini di miglioramento. Necessita di continuità e di fiducia: la fiducia dei risultati in serie. Ma l’organico, soprattutto adesso, è teoricamente competitivo. Anzi, il quoziente tecnico si eleva ancora con l'ingaggio di Omolade. Il tecnico, allora, potrà lavorare ancora più in profondità: partendo dalla ruvida concretezza vista nel derby. E dalle esperienze recenti: forse, le modalità del rovescio di sette giorni prima con il Cosenza hanno insegnato qualcosa. Sanderra, almeno, ne è convinto. E appare certo di quello che verrà. Facendo bene i conti, questo campionato di quarta serie non chiede troppa qualità, ma applicazione. E squadre che sappiano mordere: come il Barletta della seconda parte del derby.

lunedì 19 gennaio 2009

Noicattaro, un punto un po' stretto

Non c'è Zotti, squalificato. E il derby che attraversa la strada del Noicattaro e quella del Barletta perde qualche dose di interesse. Per quello che la presenza del fantasista avrebbe potuto aggiungere al match e per quello che avrebbe dovuto sottintendere in un'occasione diciamo pure particolare. Dove il passato e il presente personale avrebbero potuto confrontarsi e scontrarsi. Ma non ci sono neppure Laviano, Di Muro, Majella, De Cecco e altri ancora: anche per questo, sembra un derby prudente, nelle intenzioni e negli atteggiamenti. Che la squadra di Sciannimanico, però, riesce a forzare assai presto. Riuscendo a decretare la propria superiorità territoriale con una circolazione di palla convincente e con una manovra abbastanza duttile, applicandosi complessivamente di più e meglio e governando i lavori in corso senza travagli eccessivi. Almeno per poco più di un tempo: perchè l'esclusione temporanea dal terreno di gioco dell'infortunato Lucioni destabilizza di fatto la difesa di casa e il Barletta, così, può approfittarne. Il pareggio di Alessandrì, peraltro, finisce per sfarinare un po' le geometrie nojane e, alla fine, resta la soddisfazione di una striscia positiva che si amplia. Un punto, probabilmente, è poco. Ma serve ugualmente. E i mugugni della gente che tifa sembrano, a questo punto, eccessivi. Anche e soprattutto in virtù del fatto che questo collettivo, continuando ad esprimere questa tipologia di calcio, possiede un futuro. Perchè sembra aver assorbito una sua identità.

domenica 18 gennaio 2009

Passa Zeman, un sorriso sul Foggia

Da non credere: è Zeman, in Capitanata per le riprese di un documentario di prossima divulgazione, a trascinare un sorriso negli spogliatoi del Foggia. Dove, da un po’, il tecnico Novelli non parla, delegando davanti ai microfoni e ai block notes il diesse Fusco. E dove l’involuzione tecnica fa soffrire un po’. La squadra, all’indomani di un periodo felice, si è un po’ spenta. E ha perso (momentaneamente, ovvio) il posto preferenziale nella griglia dei playoff. Dai quali, tuttavia, si mantiene a distanza ravvicinata. Anche a Potenza, domenica passata, in un quasi derby che riappariva dopo quarant’anni, il Foggia non ha propriamente ringhiato. Il pareggio guadagnato, comunque, non stona e aiuta a proiettarsi nel futuro. Che il coach dovrà affrontare con un organico leggermente modificato, dal momento che Del Core e Mattioli sono ormai fuori dai piani societari. E che l’ambiente, ci sembra, si appresta a vivere con scarsa allegria. C’è aria di bassa pressione e non è il massimo. Moralmente, la piazza è scarica e non va bene. Solo un problema di risultati? Lo scopriremo già oggi, se il Pescara di Galderisi dovesse cedere metri preziosi. Finendo per rilanciare le quotazioni di Salgado (che si sta ristabilendo fisicamente) e compagni. E per monetizzare la visita di Zeman, maschera senza sorrisi che ha sciolto Novelli. E, chissà, rincuorato la gente.

