mercoledì 24 febbraio 2010

Il Bari e i problemi di bassa pressione

Atalanta, Cagliari, Milan. In fila. Sono le abbreviazioni delle ultimi tre impegni del Bari, tutti regolarmente persi. Che hanno (abbastanza ingiustamente) offuscato la godibilità del momento storico e il ruolino di marcia della formazione di Ventura. Attorno alla quale sta pericolosamente calando qualche ombra di frustrazione e di delusione dell’ambiente. Che, magari, progettava qualche situazione particolarmente interessante: senza rapportarsi, però, alla realtà del campionato, che premia e offende ciclicamente tutte le concorrenti (ieri gioiva qualcuno e si preoccupavano altri, oggi accade il contrario, domani chissà). E senza rapportarsi alla dimensione vera a cui appartiene la squadra. Il Bari, cioè, non è niente di più e niente di meno di quello che è: un organico che deve competere innanzi tutto con se stesso, migliorarsi sempre e comunque, sfruttare le debolezze dei più dotati, immagazzinare immediatamente quello che serve per poter vivere tranquillo sino in fondo e progettare un futuro ancora più accondiscendente (a proposito, il tecnco è ufficialmente confermato anche per la prossima stagione: buon segno). Anche questa volta, ha ragione il suo nocchiero, che distribuisce quotidianamente pillole di saggio equilibrio. Ha ragione a temere che l’ansia del risultato assalga la sua gente. Proprio perché la bassa pressione che sembra cominciare ad avvolgere la piazza potrebbe alimentarla. E quello di Catania, cioè il prossimo match, non può essere considerato la madre di tutte le partite, sottolinea Ventura. Parole che sono una richiesta di soccorso e un ammonimento assieme. Una difesa doverosa e un’analisi serena. O un consiglio assolutamente interessato.

martedì 23 febbraio 2010

Un punto per la continuità

Il Crotone è denso e concreto. E il Lecce pure. Ma anche tecnicamente più vivace. Tanto da passare a condurre il posticipo del lunedì. Che i calabresi, poi, riescono a riequilibrare, con impegno e carattere. Rimane, tuttavia, l'impressione che la squadra di De Canio abbia tralasciato qualcosa. E che, soprattutto, abbia disperso l'opportunità di vincere un altro match lontano da casa. Sperperando anche la possibilità di scavare un solco più profondo tra sè e le inseguitrici (il Sassuolo, ora, naviga due punti sotto ed è l'avversario più immediato, ancorchè ultimamente amaccato; le terze sono quattro lunghezze più giù). Alla fine, lo score vale un punto: particolarmente interessante, se abbinato ad un match sempre gassoso e ben disputato. Ma anche sottovalutato: in certi ambienti, magari. E, magari, anche a torto. Perchè, in questo campionato di B, sfuggire all'appiattimento e liberarsi dall'abbraccio del mucchio sembra arduo assai. Anzi, dove nessuno sfugge al dominio dell'equilibrio sembra persino saggio accontentarsi del minimo indispensabile per continuare a viaggiare. Un semplice punto, in certi casi, significa continuità. E la continuità, quest'anno, dovrebbe pagare. Più di altre volte.

lunedì 22 febbraio 2010

Il Monopoli è redditizio senza brillare

Più redditizio che inattaccabile. Il Monopoli che si scrolla la resistenza quieta del Melfi vince senza arrampicarsi sulla partita, cioè ottenendo il massimo senza attribuirsi troppo campo. Vero: il match è di quelli lenti, privi di ritmo. Perché sono i lucani a dettarlo, cucendolo addosso al suo metronomo Mitra. E il calcio fatica a decollare. Se l’avversario è appena più fluido e fa viaggiare meglio la palla, la formazione di Chiricallo appare un po’ legata, ma raggiunge ugualmente il vantaggio (l’intuizione di Loseto è tradotta da Lisi con la coscia). Poi, il Monopoli si arma del merito di conservare il risultato, gestendolo però con un pizzico di superficialità nella fase finale della gara. Dove il Melfi, probabilmente, si accorge di aver peccato: non accelerando mai, non cambiando il passo. Sull’Adriatico, dunque, restano i tre punti. Essenziali. Ma non, per questo, sufficienti per entusiasmarsi. Il campionato continua, distrarsi non è possibile. E la salvezza, ancora più vicina, non è tuttavia garantita. Per centrarla, serve altro sacrificio. E un altro po’ di brillantezza, magari.

