mercoledì 30 settembre 2009

Cose (strane) da derby

La solidarietà di fonte alla legge che si evolve. O che s’involve. Alle normative che piacciono solo a chi le scrive. Che continuano ad allontanare o ad attenuare il problema, senza però devitalizzarlo davvero. Torniamo al derby di Monopoli. E agli spalti del settore ospiti del Veneziani: vuoti. Palcoscenico immobile a cui si ribella anche la tifoseria di casa, mai tenera con chi tifa Brindisi. «Ridateci il derby», recita uno striscione. «Un derby senza rivali è un derby a metà», urla un altro messaggio scritto su tela. E, dalla tifoseria di casa, una conferma del disagio, che è il disagio dell’intero movimento calcistico: «Questo derby è del Prefetto», canta il coro degli ultrà. La ristrettezza dei regolamenti non risolve la questione, no. Ma, almeno, è utile ad accorciare le distanze, a riavvicinare idealmente fazioni tradizionalmente distanti e nemiche. Ad unirsi, nella condivisione di un’idea. Una vittoria della tifoseria, pensandoci bene. E, forse, un autogol delle istituzioni.

martedì 29 settembre 2009

Monopoli, un punto per ripartire

Il Monopoli è quello di altre volte. Soffre, rincorre e si riabilita. Sembra una pellicola già proiettata. Accade anche nel derby, di fronte al nemico di sempre. La gente di Pellegrini, diciamolo pure, si lascia stringere per venti minuti buoni, lasciando il possesso delle operazioni tra i piedi del Brindisi. Ma, con lo scorrere del tempo, sa riorganizzarsi ed allungarsi, affidandosi prima ad una reazione incompleta (la squadra non arriva facilmente ai confini dell’area avversaria e le soluzioni personali non possono puntualmente garantire efficacia) e poi ad un calcio più fluido, più consapevole, anche se non particolarmente esauriente sotto il profilo della continuità. La pazienza del Monopoli, peraltro, è un fatto già appurato, sin dall’avvio del campionato. E il punto, nel derby, non è affatto un risultato di cui rammaricarsi eccessivamente. Tutt’altro. Nonostante possa teoricamente generare malumori sottili. Del resto, è questa la dimensione reale del Monopoli. Basta prenderne atto. Con saggezza.

lunedì 28 settembre 2009

Il Brindisi e il derby finito prima del tempo

Il Brindisi possiede personalità. E anche mentalità. La manovra, nel derby di Monopoli, è salda. Cerca con insistenza Moscelli, anche se poi segna Da Silva, uno che sembra già perfettamente integrato nel dispositivo offensivo allestito da Massimo Silva (il paulistano si inserisce, fa spazio alle proposte altrui, dialoga). Peraltro, a vantaggio acquisito, il più equilibrato 4-4-2 (in fase di non possesso la squadra si avvale di un centrocampista vero come Pizzolla) che sa trasformarsi però in 4-3-3 insiste. Insegue, cioè, il raddoppio, portando palla: e il dettaglio non può passare inosservato, sino a piacere. Il Brindisi, anzi, appare persino più lucido, più scaltro. E lo stesso pareggio monopolitano, avvenuto a primo tempo ancora vivo, non sottrae nulla alla bontà del concetto. Semmai, è la lievitazione avversaria a ridurre il campo a Fiore e soci. Che, comunque, sembrano poter mantenere atteggiamenti e movenze convenienti sino in fondo. Eppure, la sensazione è che, ad un certo punto, il Brindisi decida di limitarsi ad un presidio vigile e a qualche incursione (operazione condivisibile), ma pure di accettare prima del tempo un pareggio che indubbiamente va bene a chiunque. Privandosi così della possibilità di recuperare qualche metro perduto. Traducendo: il giudizio complessivo tiene conto di un Brindisi solido dietro, versatile nel mezzo e pericoloso davanti. Ma pure di un’occasione non disputata sino in fondo. Solo il tempo, adesso, potrà chiarire: se il punto di Monopoli è utile così com’è, oppure no. Ma un’impressione di incompletezza, oggi, rimane.

Lecce, quale obiettivo?

In una settimana (tre punti a Modena nel turno infrasettimanale e altri tre a domicilio, sul Mantova che prima passa e poi si piega, ieri) il Lecce autorizza a rivedere i giudizi già spesi sul proprio stato di salute e ravviva l’anonimato della classifica. De Canio, in coda all’ultimo match, racconta di un centrocampo asfissiato che non riesce a distribuire il gioco sempre e comunque, ma sottolinea anche le ritrovate virtù gladiatorie di una squadra sin qui troppo borghese e, quindi, avulsa dall’atmosfera che si respira in serie B. Il processo di ambientamento al clima del torneo, del resto, non è un dettaglio da sottovalutare: se il collettivo comincia a rispondere a determinate sollecitazioni, aumentano le possibilità di riacquisire spessore nella corsa ad una delle piazze che conducono ai playoff. Obiettivo da cui il trainer materano non si è dissociato, senza però enfatizzarlo. Probabilmente, l’operazione strategica che – in questo momento – ripara il Lecce dall’esposizione mediatica, ma che non salvaguarda la sete di protagonismo della tifoseria e che non riaccende l’entusiasmo in una città calcisticamente spenta e spesso demoralizzata, se non depressa. O la conferma di un antico sospetto: De Canio, forse, fatica ancora a decodificare il gruppo che guida. Tanto da non potersi o volersi sbilanciare. Tanto da non fidarsi sino in fondo: lui per primo. Tanto da consigliare a se stesso di aspettare, prima di dichiararsi definitivamente. E tanto da apparire, davanti ai microfoni, troppo pensieroso, quasi svagato. O, magari, reticente.