sabato 17 gennaio 2009

Pastore e le destabilizzazioni occulte

Il Taranto accelera. Perché il mercato, da quelle parti, di gennaio serve a recuperare il tempo perduto. Anzi, a ricostruire un’identità. A riedificare la squadra, svilita dai risultati, dai terremoti interni, dallo scoramento, dalle dissidenze rumorose, dalle rescissioni polemiche. Perché le operazioni di compravendita non devono completare l’organico, come in qualsiasi latitudine calcistica, ma a reinventare una strategia, una stagione. Pagni, nuovo diesse, e poi Spinelli, e poi – ancora – il paulistano Da Silva. E, chissà, pure Lima, brasiliano dai trascorsi importanti. Sembra risvegliarsi, se non altro, l’entusiasmo sopito. Blasi vuole apparire caratterialmente più duttile e ci prova. Riavvicinandosi al Taranto e alla gente che tifa. Allentando le tensioni, recuperando il dialogo, cedendo qualche metro. Rivedendo persino la tabella dei prezzi (sostenuti) dei tagliandi di ingresso alle gare dello Iacovone. Sempre che lo stadio ripara al suo pubblico, prima o poi. E ricucendo il rapporto con qualcuno che avrebbe voluto (o dovuto) salutare prima del tempo. Come Pastore, il capitano privato del posto in squadra per un periodo già lungo. Sembra tutto chiarito: in un colloquio cordiale, assicurano i protagonisti. Dove il giocatore e il presidente si sono chiariti, capiti. E dove, fa sapere Pastore, hanno scoperto di essere stati fuorviati da chi, all’interno, rema nel lato opposto della ciurma. Che, ci sembra di aver capito, naviga ancora nelle acque dei due Mari e che, dunque, è meglio perdere che conservare. Niente nomi: gli osservatori possono solo supporre. Il capitano, però, conosce il responsabile occulto. E, soprattutto, adesso lo conosce anche Blasi. Che può provvedere. Allontanandolo. Anche per convenienza. Ma, soprattutto, per una questione di credibilità.

venerdì 16 gennaio 2009

Brindisi, la partita più dura

A Pianura, il Brindisi avrebbe sottoscritto il pareggio ancor prima di giocare. Senza nasconderlo. Ma quel pareggio, ora, fa inquietare l'ambiente. E non poco. Soprattutto perchè Galetti sfrutta la palla che gli offre l'opportunità di chiudere il conto. Il tre a due è pulitissimo. Ma non per il direttore di gara, che invalida la segnatura senza motivo. No, adesso il pareggio non è più gradito come alla vigilia del match. Scotta. E dell'episodio che tinge d'ombre una partita tirata, sull'Adriatico si continua a parlare. Ancora oggi. Con preoccupazione. Addirittura esagerata: che valica i confini della delusione e della rabbia impotente. Sulle colonne dei giornali e per le strade. Certo, la Nocerina vince e avanza, cioè riduce le distanze. Ma sembra che, all'improvviso, il Brindisi abbia smarrito il suo equilibrio interiore. E le sue sicurezze. Nessuno lo dice: ma è una sensazione che cogliamo. Distintamente. Il timore che qualcosa di strano, prima o poi, possa accadere nuovamente è alto. Ma non spiega, probabilmente, tutto. Piuttosto, il sospetto è che la penalizzazione (recente) di un punto abbia incrinato la tranquillità del club e pure di chi gioca. E dispiace pensare che il Brindisi possa essere avvolto (e travolto) dalla paura di pagare altro dazio (più consistente, questa volta) alla giustizia sportiva. Eventualità della quale, a Nocera, sembrano sicuri. Circolano voci insistenti e oscure: che tutti anche a Brindisi, conoscono e nascondono e che il dovere di cronaca impone, invece, di raccogliere. In attesa degli eventi, se mai ci saranno. Voci che, indubbiamente, disturbano il percorso della squadra più forte. E che, tuttavia, occorrerà fronteggiare. Sin da sùbito, accantonandole: anche se è difficile. Questa è la partita più ostica che attende la formazione di Silva. Questa è la partita che non va assolutamente perduta.

