venerdì 29 aprile 2011

Taranto, sprint nei tempi giusti

Tutti d’accordo: il Taranto diventa squadra – squadra vera – nel momento in cui serve di più, nel pieno del rush finale. La striscia dei risultati che contano si allunga: dodici match corredati di punti, non accadeva da tempo. E, addirittura, sboccia una nuova affermazione in trasferta, la seconda del torneo. Questa volta, Bremec e compagni s’impongono in casa di una formazione di rango ormai consolidato, di una concorrente diretta. Di più: la Juve Stabia si piega e si spezza. Tre a zero, risultato inequivocabile. Che racconta di un Taranto intelligente e furbo, pratico e calcolatore, sicuro di sé e deciso. I playoff sembrano proprio blindati: sei punti di vantaggio sulla sesta (il Foggia) a tre giornate dalla fine della regular season sono una dote preziosissima. In realtà, la formazione di Dionigi sta pensando seriamente di puntare al quarto e, perché no, pure al terzo posto. Consolidando, peraltro, certe impressioni degli addetti ai lavori: il gruppo, cioè, sembra attraversare un periodo di lievitazione costante. Sta bene e, anzi, crede di poter dare ancora di più, proprio nella coda della stagione, dove si compiono i destini. Il Taranto non è più quella squadra discontinua di tre o quattro mesi addietro. Si è rassodato, asciugato, lubrificato. Trovando quello di cui aveva bisogno. Ringraziando una campagna di rafforzamento, quella di gennaio, sicuramente felice. Liberandosi di qualche ostacolo psicologico, anche. E approfittando di una quotidianità più serena, al suo stesso interno. Segno che certe critiche esercitate nel passato, evidentemente, non erano poi così fantasiose e pretestuali. Ai playoff, dunque, il girone B di terza serie sta consegnando un collettivo finalmente solido, comunque più affidabile, caratterialmente rivitalizzato. Anche e soprattutto dai punti conquistati, ma pure da una condizione atletica ottimale e da una quadratura tattica più rassicurante. Niente, del resto, succede per caso: se la rincorsa è riuscita, vuol dire che il Taranto è cambiato. Scegliendo i tempi giusti.

mercoledì 27 aprile 2011

Lecce, tutto da rifare

«Niente di strano, il campionato è questo». Coach De Canio non si scompone. Accettando con stile il verdetto del match di Genova (Lecce in vantaggio due volte e, infine, battuto quattro a due) e dettando l’esempio: mai perdere l’aplomb, in certi casi. Calma e lavoro, come e più di prima: è la ricetta giusta. Perché la lotta per la permanenza è ancora tutta da scrivere. Malgrado quelle due affermazioni ottenute su Udinese e Sampdoria, recentemente, abbiano sensibilmente (ma anche ingannevolmente) avvicinato il traguardo. Niente da fare, invece: la sconfitta maturata contro il Genoa e qualche altro score sfavorevole ricacciano il Lecce dentro il fosso, al terz’ultimo posto. Certe disattenzioni, dietro, si pagano. E a poco serve la tranquillità dell’avversario, ormai senza un obiettivo da perseguire, ma ancora abbastanza concentrato per non sfigurare. La corsa verso la salvezza, comunque, continua: passando, domenica prossima, per Verona. Dove i punti conteranno assai: anche per il Chievo, niente affatto immune da timori assortiti. E dove, sicuramente, diventerà improponibile quella squadra allegramente schierata nella fase di non possesso a Marassi. Di certo, però, certi numeri (sessanta gol subiti sino a questo momento) sono davvero eccessivi. E, con queste premesse, l’eventuale salvezza trascinerebbe il sapore del miracolo. Assolutamente.