sabato 26 settembre 2009

Ostuni, la panca a Lombardo

Il derby sciupato, malgrado il doppio vantaggio accumulato sul Bitonto, non sarà piaciuto al nuovo padrone dell’Ostuni. E non sarà piaciuto neppure l’approccio al campionato, modesto nei numeri, ma anche fortemente condizionato da un’estate incerta. Però è facile credere che Enzo Carbonella avrebbe sofferto comunque l’esonero (notizia di un paio di giorni addietro). Dopo aver digrignato i denti e sopportato il peso dell'austerity da giugno sino a questi giorni. Al di là di tutto, però, l’arrivo sulla panca di Andrea Lombardo, allenatore alla ricerca di un pedigrée consolidato, sembra una di quelle scelte di tendenza. O di marketing. Buone ad inventarsi una storia, a dotarsi di un tono. Ovvio: chi compra (il presidente Sannelli, appunto) possiede il diritto di circondarsi di uomini di propria fiducia. E di liberarsi delle scelte altrui. Anche se la scelta può far germogliare una certa diffidenza. Se, soprattutto, il nuovo trainer non conosce i campionati di questa fetta d’Italia e l’ambiente che li circondano. E se il nome di Lombardo può apparire un’operazione che appaga l’apparenza, prima ancora della sostanza. Ma tant’è. Salutiamo, allora, il trainer che arriva. Al quale necessiterà esattamente quello che sarebbe servito a Carbonella: un organico più robusto, numericamente e qualitativamente parlando (i rinforzi, però, stanno arrivando). Un organico che non debba unicamente appoggiarsi sull’estro di Malagnino. Utile, certo: ma insufficiente.

venerdì 25 settembre 2009

La vittoria di Biagioni. Quando ormai è tardi

Adesso diranno che l’Andria si è scosso e svegliato. E che le virtù taumaturgiche di Aldo Papagni, il nuovo caudillo che raccoglie la panchina già appartenuta all’esautorato Biagioni, riaccompagnano una squadra teoricamente niente male sul binario di un calcio più affidabile. Certo è che, di fronte al Cosenza, Dionigi e compagni sono sembrati più risoluti, anche se non eccessivamente audaci. E che l’orribile avvio di stagione è stato metabolizzato con i primi tre punti. Giusto: con la palla tra i piedi l’avversario si è fatto preferire. E l’Andria è ancora un po’ inamidato, perché ostaggio della sua storia recentissima. Ma, almeno, una delle pochissime occasioni (forsa l’unica vera occasione) del match è stata monetizzata da Maccan: talvolta, anche questi sono segnali che sottintendono qualcosa. E che aiutano il lavoro del nuovo tecnico, tornato cinque anni dopo per riallacciare un discorso interrotto. Papagni, che ad Andria gode di stima incondizionata, comincia bene. Ed è un dato prezioso. Comincia bene, esattamente dove finisce l’avventura di Biagioni. Penalizzato dai risultati, ma salutato con calore dalla tifoseria: «Senza se, senza ma, grazie Oberdan», recitava uno striscione. Un caso raro, dopo quattro sconfitte e nessun punto in classifica. Ma anche una vittoria, per il coach romano: fuori dal rettangolo di gioco. Una vittoria arrivata troppo tardi, ma non per questo inutile. Che tributa un ricordo dolce, se non altro. E, con il ricordo, il rimpianto.

giovedì 24 settembre 2009

Manfredonia, disabitudine alla normalità

Disabitudine alla normalità. Anche questa volta, il campionato del Manfredonia è un incrocio di apprensioni. Riassunto con un approccio anche un po’ affannato (al di là delle previsioni magari), con una lievitazione progressiva, con la luttuosa trasferta di Barletta (da recuperare), con l’incognita del futuro di Mauro Marchano (volato in Argentina dopo l’incidente che l’ha privato della famiglia: tornerà?) e con il contraccolpo psicologico che potrebbe aver impantanato la squadra a Castellammare di Stabia, appena domenica scorsa (quattro gol al passivo e prestazione insufficiente, dal punto di vista tecnico e caratteriale). La trasferta campana, anzi, sembra aver inquietato Bucaro, nocchiero che avrebbe voluto annotare la reazione del gruppo e, perché no, omaggiare Marchano. E che, tra le righe, potrebbe aver avvisato il pericolo di un alibi dietro il quale nascondersi. Certo: il punto, forse, non è questo. Ma la sensazione aleggia. E il dubbio sgomita. In attesa della controprova.