giovedì 15 gennaio 2009

Lecce, attributi ritrovati

Il Lecce, improvvisamente, recupera le armi più affilate della sua battaglia onerosa: l’attesa vigile e il contropiede furbo. Anche se la disposizione in campo (Caserta più Castillo più Tiribocchi) lascerebbe pensare ad una soluzione tattica decisamente più coraggiosa. Il Lecce torna a fare punti: a Firenze, questa volta. Forse perché, al di là del modulo, l’atteggiamento è più aggressivo. E la squadra è più convinta. E’ tanto: questione di morale, innanzi tutto. Chissà se la gente guidata da Beretta chiude una parentesi difficile oppure no: ma urla la sua rabbbia e reclama il proprio spazio. Apparendo sicuramente più presente, sulle zolle di Campo di Marte. E arrivando sempre sulla palla, come sottolineava in coda al match il suo tecnico. Non a caso, il coach milanese parla di coraggio, rifiutando di deviare sul discorso puramente strategico. La lettura sembra giusta, onesta. E la squadra sembra quella della prima parte del percorso. Con i suoi attributi. Quelli che portano alla salvezza. Più di un modulo spregiudicato. O di un calcio più vorace.

mercoledì 14 gennaio 2009

Andria, voglia di playoff

Tutti d’accordo: l’Andria, adesso, è una realtà. Per la qualità di calcio che riesce a dettare, anche. La squadra vista a Manfredonia, domenica, è un progetto in prospettiva. Serio e da approfondire. Il pareggio nel derby, anzi, non premia interamente la prestazione, assolutamente confortante: sosttoscrive pure D’Arrigo, trainer dall’altra parte della barricata. Tutti d’accordo: l’Andria, di questi tempi, è un valore aggiunto del campionato. Merito del processo di adattamento del collettivo al campionato e, perché no, delle innovazioni di metà stagione: come Mastrolli, punta di qualità arrivato da Vibo, e Ottobre, trequartista dai piedi dolci che sembra aver coperto una lacuna dello scacchiere di Di Leo. Nomi ai quali potrebbero aggiungersene altri: pronti ad adeguare l’organico (a proposito, il coloured Doumbia piace al Bari e sta per emigrare, ma verrà rimpiazzato) e a perorare la causa di un club ormai fermamente convinto a perseguire il discorso-playoff, che è poi un obiettivo possibile. Tutti d’accordo: il tecnico ha saputo quadrare l’assetto, tranquillizzando e motivando la sua gente, piegando le esitazioni di avvio di stagione con pazienza e buon senso. L’Andria, cioè, si propone come forza nuova del girone. E la candidatura si fa sempre più autorevole. Continuità permettendo: perché il punto nodale, ora, è questo. E c’è un compito da assolvere.

martedì 13 gennaio 2009

A Bitonto paga Ruisi

Due gol di Logrieco. E due acuti di Formuso, under sempre più inserito nei meccanismi del torneo di serie D. L’ennesimo derby di Puglia accontenta il Fasano (sempre accettabile, in trasferta) e scoraggia il Bitonto, che non sembra reagire con troppo vigore alle sollecitazioni della classifica. Il club barese, anzi, non nasconde di soffrire la propria situazione e, a fine match, allontana Pietro Ruisi, nocchiero esperto e sufficientemente pratico, ma privato del mandato esattamente nel momento in cui la squadra accoglie le novità della seconda sessione di mercato. E proprio questo particolare lascia pensare: perché la società affretta i tempi e non concede al tecnico il tempo necssario per riassettare lo scacchiere, riveduto e corretto nelle ultime settimane. Facendosci sospettare che il rapporto fosse già sufficientemente logoro. Oppure che sia venuta semplicemente a difettare la fiducia nell’allenatore e nei suoi metodi. Anche se il diesse De Santis si affretta afd aggiungere che la paternità della decisione spetta alla difficoltà di reperire i risultati. E a nient’altro. Quegli stessi risultati che il Bitonto sta rincorrendo sin dall’avvio dell’avventura in questo campionato, come largamente pronosticato. E per i quali dovrà battagliare e sudare sino in fondo: con Ruisi oppure senza. Un’alternativa non ci sembra possibile. E nessuno, del resto, all’alba del torneo avrebbe osato sperare in un cammino più agevole. E’ bene ricordarlo.