domenica 21 febbraio 2010

Il Gallipoli e il ritorno alla realtà

L’orgoglio si stempera, i problemi rimangono. Lo spessore emozionale del momento si polverizza e lo scadimento (tecnico, tattico e psicologico) aggredisce il Gallipoli. La gente di Giannini crolla di fronte al Vicenza: cinque gol (a zero), oltre tutto sull’erba amica, scalfiscono l’impresa di Sassuolo, vecchia di una settimana. E’ tutto facile, per i veneti: vantaggio veloce, raddoppio celere. E match archiviato in mezz’ora, sul parziale di tre a zero. Il Gallipoli è assente, abulico. Stracciato. Ed è facile, a questo punto, sospettare che il collettivo, paghi (in ritardo) pure un po’ di giorni vissuti pericolosamente. E per niente allietati dall’espressione di tenacia e di coraggio vista in Emilia. Anche perché, nel frattempo, il disordine che circumaviga il club non si attenua. Anzi. Si scopre persino (parole di Pagni, l’ex diesse, attualmente senza domicilio calcistico) che il nuovo passaggio di consegne tra il contestato presidente D’Odorico e l’ex patron Barba (spalleggiato, pare, da Pagliuso, già proprietario delle quote azionarie del Cosenza, neppure troppi anni fa) sia naufragato nell’anonimato, pochi giorni addietro. E, soprattutto, che proprio la disinvolta gestione di D’Odorico è oggetto di un’indagine della Procura di Lecce (l’accusa, eventualmente, sarebbe grave: truffa maturata parallelamente all’acquisizione della società, l’ultima estate). Grana fastidiosa, davvero. Che rischia di piegare definitivamente un ambiente che, sin qui, ha rintuzzato con fierezza le difficoltà del salto nel pallone dei grandi. Ovvio, adesso, che la squadra - anche dentro il campo - attraversi settimane delicate. Ma non è neppure intelligente disgiungere il percorso il discorso puramente calcistico da quello manageriale. E, allora, in attesa che Giannini comprenda la natura di questo rovescio, è assolutamente necessario che D’Odorico intervenga fattivamente, senza trincerarsi dietro i comunicati stampa. Abdicando, oppure ipotizzando una struttura solida, affidabile, duratura. Seria. Siamo al punto di partenza e il tempo scorre: serve una società. Una società che funzioni davvero.

venerdì 19 febbraio 2010

Nardò, primo obiettivo. Centrato

Ci sono partite dove le individualità dispongono i torti e le ragioni. E la finale di Coppa Italia regionale (Nardò-Molfetta, sul sintetico di Francavilla) è una di queste. I colpi di Montaldi, Irace e Turitto (un '90 che arriva da Sulmona, ma angraficamente barese) consegnano il trofeo al club salentino, ora libero di inseguire la promozione in D attraverso due itinerari: quello tradizionale del campionato e quello, appunto, della competizione iridiata, che da qui in poi si snoderà per un percorso interregionale (a proposito: le prossime avversarie della formazione di Longo sono l'Ebolitana e la Fortis Murgia, una enclave pugliese in terra lucana). Intuizioni che, peraltro, si combinano con l'infelice pomeriggio della difesa molfettese: cioè, la meno battuta del torneo. Impensabile, ma vero. Vince il Nardò, dunque: in virtù della miglior qualità complessiva, di una partenza convinta, di una risolutezza decisiva nella trequarti avversaria e della pronta reazione al temporaneo pareggio del Liberty. Vince il Nardò, una squadra costruita per vincere. Come il Molfetta, del resto. Perchè la Coppa, da qualche anno, segue più o meno fedelmente la storia del campionato. In fondo, cioè, arriva chi nasce per concorrere al meglio e per governare fronti diversi. Chi spende. Parecchio, anche. Come il Casarano dell'anno passato. E il Nardò di questa stagione. Sembra proprio il calcio dei grandi: ormai non ci si inventa più niente. E tutto sembra già scritto: molti mesi prima.

giovedì 18 febbraio 2010

Il pareggio non ferisce il Brindisi

Quarantacinque minuti di volontà impotente non sbloccano lo score (Brindisi e Monopoli si appropriano di un punto ciascuno nel secondo derby della domenica), ma almeno allontanano i mugugni e i germi della contestazione. Che, a Brindisi, riaffiorano appena spunta un pareggio che rallenta la corsa verso il raggiungimento di un balcone con vista sui playoff. Questa volta, nella prestazione della squadra, la gente scorge anima e intenzioni, frustrate nel corso della seconda frazione di gioco dall'insufficiente precisione e dalle contingenze di percorso. Oppure, le recenti minacce di disimpegno dei vertici societari potrebbero aver raffreddato (definitivamente?) qualche ardore popolare, ricompattando un ambiente sempre esplosivo e, troppo spesso, disponibile all'autodistruzione. Pericolo scampato, allora. Il Brindisi non vince, ma continua a crederci. Guardando alla prossima trasferta di Siracusa: quella, sì, da non fallire. Con la benedizione del proprio pubblico. Anche questa è una notizia.