mercoledì 23 settembre 2009

Bitonto, un destino da battaglia

Due punti in quattro partite non sono il meglio, ma il Bitonto sa di non poter chiedere troppo a questo torneo di serie D. Per problemi oggettivi, strutturali. La squadra è allestita per sperare. E per confidare sulle risorse già utilizzate nel corso della stagione appena passata: grinta, agonismo, sacrificio. Qualità che domenica, ad Ostuni, sembrano aver pagato sostanziosamente: in svantaggio di due gol, l’undici di Pizzulli ha saputo recuperare il pareggio, con orgoglio e cattiveria. La cattiveria che il trainer professa con trasparenza. Non c’è da vergognarsene: è il destino di chi è obbligato a battagliare. Come e più di un campionato fa: alla fine del quale diventò necessario passare attraverso l’appendice misteriosa dei playout. Ma il Bitonto firmerebbe sin d’ora per ottenere lo stesso risultato finale, a maggio. Lo sappiamo già: sarà dura, comunque vada. Malgrado la grinta, l’agonismo e il sacrificio. Nonostante la cattiveria invocata dal coach. E, se poi dovesse aggiungersi la continuità sconosciuta alla formazione guidata allora da Ruisi, non sarebbe affatto male.

martedì 22 settembre 2009

Noicattaro, la notte si allunga

La notte del Noicattaro si allunga. La classifica è sempre quella, la stessa di partenza. Il Catanzaro lo condanna alla quinta sconfitta di fila. Alla sconfitta che, più delle altre, lascia pensare. Per lo score (pesante: uno a quattro), ma anche per lo modalità che lo determinano. Eppure, la squadra che crolla nell’ultima mezz’ora di gioco è la migliore versione di questo primo mese di calcio. E, per un po’, il Noicattaro che conduce il risultato sembra possedere l’autorevolezza per resistere sino in fondo. Anzi, ad un certo punto sembra aver catturato il cliché della partita: la palla circola e Zotti, sistemato in mediana, è propositivo. Invece, la delusione cala all’impovviso, brutale. La squadra di Carella si sgonfia e il Catanzaro riemerge. O viceversa. Zotti e soci smarriscono le coordinate e si lasciano travolgere. Calando fisicamente, atleticamente e, soprattutto, psicologicamente. E c’è, forse, dell’altro: il coach nojano, in tre minuti, esaurisce tutti i cambi a disposizione. Ci resta, allora, il sospetto che anche la mutazione repentina dell’organico provochi qualche scompenso: che Mosciaro capitalizza, chiudendo il match. Molto prima del tempo. Nessun punto, quindi. Neppure questa volta. E le ombre si agitano violente. Mentre Tatò, presidente di garbo e misura, conferma che il raggio d’azione societario è limitato, per motivazioni squisitamente economiche. Aggiungendo, però, che un paio di svincolati potranno rafforzare l’organico attuale, anche in tempi brevi. Un paio e non di più. Il Noicattaro dovrà farseli bastare.

lunedì 21 settembre 2009

Il Taranto e la tensione di Braglia

«Male, malissimo». Piero Braglia non si nasconde. Nemmeno questa volta. Il Taranto che perde (male) davanti alla Spal, a domicilio, è svogliato e improponibile. «Mi accollo ogni responsabilità», aggiunge il trainer. Che chiude una settimana di fraintendimenti, di duelli verbali ingaggiati con la stampa e di depistaggi logistici (la squadra, giovedì scorso, si era appartata a Palagianello, lontana da taccuini indiscreti) con un silenzio stampa che parte da oggi e che si protrarrà sino a domenica. Non è sereno, il coach. E sembra avvertire eccessivamente la pressione che abita da sempre in riva a Mar Piccolo. Quella stessa pressione di cui è stato puntualmente avvisato e che, tuttavia, avrà probabilmente sottovalutato. Strano, considerata l’ormai lunga navigazione del tecnico toscano in acque perigliose e in piazze complicate. Braglia, però, sente che la squadra non risponde. O che non risponde sempre e comunque. E comincia ad avvertire attorno a sé l’ostilità sottile della diffidenza. Che arriva da ogni direzione. Il Taranto, si dice, potrebbe dare molto, in questo campionato. Ma la manovra si ingolfa e la quadratura tattica tarda a solidificarsi. Peggio ancora: il suo nocchiero è sempre più agitato. E una guida poco tranquilla rischia di innervosire chi opera sul campo. Adesso, è questo il nemico più insidioso.