lunedì 12 gennaio 2009

Grottaglie, lievitazione naturale

Il Grottaglie, progressivamente, si scrolla i problemi, si rianima. La lievitazione naturale prosegue, affidandosi alla continuità. Talvolta, di fronte al Matera, si fa irretire dalla foga o, più semplicemnete, dal ritmo un po’ ruvido della gara: ma il podismo e il sacrificio comune pagano. Sottoponendo alla centrifuga della classica un due a zero franco che continua a sciogliere muscoli e idee. Si inspessiscono, oltre tutto, anche le virtù agonistiche: e questo è un pregio. Il Grottaglie rivisto e corretto da Dino Orlando affronta le gare con maggior personalità. E i progressi, anche sotto il profilo della gestione del match (al di là di un secondo tempo, quello di ieri, eccessivamente timido e risparmioso, ma infelicemente sruttato dall’avverasrio di turno), sono assolutamente evidenti. Certo, il momento storico è anche compiacente: un penalty non concesso in favore del Matera agli albori della partita (episodio che, di fatto, avrebbe potuto modificare i lavori in corso) precede di poco il sigillo del vantaggio e il punto del raddoppio, piovuti in meno di venti minuti. Ma, sul campo, rimane anche l’impronta della prestazioni individuali, che poi finiscono per offrire più spessore alla coralità della manovra: bene D’Amblè (ma non è una novità), bene De Angelis (a parte i due gol), bene Pastano (tatticamente più utile che in passato), bene Latartara (che riesce anche a ringhiare, all’occorrenza), bene Carteni (puntuale, pulito), bene Favret e Ianneo (convalescenti) e positivo è pure l’apporto dell’anarchico D’Amario. E confortanti, infine, sono anche i movimenti difensivi. Sì, oggi, la salvezza sembra un approdo possibile.

domenica 11 gennaio 2009

E il Bari comincia a crederci

Nei match che contano il Bari comincia a rispondere. Punto per punto. Succede sistematicamente da un po’ e il dettaglio è assolutamente confortante, ancorchè intrigante. Anche se, di fronte alla resistenza della Salernitana, tutt’altro che trascendentale, coach Conte deve rimescolare lo scacchiere e attendere che la gente di maggior spessore tecnico (come Kamata e Barreto) si riappropri delle caratteristiche che sanno guidare il collettivo al successo. Che arriva perché è giusto che arrivi, in coda ad una partita gestita e controllata sin dal suo principio. Che proietta la squadra ad un invidiabile seconda posizione, utile ad accrescere il quoziente di autostima e a riscaldare l’ambiente. E che obbliga il club di via Torrebella a concentrarsi senza indugi sulla sessione invernale di mercato, appena avviata. Anche perché il grande equilibrio del campionato non sembra conoscere soluzione di continuità, autorizzando sempre più a crederci. Malgrado le favorite rimangano le concorrenti di sempre. Che avranno materiale umano e blasone, ma non l’entusiasmo. Quello, invece, oggi è patrimonio del Bari. E va salvaguardato.