martedì 16 febbraio 2010

Noicattaro, c'è sempre l'impronta di Zotti

Il fango è sufficiente per spiegare le difficoltà oggettive del Noicattaro. Che, con un nuovo timoniere (Trillini) e qualche puntello (quattro, individualmente neanche male), sta provando a risalire verso la libertà. Difficoltà di pensiero (geneticamente, questa è una squadra portata a sviluppare le idee palla a terra), di fantasia (Zotti, piazzato a sinistra e a ridosso dell’unica punta, è il singolo che, più di altri, ha sofferto un terreno di gioco particolarmenet pesante), di sostanza (l’organico è fisicamente più leggero di altri) e di gestione della partita (la discontinuità di esercizio, peraltro, è un marchio di fabbrica del campionato e, soprattutto, di Sassanelli e soci). Ma il consiglio è di non cullarsi troppo – né di illudersi - di fronte alle attenuanti. Anche se il ritorno alla vittoria (uno a zero sul Manfredonia) apre qualche varco nelle nubi e alimenta la speranza. I problemi ci sono tutti, ancora. E Trillini sarà costretto a lavorare abbastanza, su diversi dettagli. Ad esempio: il Noicattaro deve imparare a mantenere il possesso della gara, a stringere l’avversario. Qualità che l’impiego di un discreto catalizzatore di gioco come De Santis, domenica all’esordio, potrebbe far emergere con minori fatiche, da qui in avanti. Intanto, il 4-2-3-1 provato nel derby merita di essere incoraggiato, almeno nei match a domicilio. Tenendo, tuttavia, ben presente due concetti. Il primo: il tempo per rimediare c’è, ma non è infinito. E, dunque, occorrerà fidelizzarsi attorno ad un modulo di riferimento. Il secondo: pure l’ultima fatica conferma il dato di sempre. Il Noicattaro, cioè, continua a dipendere dall’estro e dalle intuizioni di Zotti. Non troppo preciso, nel derby. Ma, alla fine, decisivo. Nel procurarsi il penalty e nel trasformarlo. E questa è storia.

lunedì 15 febbraio 2010

Il Manfredonia si perde nel fango

Nel derby del fango, il campo sembra preferire il Manfredonia. Che si difende con ordine precostituito, che è più presente nei contrasti e nelle zone nevralgiche del campo. Ovvero, meglio disposto sulle zolle di erba straziata e più carrozzato nelle situazioni di ripartenza. Non numerose, perché condizionate dalla viscosità del terreno e dalla volontà di non forzare, eppure più robuste. Il Noicattaro versione-Trillini, però, al gol ci arriva (dagli undici metri: Zotti agisce prima di mestiere e, poi, di precisione) e il Manfredonia no. Che, poi, smarrisce anche le ultime briciole di brillantezza utili a riequilibrare lo score. Rendendo vana anche la superiorità numerica vantata per venticinque minuti (Strambelli cade nel tranello di Vitiello e il direttore di gara con lui). Traducendo: un punto perso. E non solo perché sfugge il risultato più ovvio. Malgrado un calcio complessivamente più convincente: ieri, così come in altre occasioni. Il fatto, cioè, si ripropone. Diventando un’abitudine scabrosa. E un limite.