domenica 20 settembre 2009

E il Gallipoli si fa raggiungere ancora

Un altro pareggio. Il quarto. E un altro punto prezioso. La simpatia tra il Gallipoli e il risultato minimo si consolida. E si consolida, se vogliamo, anche una classifica che continua a mantenere i salentini al di là della soglia della massima preoccupazione. Ma il due e adue di Vicenza non può non amareggiare. E, in fondo, lascia riflettere. Perché svilire un vantaggio di due reti è quasi un reato. E lasciarsi nuovamente raggiungere nelle ultime battute del match (era accaduto anche la settimana prima, di fronte al Sassuolo) lo è interamente. Anzi, contando per bene, dall’inizio del torneo ad oggi il Gallipoli si fa raggiungere per la terza volta. E il sospetto, adesso, è che non sia un caso. Giusto: l’allestimento dell’organico e la preparazione si sono rincorse con anormale ritardo. E la diffusa inesperienza di molti protagonisti del sogno che si chiama serie B è un ostacolo in più. Ma, forse, sta incidendo anche la mentalità del gruppo. Magari, sarebbe il caso di parlarne. E di lavorarci su. Giannini, ora, inietti un po’ della sua esperienza, del suo carisma. Aggiunga, cioè, qualcosa di suo. E’ il momento. Ed è necessario.

giovedì 17 settembre 2009

Grottaglie, suicidio nel recupero

Il Grottaglie riabbraccia il proprio pubblico. Per la prima volta, dopo la retrocessione, peraltro cancellata dal ripescaggio recentissimo. E, invece di festeggiare, si suicida. Distruggendo il vantaggio doppio capitalizzato di fronte ad un Francavilla (quello lucano) sempre interessante nel reparto avanzato e assai modesto nel suo complesso. Anzi, inguardabile dietro. La squadra di Maiuri ottiene un solo punto: perché, alla mezz’ora della ripresa, Cornacchia si fa anticipare e beffare da Del Prete. E perché, in pieno recupero, un calcio d’angolo mirato al primo palo trova la deviazione vincente di Manzillo. Disattenzioni gravi, che azzerano il pur faticoso arrampicamento su una partita che spiega le difficoltà sulle quali l’Ars et Labor si sta imbattendo. E sulla quali continuerà a sbattere, se la società non provvederà a rafforzare l’organico. Come, del resto, ha promesso. A proposito: il pareggio (maturato in undici contro dieci, oltre tutto) possiede un unico lato positivo: non potrà cioè ingannare come, piuttosto, avrebbe potuto l’eventuale vittoria. Che, spesso, riesce ad occultare la verità. No, questa volta non esiste il pericolo: i limiti (non solo atletici, anche abbastanza evidenti dopo la prima metà della ripresa) emergono tutti. Anche quelli caratteriali, probabilmente. Di una formazione che si imbatte nella paura di vincere. E che, infatti, frana davanti al traguardo. No, i limiti affiorano tutti. Le prestazioni di De Angelis (due gol e molta verve) e del solito D’Amblè non riescono ad allontanarli. Limiti tecnici, anche: così com’è, il Grottaglie è ancora troppo vicino al campionato che avrebbe dovuto affrontare, se non avesse vinto il ricorso. E, parlando brutalmente, i tre acquisti promessi dal presidente Ciraci potrebbero persino non bastare.

mercoledì 16 settembre 2009

E la Promozione dribbla il regolamento

Si rincorrono voci strane, nell’universo del dilettantismo pugliese. E si configurano situazioni paradossali. O, quanto meno, particolari. Avallate dai regolamenti o, meglio ancora, dalle differenti calendarizzazioni dei campionati. Quello di Eccellenza, per esempio: già partito da tre turni, compreso quello infrasettimanale che si consuma oggi. E quello di Promozione, più direttamente coinvolto nella questione, che invece parte domenica prossima. Vediamo: e, intanto, torniamo alle giornate conclusive della stagione passata. In cui qualche protagonista ha rimediato una, due o più giornate di squalifica: routine pura, ci mancherebbe. Punizioni totalmente o parzialmente da scontare: adesso. Succede, però, che alcuni club di Promozione abbiano individuato l’escamotage per dribblare l’inopportunità della squalifica. Cavalcando, appunto, le norme. Senza, peraltro – è bene sottolinearlo – infrangerle. Dal punto di vista formale. Ma non da quello puramente morale. Avendo cioè ceduto temporaneamente (parliamo, dunque, di prestito) i cartellini degli squalificati a società inserite nel torneo di Eccellenza. Con le quali, in realtà, non si sono di fatto neanche mai allenati. E con le quali, tuttavia, hanno potuto scontare la squalifica (non disputando, appunto, i primi tre impegni di campionato) e, quindi, riconquistando la libertà di espressione. Traducendo, si tratta di trasferimenti fittizi. A squalifica scontata, ovviamente, i prestiti tornano alle rispettive basi di partenza. Prima, ovviamente, della partenza del campionato di Promozione. Con la facoltà di partecipare alla prima gara. Chiaramente, non serviranno eventuali reclami di questo o di quell’altro club: l’operazione è tecnicamente pulita. E ampiamente consentita. Da sempre. Chiaro, nessuno è colpevole. O, forse, un colpevole c'è: la calendarizzazione (quest'anno, per la prima volta, i due campionati non partono contemporaneamente). Ma la storia meritava di essere raccontata. E, soprattutto, merita di essere approfondita, quanto prima. Certo: ora, ormai, è tardi. E non si potrà più ovviare al problema. Ma il dato di fondo rimane. Sarà bene organizzarsi per il futuro. E la Federcalcio di Puglia dovrà ideare una soluzione efficace.