sabato 10 gennaio 2009

Il secondo quadriennio di Vito Tisci

Non c’è più neppure una concorrenza lontana ed eventuale. E, cioè, insignificante. Il secondo mandato è automatico e quasi plebiscitario: Vito Tisci, per altri quattro anni, è il governatore del calcio di Puglia, sponda Dilettanti. Oggi, a Casamassima, l’investitura ufficiale, già prevista a novembre e slittata di due mesi o poco meno. Ufficiale e meritata: senza tornare a spiegare il perché. E senza sottolineare ancora l’urto innovativo della sua prima esperienza. Il nuovo programma del presidente si articola in diversi punti, che toccano argomenti disparati. Tra gli altri, ci piace ricordare l’istituzione del Club Puglia, sul modello del più celebrato Club Italia, per razionalizzare l’attività delle rappresentative di settore (ipotesi stimolante, ancorchè moderna e, se vogliamo, manageriale), il nuovo format del campionato di Eccellenza (a sedici squadre: dovrebbe guadagnarci la qualità complessiva della premier league), la biforcazione della fase regionale della Coppa Italia Dilettanti (da una parte i club di Eccellenza, dall’altra quelli di Promozione: la scelta è saggia e, a questo punto, anche doverosa, perché differenti sono gli interessi specifici), l’istituzione di un referendum sull’utilizzazione più corposa degli under nelle gare ufficiali (ma quelli attualmente a referto appaiono sufficienti: è un’opinione, la nostra) e, infine, un anticipo televisivo nella giornata di sabato ed una diretta televisiva di una delle gare domenicali del campionato di Eccellenza. Iniziativa sicuramente lodevole, sotto il profilo squisitamente pubblicitario. Ma da verificare attentamente: perché la televisione ha già lacerato il calcio dilettantistico, gonfiando l’offerta di quello professionistico. E difficilmente potrà contribuire a rilanciarlo. E poi crediamo ancora che il calcio sia ancora strettamente legato al concetto di tradizione. Senza la quale si perde l’identità. O quei ritagli di identità sopravvissuti. Inseguire il pallone nazionale significa anche rinunciare a qualcos’altro. Per esempio, a certe caratteristiche che, forse, hanno preservato sin qui l’intero movimento dilettantistico. Sicuramente più povero, ma anche più vero.

venerdì 9 gennaio 2009

Chiameteli miracoli, se volete

Punto a capo. Con entusiasmo. Anche accessivo. Rileggere la cronaca spicciola di un’amichevole di metà settimana qualsiasi (contro il Noicattaro) per credere. E per meravigliarsi: non eravamo più abituati ad un feeling così profondo tra la tifoseria del Bari e la sua squadra. L’assalto affettuoso della folla, protetto dalle forze dell’ordine, insegna però alcune cose: che, magari, alla gente basta anche sognare, prima ancora che vincere. Che non è poi così difficile ricostruire i ponti distrutti nel passato più recente. E che la sessione suplettiva del mercato può incendiare la piazza e, chissà, diventare il carburante necessario per accelerare: dentro il campo e pure fuori. Dove, cioè, si fabbrica l’atmosfera delle imprese migliori. La formazione di Antonio Conte riprende il cammino, incrociando (domani) la Salernitana. E, contemporaneamente, si ritrova nelle condizioni ambientali più adatte per tonificare il morale. Condizione invidiabile, senza dubbio alcuno. Merito anche della spinta emotiva trascinata dal ritorno sull’Adriatico di Lanzafame, artigliere che dovrebbe garantire qualche punto in più, da qui alla fine del torneo. E degli altri spifferi di mercato, ovviamente. Al di là degli ingaggi (possibili) di Carobbio o di Calaiò, la società sembra decisa a potenziare l’organico. E, più di tutto, sono inequivocabili i sorrisi ritrovati (e le parole) di Matarrese, presidente armato di uno spirito nuovo. Che, ormai, ha promesso ulteriori investimenti. E che, ora, non potrà tirarsi indietro. Non dopo il bagno di folla all’antistadio. Non dopo l’esplosione d’affetto. Chiamateli miracoli, se volete.