domenica 14 febbraio 2010

La risposta del Gallipoli

Sinceramente, ci incuriosiva (e anche parecchio) la trasferta del Gallipoli a Sassuolo. Per la caratura dell’avversario, ma soprattutto per i risvolti di una settimana asssolutamente al di fuori della normalità vissuta dall’intero ambiente. Che, davvero, non si era fatto mancare nulla: un ammutinamento temporaneo sul campo, risse verbali, aggressioni mancate, accuse, dimissioni del coach, conferenze stampa, polemiche, incontri riparatori, sospetti di calcioscommesse e indagini federali compresi. Ci intrigava capire: come la squadra avrebbe risposto, psicologicamente parlando. E, magari, pure tecnicamente. Ma la risposta, alla fine, appaga ampiamente. Per il risultato (successo sul terreno dell’ormai ex capolista). Per la conduzione del match (salda, intrisa di temperamento, concentrazione, grinta e, ovviamente, anche rabbia). E per i dettagli accessori. Il Gallipoli di Giannini, cioè, fa blocco, si stringe attorno a se stesso. Confermando con i fatti le parole. Non di semplice circostanza, questa volta. E la gente scopre un gruppo vero, fieramente arroccato sulle proprie posizioni, ma consapevole del proprio ruolo e orgoglioso della propria dignità. La dignità di esserci e battagliare comunque, al di là degli assegni più o meno scoperti, degli inciampi organizzativi di una società che fatica a quadrarsi, delle epurazioni di mezza stagione. La dignità di portare addosso il nome e la storia di un club emerso improvvisamente dall’anonimato, malgrado tutto. Il Gallipoli che non si piega è anche il Gallipoli che si rafforza nelle difficoltà. E’ il Gallipoli che si fa amare e che, soprattutto, guadagna nuovo vantaggio mediatico e nuovo gradimento popolare su chi lo governa. Ed è il Gallipoli che la gente sta imparando a sostenere con vanto. Quello che la ripaga: al di là di un successo in casa del Sassuolo.

mercoledì 10 febbraio 2010

Gallipoli, messaggio forte

I fotogrammi del posticipo scivolano rapidi. Quasi leggeri. Malgrado i quattro gol che la condiscono, le evoluzioni del risultato (Gallipoli in vantaggio di due reti e, infine, raggiunto dal Grosseto, in nove contro undici) e i sentimenti di frustrazione che si accodano (l’undici jonico, in fondo, spreca un’occasione interessantissima per ormeggiare nella parte centrale della classifica, ancora più lontano da chi soffre). La partita è solo un’appendice dei fatti che la solcano e la segnano. E che, probabilmente, influenzeranno quel che resta della stagione. O che, comunque, disturberanno – e non poco – l’ambiente. Dopo aver devastato un lunedì sera assolutamente originale. E dai contorni (anzi, dai contenuti) grotteschi. Si parte e ci si ferma sùbito. Si ferma – premeditatamente - tutto il Gallipoli, che offre le spalle alle tribuna dove siede il suo presidente. Per quaranta secondi: un’eternità, in certi casi. Il Grosseto sa tutto, fa finta di nulla, lascia circolare il pallone e non infierisce. C’è tensione, tra la squadra e il vertice del club. E non da ora: e non solo per la recente esclusione dall’organico di De Petris e Garavano. Piuttosto, il problema legato alla corresponsione degli stipendi esista ancora. E come. Al di là delle frasi di circostanza di D’Odorico, presidente che la piazza ha ormai ricusato, proteggendo idealmente l’allenatore e i giocatori. C’è tensione, neppure più occultata. Ma, anzi, libera di attraversare l’erba e di ramificarsi nei teleschermi della pay-per-view. Poi, si incrociano i tacchetti, per davvero. Il match è autentico e Giannini si lascia trasportare, rimediando l’allontanamento anticipato dal terreno di gioco, le conseguenti quattro giornate di squalifica e una sistamazione suplettiva in tribuna. Dove il patron gli vomita il proprio disappunto e diverse frasi pesanti. E dove matura la decisione estrema del tecnico, comunicata a fine gara: dimissioni. Sull’accoglimento delle quali non transita alcun dubbio. Il terremoto squarcia il Gallipoli. All’improvviso, ma non troppo. Perché gli ultimi novanta minuti sintetizzano uno stato di disagio ormai datato. E una situazione insostenibile, come certifica la conferenza stampa organizzata dalla squadra ventiquattr’ore più avanti. Adesso, attendiamo sviluppi. Non tanto sulla posizione di Giannini, che appare ormai lontano. Ma su tutti i fronti. Dopo aver aspettato invano un segnale concreto dal club. Intanto, però, il messaggio il messaggio della truppa è arrivato. Forte, chiaro e diretto.