martedì 15 settembre 2009

Lecce, più poteri a De Canio

Puntuale, ecco la notizia che ufficializza il divorzio. Angelozzi, appena rientrato dal periodo di riposo che segue le ultime contrattazioni di mercato, scioglie il rapporto con il Lecce e cambia rotta. Se ne parlava: e il momento della separazione è arrivato. Consequenziale alle frizioni verbali intercorse con il tecnico De Canio (l’organico sarebbe stato allestito in ritardo sui tempi: l’accusa è precisa) e, soprattutto, al largo potere strategico assunto dall’allenatore al momento di firmare il rinnovo del contratto. E, se volete, anche all’ingresso nello staff di nuove figure professionali particolarmente vicine al coach materano. Del resto, se si alimenta il peso specifico di uno, cala il prestigio di un altro. Non ci meraviglieremo di questo. Di sicuro, però, adesso De Canio è il plenipotenziario del club salentino: di fatto. Ma, con gli onori, si allargherà anche il fronte degli oneri. Il Lecce, cioè, si specchierà sempre più nell’allenatore diventato anche manager. E, con gli oneri, si gonfieranno anche le pressioni: è inevitabile. Ed è inutile sottolineare che De Canio, da ora in poi, si giocherà davvero tutto. Ritrovandosi a rispondere di tutto. In prima persona. Sempre.

lunedì 14 settembre 2009

Monopoli, leader che sa soffrire

Balistreri trova il varco e la partita cambia, consegnandosi ad una squadra che soffre un tempo intero, ma che dimostra anche di saper soffrire. E, cioè, di ribellarsi: ancora una volta. Che, di fronte al pressing e all’applicazione dell’avversario, smarrisce e poi ritrova smalto e cordinate. Il Monopoli supera la Vibonese e si scopre capoclassifica, al fianco di concorrenti più reclamizzate. Eppure, il match della formazione di Pellegrini fatica a decollare. Perchè accusa lentezza nelle operazioni di impostazione. Perché difettano il ritmo e le accelerazioni. Perché il sacrificio e il mestiere sorreggono la prestazione concreta e spartana dei calabresi. E perché il Monopoli si lascia imbrigliare e irretire: tanto che la manovra si sgrana, diventando sufficientemente prevedibile. Altro dettaglio: in mezzo al campo, nei contrasti, la cerniera della Vibonese è più risoluta. Oltrepasato l’intervallo, tuttavia, Lanzillotta e soci appaiono sùbito più fluidi e incisivi. La squadra comincia a fraseggiare meglio, più lucidamente, fino a forzare il dispositivo ospite. Da qui in poi, è tutta un’altra partita. Che la Vibonese dovrebbe interpretare differentemente, provando a forzare. Ma il Monopoli è ormai più sicuro di sé: quanto basta per controllare l’ultimo quarto dell’incontro, arginare le deboli controdeduzioni dell’undici di Galfano e scalare la classifica, che incoraggia gli appetiti. Classifica assolutamente inattesa: da vivere e gestire con intelligenza. E da interpretare come uno stimolo. Senza lasciarsi fuorviare.

domenica 13 settembre 2009

Il Gallipoli sta diventando squadra

Terzo pari, terzo punto. In quattro partite. Non è un cammino particolarmente eccitante, ma il passo del Gallipoli è rispettoso dei programmi con i quali la stagione è stata impostata. In ritardo eccessivo, peraltro. E, innanzi tutto, della caratura dell’organico frettolosamente affidato alle cure di Giannini, pochi giorni prima dell’esordio nel campionato di B. Tre punti, anzi, sono un approccio morbido: considerate, appunto, le premesse. Assolutamente al di là di qualsiasi contesto logico. Sul terreno di casa (si fa per dire, il club jonico è e sarà per molto tempo ospite del Lecce), di fronte all’attrezzato e meglio rodato Sassuolo, il Gallipoli spera oltre tutto nel primo successo, svanito in prossimità della dirittura d’arrivo. Consolandosi, tuttavia, con la consapevolezza di aver guadagnato in compattezza, in credibilità tattica e in affidabilità. Elementi che verranno buoni più avanti e che, alla distanza, peseranno molto di più dei due punti evaporati ieri. Un mese dopo, cioè, il Gallipoli comincia a diventare una squadra: dettaglio onestamente arduo da prevedere. Una squadra, depositaria del proprio destino e con un domani davanti a sè. Da soppesare e, evidentemente, da interpretare. Un domani, però, da affrontare con la prospettiva della crescita graduale e complessiva. Senza il pericolo di infilarsi nell’incubo di un’avventura storica appena annusata e già avviata ad esaurirsi.