giovedì 8 gennaio 2009

Il momento della pubblicità

Shala, Cazzola, D’Alterio. L’esodo annunciato di metà stagione impoverisce il Taranto e non è neppure detto che la lista dei dissidenti si esaurisca qui. Proprio mentre arriva Pagni, il nuovo diesse già passato ad inizio campionato per la scrivania del Sorrento. Uno che, immaginiamo, sia sbarcato sui due Mari anche (e soprattutto) per rivedere e riarricchire l’elenco dei disponibili di una squadra ormai numericamente impalpabile. Via chi non voleva rimanere, dunque: anche al costo di rinunciare a diversi stipendi da percepire. Cosa non si farebbe, del resto, per abbandonare questa strana nave, quotidianamente assaltata da onde paurose e incrociata da scogliere perigliose. Shala, peraltro, saluta con acredine e rabbia: «Se avessi saputo chi è il presidente Blasi, non sarei mai arrivato a Taranto. Con lui è impossibile fare calcio, non mantiene le promesse, è un padre-padrone». Niente male. Pensieri e parole puntualmente riportate dagli organi di stampa: che stanno viaggiando e viaggeranno ancora per il Paese. Assieme a tante altri dettagli. Perché, nell’universo del pallone, è facile confessarsi e scambiarsi opinioni, informazioni. Tutta pessima pubblicità, per il Taranto. Che si aggiunge alla precedente. Che dipinge mar Piccolo come un porto malfamato, maleodorante e sconsigliabile. Finirà che più di qualcuno comincerà a soppesare seriamente l’opportunità di scegliere quest’angolo di Puglia. E chissa quanti avranno già declinato l’invito. Anche per questo, il mercato del Taranto è sempre un po’ più difficile di quello delle concorrenti.

mercoledì 7 gennaio 2009

La marcia sicura del Brindisi

Nessuna concessione. Come sempre o quasi, in questo campionato. Il Brindisi marcia ancora e si sbarazza pure della resistenza della Sibilla, una di quelle squadre che la letteratura definisce di categoria. Nessuna impresa, certo: ma emerge la conferma della robustezza dell’organico affidato alla gestione di Massimo Silva e, soprattutto, degli atteggiamenti di un collettivo che, puntualmente, sa fronteggiare le difficoltà di percorso e riorganizzarsi appena il risultato torna in discussione. Ed è proprio questo che piace, del Brindisi: quella capacità di non piangersi troppo addosso e di riconquistare il dominio del campo e della partita. Quell’abilità di ricominciare a mordere senza disunirsi. Di rialzarsi e ripartire: come se nulla fosse accaduto. Ed è bello scoprire che questo Brindisi non sa imborghesirsi. La Nocerina, poi, faccia quel che vuole: anzi, inseguire il parziale o lo score finale dell’avversario non è più il primo problema. Galetti e soci, anzi, sanno badare a se stessi: i campionati si vincono così. E questo torneo il Brindisi potrebbe solo perderlo. Ma, oggi, non vediamo come.

martedì 6 gennaio 2009

L'occasione del Francavilla. Sprecata

Sembra la partita del Francavilla: la sfida regionale con il Fasano si apre presto e appare destinata anche a chiudersi velocemente. Sì, è vero: è un penalty a spingere l’undici di Francioso. Ma la legittimazione del vantaggio è immediata. Il tecnico, oltre tutto, dovrebbe aver trovato il modulo migliore: una punta di assoluto riferimento (Galeandro) e due collaboratori di movimento che agiscono larghi (l’under D’Ambrosio e Malagnino). Il Francavilla detta i ritmi e il Fasano si confonde. Nessuna partita, però, è scontata. Soprattutto un derby. E qualche apprensione comincia a calare dai movimenti difensivi, ancora prima dell’intervallo. Il quoziente d’attenzione e di tensione, dietro, si abbassa. Nessuno, tuttavia, riuscirà a convincere facilmente il pubblico di casa (e pure molti osservatori) che le sostituzioni operate da Francioso, nella seconda metà della gara, non abbiano influito. Esce Galeandro (per Sisalli) e, sùbito dopo, il Fasano pareggia. Eventualità scaturita da errori individuali, neanche troppo collegati all’avvicendamento. Di più: Galeandro, ancora febbricitante, avrebbe dovuto necessariamente essere avvicendato. Le mosse che arrivano successivamente (fuori Malagnino, dentro Micieli), infine, sono consequenziali. Eppure, il dato che resta è secco: il Francavilla si arresta appena l’assetto (recentemente e faticosamente trovato) viene modificato. Senza saper più ripartire. E maledicendo un’altra occasione sprecata.