Quello che appare non sempre è. E l'intransigenza delle parti si ammorbidisce. Con i comunicati e i chiarimenti, magari. Alla fine, Giannini resta in panchina: soprattutto perchè, di fatto, la squadra esclude la volontà del tecnico dalla protesta rappresentata sul campo. Ma anche perchè tutti abbozzano un passo indietro. Il Gallipoli, però, resta in libertà vigilata. E i problemi di fondo, sino alla loro auspicabile soluzione, restano.

martedì 9 febbraio 2010

Ma il premio per l'Europa non c'entra

Ventura non vende frasi di comodo. Analizza con onestà intellettuale e gestisce il suo Bari con equilibrio dialettico e realismo puro. Ovvero, il metodo di lavoro che conosce meglio. Il tecnico, poi, conosce la propria squadra meglio di chiunque altro. Individuando, prima di altri, pregi e difetti, potenzialità nascoste e limiti congeniti. Prevedendo, talvolta, quello che potrebbe riversarsi sulla strada di un organico proiettatosi già al di là di qualsiasi ottimistica previsione. Già al di là di ogni traguardo disegnato in estate, prima dell’avvio del torneo. E ormai estraneo ad una battaglia, quella per la salvezza, che avrebbe dovuto coinvolgerlo e che, invece, non l’ha neppure sfiorato. Ventura è un tecnico che non si sbilancia. E che neppure si intristisce troppo. Che capisce le situazioni e che si arma di esperienza e buon senso per non cadere nei pericoli delle chiacchiere da bar. Anche per questo, non enfatizza la prova sgualcita di Bergamo (passivo minimo, in coda ad una prima frazione di gioco dignitosa e di una ripresa difettosa, soprattutto per intensità). Pur non sottovalutandola. Perché, evidentemente, sa che il Bari è questo e che, nel calcio, non si inventa niente. Il coach, peraltro, è già largamente felice di questo gruppo. E fa pochissimo per nasconderlo: ci mancherebbe anche, del resto. Il Bari, tra parentesi, è una forza media del campionato, che prova sempre a migliorarsi. E che, talvolta, si issa anche sulla propria strafottenza, o sul proprio entusiasmo. Sfruttando le virtù del terreno di casa, dove ottiene sistematicamente di più. E soffrendo, qualche volta, le trasferte: come in questo preciso momento storico. Nessun caso specifico, dunque. E nessun mistero. Né potrebbe essere stata l’iniziativa del presidente Matarrese (l’istituzione di un premio per l’eventuale accesso in Europa) a deviare la concentrazione di Gillet e compagni. O a modificare l’equilibrio dello spogliatoio. Non ci crediamo: così come non ci crede Ventura. Che, invece, si augura di recuperare (o, se non altro, di non disperdere definitivamente) la solidità, i concetti di mutuo soccorso, l’applicazione, la concentrazione e la mentalità dei tempi migliori. Cioè, di rivedere assai presto un gruppo affamato.

lunedì 8 febbraio 2010

Ostuni, molto lavoro per nulla

Non sapremo mai come l’Ostuni avrebbe imbastito il derby e le situazioni all’interno di una gara scomoda. Per sé e per l’avversario. Perché il Grottaglie, appena nove secondi dopo il calcio d’avvio, non rifiuta il regalo di Melis e Iafullo, passando in vantaggio. Prenotando il successo finale, quello che lo rilancia. E che, ormai, certifica la convenienza di giocare lontano dalla propria casa. Ma la squadra di Lombardo, trafitta a match appena aperto, pur faticando un quarto d’ora abbondante per riorganizzarsi, riesce a farlo. E a costruirsi una partita anche interessante. Cioè, a disegnarsi un numero corposo di occasione da rete, tutte più o meno maldestramente sprecate. O, comunque, vanificate da Laghezza, guardasigilli jonico in equilibrio perenne tra prodezze e disattenzioni gravi. Esatto: lentamente, l’Ostuni riannoda i fili del progetto tattico, impossessandosi del centrocampo, dettando il gioco e premendo forte. Di più: la partita diventa un monologo. E il Grottaglie, appena più gladiatorio del solito, attende e subisce. Non per sempre, però: perché la gente di Maiuri si ritaglia un secondo tempo intelligente, ben gestito. Dove riduce i rischi. Contestualmente, Ciaramitaro e soci si afflosciano. Inoltre, Melis e lo stesso Ciaramitaro guadagnano in dirittura d’arrivo il cartellino rosso: fine dei giochi. E inizio dei quesiti, in casa ostunese. Soprattutto perché una squadra che prova a giocare non riesce ad emergere: è questo è un problema. Che sconsigliamo di sottovalutare.