sabato 12 settembre 2009

Lecce, pareggio di transizione

Il pareggio della transizione. Da una condizione di disagio ad uno schiarimento dell’orizzonte. Il Lecce che pareggia a Modena nell’anticipo del venerdì è una squadra che non graffia eccessivamente, ma che tiene. Che si dà. Che, quantitativamente, risponde alla chiamata di un campionato tradizionalmente amico di chi sa soffrire e disputarsi il risultato. La stanchezza accumulata nelle gambe di Giacomazzi e compagni spiega il dispendio di energie e l’abnegazione del collettivo al servizio della causa comune. E i crampi diffusi testimoniano il sacrificio del gruppo. Ovviamente, però, il Lecce sembra ancora lontano dall’idea di partenza di De Canio e, soprattutto, dell’opinione pubblica. Il rovescio della settima precedente (sconfitta scabrosa rimediata di fronte al Frosinone, edificata innanzi tutto su un calo atletico assai evidente) non è, del resto, ancora definitivamente assorbito. Il Lecce, cioè, sembra ancora rincorrere se stesso. E una propria fisionomia, cioè un calcio più continuo e sostanzioso. Sapendo perfettamente che la serie B attende qualcosa di meglio. Qualcosa di più.

martedì 8 settembre 2009

Biagioni e il derby fatale

La più che discreta operatività in sede di mercato non autorizza ancora l’Andria a sorridere. Tre sconfitte e nessun punto cominciano a pesare. Sulle spalle di Oberdan Biagioni, innanzi tutto. E poi sul morale. Il derby del posticipo, sprecato di fronte al Foggia, certifica che la squadra non è ancora pronta a respingere le insidie del campionato. Che sarà anche lungo, ma che è pure sufficientemente maligno. E, comunque, sempre arduo per chi zoppica quando è preferibile impostare. Come sottolineano le statistiche e pure l’ultima partita disputata: in cui l’avversario controlla il match dall’inizio alla sua conclusione, dettando il ritmo e le condizioni. E in cui, soprattutto, la formazioni di Biagioni non conclude mai in porta. Abbastanza per preoccupare la piazza. E per far circolare il nome di Novelli. Molti sono pronti a giurare che l’avvicendamento, in panchina, è questione di ore. La prima scommessa di patron Musci, quella della guida tecnica, sembra ormai persa.

lunedì 7 settembre 2009

Fasano, lavorare sul progetto si può

Un punto per cominciare. Senza immalinconirsi più di tanto. E allontanando persino qualche paura: perché il campionato, con un organico ritenuto ancora debole, cominciava ad impaurire. Complessivamente, invece, non va così male. E, comunque, il debuto nel torneo di serie D è migliore di quanto si potesse immaginare. All’inizio, però, il Fasano si fa schiacciare dalla Casertana. E soffre, dietro: i pericoli piovono copiosi dalle corsie laterali. Ma l’avversario, in pieno possesso delle operazioni, non insiste e si sgrana velocemente. E la formazione appena affidata Geretto, che può contare in mediana su una coppia centrale di sostanza e continuità (Sanso e Tateo), sul dinamismo di Salvi e, davanti, su artigliere reattivi (Evacuo e Capochiano), punisce l’avversario allo scoccare della prima mezz’ora. Ma, soprattutto, soddisfa l’ardore con cui la squadra interpreta la gara, superando le prime difficoltà di percorso. Malgrado lo sperpero in eccesso di qualche pallone. Il problema di fondo, magari, resta la condizione fisica, approssimativa per la lacunosa preparazione estiva. E, infatti, il Fasano corre sino alla metà della ripresa, momento in cui i campani raddrizzano il risultato, pur senza troppo brillare. Risultato che Colucci e soci finiscono con l’accettare. Geretto, intanto, sa che molto lavoro l’attende. E che, comunque, il progetto si può approfondire. Proprio perché qualche indizio lo lascia credere. Sudando e sgomitando, certo. E sognando, perché no, un aiuto dalla stanza dei bottoni, appena sarà possibile. Senza parlarne eccessivamente, è chiaro: l’austerity è un comandamento sacro.