lunedì 5 gennaio 2009

Fasano, meglio in dieci

Meglio in dieci contro undici. Meglio nella seconda porzione di gara. Perché Pisano, imperdonabile, si fa cacciare a primo tempo in corso. Meglio più tardi, perché più denso, più unito, più laborioso, più concreto. Il Fasano si fregia di un punto nel derby che sta perdendo senza potersene dolere troppo. Nel derby che il Francavilla si sta costruendo. Nel cuore di una gara approcciata senza identità. E il punto, alla fine, ci sta: perché il calcio non regala nulla a chi spreca più volte il raddoppio. Cioè alla squadra di Francioso. Piuttosto, facciamo ancora fatica a capire perché il Fasano entri in gara puntualmente tardi. E perché mostri gli attributi a partita ormai matura. Perché, cioè, la personalità fiorisca solo quando il risultato è scomodo. Quella personalità che Rufini, il suo uomo di maggior carisma ed esperienza, sembra aver conservata e messa da parte. Non è più quello che ricordiamo, il capitano: forse anche perché ridimensionato da ordini superiori.-Non è più il mediano di grinta, contrasto, carattere e temperamento. E, troppo spesso, assiste, invece di partecipare. L’ex presidente D’Amico, in tribuna, a inizio stagione perse la scrivania di diesse per aver deciso di tagliare un paio di pedine: una era proprio Rufini. E, probabilmente, quest’occasione gli avrà rafforzato certe convinzioni, che non erano quelle della tifoseria e, va detto, neppure di questo blog. A proposito: il secondo epurato di D’Amico si chiamava Pisano: nel derby, il difensore rischia di complicare il percorso della squadra, conquistando il cartellino rosso. E, a novantesimo appena scoccato, nell’area degli spogliatoi (istigato oppure no: le versioni contrastano, ma il discorso non cambia), aggredisce Galeandro, con conseguenze riparate nella locale struttura sanitaria. Rovinando l’atmosfera complessivamente cordiale, scalfendo la soddisfazione per il punto intascato e guadagnando la probabile denuncia penale. Che potrebbe anche trasformarsi in Daspo: gli ingredienti ci sono tutti.

domenica 4 gennaio 2009

Voci di frontiera

«L'U.S. Foggia sotto il profilo finanziario gode di buona salute e subordinare la riconferma del tecnico Raffaele Novelli alle presunte difficoltà economiche del club è un´insinuazione priva di ogni fondamento. Questa Società, infatti, al di là di indiscrezioni incontrollate, continua ad onorare gli impegni assunti, e continuerà a farlo anche per il prossimo futuro. E questo per quanto per la stagione in corso si siano registrati evidenti decrementi negli incassi e sia venuto meno anche il sostegno di uno sponsor principale. Gli organi di vigilanza non hanno mai annoverato l'U.S. Foggia fra i club in sofferenza, né tanto meno gli hanno mai comminato alcuna sanzione amministrativa. Novelli resta alla guida del Foggia per le capacità altamente professionali finora messe al servizio di questa Società e per proseguire un percorso avviato la scorsa estate con un gruppo sano e compatto, al cui interno i rapporti sono tutt‘altro che conflittuali». Il comunicato ufficiale diffuso nei giorni scorsi dal club dauno per tamponare indiscrezioni recenti ed eventuali insinuazioni arriva secco e piccato. Prova a chiarire quello che c’è da chiarire e a tutelare la società e la squadra dal rischio perenne della destabilizzazione, vizio atmosferico che, sulla piazza, cala spesso. Travolgendo tutto. Quando ogni cosa scorre e, soprattutto, nei momenti di bassa pressione. Come questo. In cui si raddoppiano voci di difficile convivenza, all’interno del gruppo. Voci puntualmente spazzate dall’ultimo intervento mediatico dell’anno appena transitato: di cui occorre prendere doverosamente atto. E che archiviamo. Ricordando, però, che le voci non nascono dal nulla, quasi mai. E che, quasi sempre, si alimentano all’interno, piuttosto che all’esterno.