mercoledì 3 febbraio 2010

Gallipoli, terra di vip

Bettarini? Solo una trovata pubblicitaria. Buona per rendere più appetibile il nome di Gallipoli e del Gallipoli. L'ingaggio del difensore, fuori dai campi di pallone da un po', ma assai impegnato negli studi televisivi e nelle isole dell'illusione mediatica, fa discutere ancora. Eppure il calcio c'entra poco. O nulla. Anche perchè, bonta sua, il presidente del club jonico precisa che non ci sono esigenze tecniche o tattiche ad aver suggerito la definizione di una trattativa singolare. Giannini, del resto, valuterà le condizioni del giocatore per un mese, decidendo in sèguito che fare. E senza avvertire il peso della necessità di utilizzarlo. Parole del patron: che, talvolta, esibisce concetti arditi. Come quello di un'unica espressione calcistica del basso Salento, ad esempio. Dimenticando, però, di chiarire se e come sarà garantito il futuro del sodalizio. Bettarini, però, c'è. E non manca neppure la risposta (stizzita) della politica locale: D'Odorico pensi a fare il suo, fa sapere il capogruppo diessino al Comune di Gallipoli Schirosi. Alla promozione del territorio, piuttosto, ci pensa la suggestiva bellezza del territorio. E la lunga schiera di presenze vip sullo Jonio, non solo d'estate. A ciascuno il suo, allora. E palla al centro: ma D'Odorico non recupera e resta in svantaggio. Adesso, servono idee migliori. E qualche boutade in meno.

martedì 2 febbraio 2010

Un Noicattaro riveduto e corretto per Trillini

A Catanzaro non si passa. La prima della classe è sempre tale: anche se le difficoltà economiche minacciano le fondamenta del progetto e pure se Caputo, uno dei big di questa categoria, ha salutato da tempo. A Catanzaro il Noicattaro viene trafitto due volte e poi soffre per tutta la ripresa, limitando i danni. La trasferta in Calabria è un’altra pagina da girare in fretta. Prima di riconcentrarsi e di riconsegnarsi al nuovo campionato che si sta aprendo. Come ogni anno, dopo la sessione invernale di mercato. E prima di affidarsi alle idee di Sauro Trillini, nuovo padrone della panchina già appartenuta al saggio Carella, esautorato per non aver saputo raccogliere più di un penultimo posto con un organico non troppo robusto: e non solo numericamente parlando. A Trillini, dunque, il compito di agganciare una salvezza disperata. Confidando, però, sulla fortificazione dell’elenco dei disponibili: agli acquisti recenti Manca e Strambelli, infatti, si è aggiunto anche De Santis, arrivato nelle ultime ore da Andria. Gente che, si spera, potrà tornare utile. E che, sicuramente, avrebbe soddisfatto pure Carella, privato della possibilità di misurarsi con un collettivo più attrezzato a respingere le insidie del campionato. Nessuna sorpresa, però: va sempre così. E chi arriva dopo parte spesso con un vantaggio. Anzi, con due: il lavoro speso dal predecessore e gli investimenti suggeriti dalla paura. Negati ripetutamente a uno e offerti immediatamente all’altro. Anche perché Trillini avrà preteso garanzie, giustamente. E, allora, il saggio Carella se ne faccia una ragione.

lunedì 1 febbraio 2010

Nel segno di Mastrolilli

Mastrolilli arriva e segna. Segna e risolve una partita meno difficile di quanto si potesse prevedere, ma non per questo agevole. E, comunque, ben interpretata dal Monopoli, un po’ rilassato nelle retrovie, ma efficace nella cerniera mediana e sufficientemente largo (e, quindi, ispirato) in fase di possesso. Il Gela (complessivamente deludente, nonostante la prova pregiata di Schiavon) si ferma in riva all’Adriatico e il successo della formazione di Chiricallo può considerarsi prestigioso, ancorchè legittimo. In virtù di un approccio di match convincente, di una indiscutibile linearità di espressione, di una pericolosità più frequente. E, appunto, della fisicità del’ultimo arrivato, Mastrolilli, che assicura presenza ed esperienza al centro della prima linea. Sembra un altro Monopoli, ecco. Sicuramente diverso da quello degli ultimi tempi. E assolutamente più credibile di quello visto, la settimana prima, a Vibo Valentia, dove pure aveva conquistato il risultato pieno. Intanto, due vittorie di sèguito si riversano tangibilmente sulla classifica, adesso assai più confortante. Grazie alla quale tecnico e squadra potranno continuare a lavorare con maggiore serenità: non è poco. Attendendo, magari, anche l’inserimento e la condizione di un altro acquisto di gennaio, l’ancora legnoso Caracciolese. Cioè: il futuro è accondiscendente. E il momento va sfruttato.