domenica 6 settembre 2009

Due presidenti e un futuro difficile

A questo punto, dovremmo pensare che gli equilibri – all’interno del Taranto – siano fortemente lesionati. A campionato appena cominciato. In coda alle parole dei vertici societari, che scaricano (anche legittimamente) ogni responsabilità attuale e futura al tecnico e a rimorchio delle frasi nervose di Braglia, che minaccia la truppa, si inseriscono le dichiarazioni di D’Addario e, quindi, quelle del direttore generale Iodice. D’Addario, presidente al cinquanta per cento, comunica il malessere e si fa ufficialmente da parte. Dopo essersi già abbondantemente defilato: dai salotti televisivi e dalla quotidianità degli eventi. Svelando la propria, differente idea di conduzione di un club. Che non è quella di Blasi, cioè l’altra metà della proprietà. Perché differenti sono i personaggi. E differente è la filosofia di gestione. Filosofia che passa attraverso gli accordi di sponsorizzazione, i rapporti con l’ambiente, le istituzioni e le altre società, la prima squadra e il settore giovanile che ancora non c’è. La specificità di ciascun carattere, dunque, avrebbe già consunto i rapporti. O, almeno, negli ultimi tempi avrebbe corroso il feeling tra i due personaggi. Negli ultimi tempi o persino prima: perché sapevamo di alcuni problemi sorti sin da Chianciano, in pieno ritiro-precampionato. «Non possono coabitare due presidenti», dice oggi D’Addario. E, modestamente, l’avevamo abbondantemente previsto su queste colonne, a patto appena siglato. Malgrado Iodice si sia spesso affrettato a respingere ogni illazione. Per poi rispondere piccato alle accuse neppure tanto velate di D’Addario. A questo punto, sì, la gente che tifa non sembra godere del diritto di attendersi settimane tranquille. Malgrado la situazione sia suscettibile di sviluppi. Legati, appunto, alla nuova posizione assunta dall’imprenditore tarantino. Uno che – ci risulta – ha investito tempo ed economie nel nuovo progetto. Un progetto che, altrimenti, non sarebbe decollato neppure. Uno che, perciò, farà fatica a rimanere appartato. E senza del quale verrebbe a crollare quel castello di garanzie faticosamente affrancato al nome del Taranto.

E, infatti, nel corso della mattinata, si sparge sulla città la novità: Blasi lascia e D'Addario rileva l'intero pacchetto di quote azionarie. Una soluzione che la tifoseria gradisce. L'unica soluzione possibile per cancellare le ruggini di troppi mesi e per riavviare il processo di consolidamento (tante volte interrotto) tra il calcio jonico e la città.

sabato 5 settembre 2009

Il regalo del nemico di sempre

Grottaglie in D. E Manduria in Eccellenza. La catena dei ripescaggi premia il rivale più antico dell’Ars et Labor. Che è causa della felicità propria e della soddisfazione del nemico di un tempo. E, forse, da oggi meno nemico di ieri. Il nemico che, fino in fondo, ha confidato nelle ragioni altrui. Tifando per la concorrenza e, contestualmente, per se stesso. Il club biancoverde recupera un po’ del terreno perso in coda al suicidio societario di tre estati fa e anche un po’ di credibilità. E, ovviamente, pure qualche sorriso: anche se la tifoseria non ha dimenticato (come potrebbe) quella brutta storia, né completamente assorbito il dolore. Rimanendo stordita per un po’. Così tanto da non perdere la passione, malgrado qualche delusione rimorchiata dopo la caduta negli inferi del pallone regionale. E, probabilmente, così tanto da gioire del regalo ottenuto dal nemico di un tempo. Senza inciampare nel minimo pudore. E senza preoccuparsi dell’imbarazzo di dover ringraziare il Grottaglie. Sicuramente il fastidio maggiore: ma tant’è, il calcio è anche questo. E, spesso, si diverte così.

venerdì 4 settembre 2009

Il Foggia e Salgado, altro giro

Il mercato è finito. E Salgado è rimasto a Foggia. Da dove avrebbe voluto salpare, neppure tanto segretamente. Sin dall’anno scorso. Al culmine delle trattative (laboriose, pare), si è imposta la consistenza dell’ingaggio. Che spaventava (e spaventa) la società dauna e che ha allontanato qualsiasi pretendente. Tutto come prima, dunque. Il cileno dovrà farsene una ragione. Magari solo sino a gennaio, chissà. Anche se la scappatoia della rescissione del contratto c’è sempre: purchè un altro club in difficoltà torni a bussare, prima o o poi. Cedendo all’urgenza. L’esperienza pugliese, tuttavia, continua. Almeno un altro po’. Esperienza sdrucciola, in realtà. E sporcata dai contrasti frequenti sorti con l’ambiente. O dagli incidenti di comunicazione. Che sembrano anche aver minato il rapporto tra l’artigliere sudamericano e il gol (dieci nella stagione passata: non pochi, considerando le precarie condizioni fisiche che l’hanno ostacolato durante il tragitto, ma neppure utili a cancellare l’ombra di certi attriti, né a liofilizzare gli effetti del suo carattere un po’ spigoloso). La verità, oltre tutto, è che Salgado è oggettivamente mancato nel momento più delicato dello scorso campionato: quello della rincorsa ai playoff prima (obiettivo raggiunto) e della serie B dopo (traguardo fallito). E anche l’approccio alla stagione in corso è sembrato sostanzialmente morbido: la gente non dimentica. Ma, a Faggia, Salgado dovrà restarci ancora. E, davanti, c’è una scommessa, quella di una squadra che sta lavorando per diventare irriverente, quella di Pecchia e Porta. Il ragazzo, allora, torni a concentrarsi sul presente. S’impegni fattivamente per la causa. E provi a rappresenatre il valore aggiunto dell’organico. Converrà anche a lui. E, comunque, non ci perderà nulla.