sabato 3 gennaio 2009

Il tunnel dell'incertezza

Vorrebbero andare, fuggire da Taranto. Probabilmente, però, sullo Jonio, potrebbero rimanerci. Shala, Cazzola e, magari, qualcun altro ancora. Perché c’è molta incertezza, nel futuro prossimo del club: malgrado il sereno entusiasmo di coach Stringara, assoldato da poco. E nonostante le nuove promesse di Blasi, patron umorale e chissà quanto convinto delle frasi che ciclicamente divulga. Sì, c’è molta incertezza. E molta irritazione: la base – cioè la squadra – è apertamnete all’opposizione. E, dopo le vacanze, si assommano le assenze: ingiustificate, come sottolinera il tecnico. Ma non c’è solo la volontà che divide Shala e Cazzola dal Taranto. C’è, soprattutto, una questione economica: chi vuole partire, non vuole (o non può) perdere la parte d’ingaggio sin qui maturato e ancora non percepito. Dall’altra parte della barricata, invece, il progetto più immediato è quello di resistere. E non cedere. In fondo al tunnel, qualcosa potrebbe accadere. Anche che Shala e Cazzola partano, come intimamente desiderano: forse rinunciando a qualcosa. Nel nome della transazione. Oppure che continuino a pernottare tra i due Mari. Infelici e demotivati. Cioè la soluzione meno gradita a Stringara. E meno utile per le ambizioni. Che, da un po’, si chiamano salvezza. Risicata, maledetta e mai troppo scontata.

venerdì 2 gennaio 2009

Il Manfredonia chiama la salvezza

Napolitano. Dopo Ardigò e Sifonetti. Gennaio porta in dote al Manfredonia tre volti nuovi, che promettono di fornire il contributo necessario per agganciare il vagone della salvezza. La società non poteva ignorare il pericolo. Né poteva scansare l’urgenza. E non poteva neppure dribblare le speranze (e le richieste) di D’Arrigo, il tecnico che ha provato a spremere dalla squadra tutto il succo. Ottenendo, sin qui, risposte evasive. Prestazioni contraddittorie. E punti insufficienti per cogliere l’obiettivo. L’obiettivo minimo. Il club sipontino, peraltro, si era già dichiarato. Le operazioni di riparazione erano abbondantemente previste. Arrivano a metà di un cammino già ripido. Nel momento esatto in cui i tratti somatici di molte protagoniste del torneo si modificano. Come ogni anno, di questi tempi. Le tre contrattualizzazioni serviranno a irrobustire innanzi tutto il profilo dell’esperienza di un collettivo che, di fronte alle difficoltà vere del campionato, si è sgranato quasi immediatamente. E potranno collaborare allo sviluppo della gioventù che continuerà a girare attorno a chi è appena arrivato. Ma, soprattutto, certificano la voglia di salvezza del Manfredonia. Una salvezza che gennaio, ovviamente, non può assicurare. E che, però, può essere costruita, pezzo dopo pezzo. Il primo mattone c’è già: si chiama umore. Quello, almeno per ora, è un ingrediente rtrovato.