giovedì 3 settembre 2009

L'ora dei messaggi chiari

Le parole di Braglia colpiscono sempre. E viaggiano dritte, al cuore del problema. Senza prefiltraggio. Il tecnico del Taranto ci sta e si sta abituando (si fa per dire: il personaggio è quello, esattamente come lo ricordavamo) ad un rapporto franco. Con l’opinione pubblica e con la squadra. Franco e anche un po’ crudo. Ma gradevolmente sincero. Il coach dice quello che pensa. E lo serve senza timori. Le dichiarazioni spese sùbito dopo la caduta di Terni sono ancora più ruvide di quelle consumate a ridosso della prima fatica di campionato (quando, invece, arrivò la vittoria). Perché, oggi, c’è un problema, dentro il Taranto. Non di tenuta atletica, come sarebbe comodo pensare. Ma di mentalità: Braglia lo ammette. E lo denuncia. Lasciando trasparire uno strato spesso di nervosismo. Acuito, magari, dalle frasi della società: la squadra messagli a disposizione, fanno puntualmente sapere il presidente Blasi e il diesse Pagni, non è la più forte del girone, ma è assai competitiva. Soprattutto adesso, dal momento che si allena pure Correa, il trequartista che mancava. Dunque, da ora in poi, tocca al trainer grossetano farla funzionare. E bene, pure. Messaggi chiari: il club avverte il capitano della nave. E il capitano avverte i suoi naviganti. Non è più tempo di scherzare.

mercoledì 2 settembre 2009

E il Grottaglie attende

Il Grottaglie, oggi, dovrebbe sapere. Se davanti a sè c’è il castigo dell’Eccellenza o la redenzione della serie D, conseguenza diretta di un ripescaggio già conquistato in mezzo all’estate e poi cancellato da una rivisitazione della classifica delle formazioni aventi diritto. A tutto vantaggio dell’Elpidiense, ammessa in quinta serie. Il ricorso, inoltrato e discusso proprio ieri, è tuttavia fondato. Perché le operazioni gestite dal club marchigiano continuano a non convincere: per la modalità e per la tempistica (la documentazione è completata oltre i termini imposti dal regolamento). E un accoglimento della pratica legale, affidata alla competenza e all’esperienza dell’avvocato Chiacchio, non meraviglierebbe. Teoricamente. Il punto nodale della questione, però, è un altro. E’ sin troppo evidente che al Grottaglie servirebbe uno sponsor serio. E politicamente convincente. Cioè una garanzia: per ottenere quello che sembrava un diritto. La speranza è che il presidente Ciraci abbia trovato il canale giusto. E, soprattutto, che la giustizia sportiva applichi il buon senso. Cioè una soluzione all’italiana. Comoda, anche se tecnicamente discutibile. Traducendo, che venga deciso un ripescaggio in sovrannumero. Utile a salvaguardare le posizioni dell’Elpidiense e del Grottaglie, contemporaneamente. Certe volte, la manipolazione delle norme sono l’epilogo migliore. O il più conveniente: per tutti.

Il ricorso è accolto. E il Grottaglie è in D. La linea difensiva dell'Ars et Labor è completamente premiata. Di più: la richiesta di ripescaggio in sovrannumero è addirittura rigettata dall'Arbitrato del Coni. Il club jonico, cioè, dovrà sostituire l'Elpidiense. E non semplicemente accodarsi. Segno evidente che le ragioni della pratica legale erano saldamente fondate. Più di quanto si sospettasse.

martedì 1 settembre 2009

Primo derby, prima vittoria

Il primo derby è l’occasione migliore per impossessarsi della prima vittoria. Il Brindisi lavora la resistenza del giovane Noicattaro, lo accerchia e lo punisce. Due a zero, risultato pulito. Che trascina, olre tutto, indizi più confortanti: dal rientro in organico di Taurino al felice ingresso nei meccanismi di Panarelli (è suo, peraltro, il destro che sblocca il parziale); da un atteggiamento di squadra più consapevole e accorto alla ritrovata lucidità di Moscelli. Passando per la reattività mostrata da Galetti. E in attesa che il paulistano William Da Silva, artigliere di manovra appena prelevato dal Taranto, si inserisca nell’ingranaggio. Nell’evoluzione del Brindisi, però, pare inserirsi anche la questione tattica. Sul campo, rivela coach Silva, i protagonisti e i loro movimenti l’hanno obbligato a modificare il modulo di partenza: tanto che il 4-3-1 2, oggi, sembra offrire più garanzie del 3-4-3 dik partenza. Nessuna bocciatura, però. Neanche per il tecnico pavese: l’inversione di rotta, del resto, non è un sintomo di debolezza, come qualcuno potrebbe essere orientato a pensare. Ma un segnale di praticità. E di intelligenza.