martedì 26 aprile 2011

Foggia, rincorsa spezzata

Il bilancio si sviluppa a maggio, più o meno per tutti. Ma qualche conto si regola ad aprile. Il Foggia, per esempio, sembra già aver risolto tutti i suoi dubbi: resterà in terza serie. I playoff si allontano definitivamente: sei punti dal quinto posto, a questo punto del campionato, sono ragionevolmente tanti. Anche se non ci giureremmo completamente: perché la formazione di Zeman sa riciclarsi alla stessa velocità con cui brucia il proprio patrimonio di idee e di punti. E poi perché, malgrado la vittoria grassa ottenuta sulla Cavese proprio sabato scorso, l’Atletico Roma appare un collettivo un po’ usurato. Chissà, allora. L’ultimo turno di campionato, però, sembra aver spento le legittime ambizioni daune: allo Zaccheria arriva la capolista Nocerina, che in coda ad un match aspro, anche e soprattutto fuori dal campo, dopo il novantesimo, vince partita e campionato, riassaporando il gusto della serie B, dopo trent’anni e anche qualcosa di più. Ancora una volta, peraltro, il Foggia si sente defraudato, danneggiato dalla direzione di gara. Molti episodi non convincono. E non piace l’atteggiamento della Nocerina, accusata di arrendevolezza contro la Juve Stabia e il Taranto e, invece, molto motivata contro Sau e compagni. Particolari da cui spuntano polemiche feroci, immediate (il presidente Casillo e il coach campano Auteri si scambiano accuse roventi e qualche altra cosa) e poi strascinate nel corso della settimana che segue. Infine, ecco Zeman: il boemo lascia intendere che la causa dell’astio dei poteri forti verso il club e la squadra sia proprio lui. Come dimenticare, del resto, la crociata del tecnico di Praga contro il sistema calcio, neppure troppi anni fa. Da queste colonne, tuttavia, avevamo previsto tutto, prima del campionato. E, non a caso, avevamo ventilato la possibilità della costruzione di un alibi facile sugli eventuali infortuni di un collettivo giovane e inesperto: che, per inciso, ha dato tutto e, probabilmente, pure qualcosa di più. Sette mesi dopo, l’ipotesi si è puntualmente avverata. La gente, però, sembra aver interamente assorbito e fatta propria quella che era una neanche tanto flebile e sotterranea sensazione, più o meno condivisa da tutti. E questo, alla fine, rischia di diventare un problema nel problema.

domenica 24 aprile 2011

Bari, retrocessione aritmetica

E, adesso che anche la matematica condanna, il Bari può concentrarsi esclusivamente sul proprio futuro. Tutto da decifrare, ancora. La sconfitta incassata dalla Sampdoria, al San Nicola, archivia un campionato dalle modalità singolari e accelera quel processo di rinnovamento configurato (o auspicato) dalla famiglia Matarrese. Ancora indecisa, sembra, tra il disimpegno totale o parziale: cioè, aperta a soluzioni diverse. Che vanno dalla partnership con altri soggetti ad un’operazione di rapido defilamento. Ovvero, l’ipotesi immediatamente scartata in altre occasioni, anche recenti. Inutile aggiungere (anzi, ribadire) che, da questi dettagli, scaturiranno indicazioni credibili sulla costruzione della prossima squadra, per il campionato di B. Squadra che, ovviamente, andrà rifondata. E, semmai, largamente rinovata attorno ad alcuni superstiti di questa stagione (Gazzi, Gillet, Belmonte e qualche altra pedina più giovane, ad esempio). Al di là degli obiettivi (nuovo assalto alla massima serie oppure torneo di transizione). Sotto traccia, però, si lavora. Anche se l’orizzonte è assolutamente velato. Evidente, comunque, che le novità sostanziali - se arriveranno – non dovranno tardare oltre la fine di maggio. Dopo, sarà tardi per organizzarsi pienamente: il pallone non aspetta. Aspetta, invece, la gente. Che sta pazientando e che dovrà continuare a farlo. Come aspetta Mutti, l’attuale guida tecnica. Proprio mentre cominciano a circolare indiscrezioni che parlano a favore di altri allenatori. Si è aperta un’altra storia. Che dovrebbe condurre ad un ciclo nuovo. Ma che potrebbe pure offuscare qualche speranza popolare. Da qui in avanti, può accadere di tutto: meglio saperlo.

lunedì 18 aprile 2011

Brindisi, ultimi giorni?

Il campionato di C2 si trascina stancamente. E inutilmente: per tutti o quasi. Si battaglia, in realtà, solo per la promozione: di prima o di seconda battuta. Sotto, con il Catanzario già retrocesso, si gioca per esclusivo obbligo. Pensando al domani. Che il Brindisi teme sempre più, giorno dopo giorno. A stagione ormai praticamente archiviata, non fa notizia la nuova caduta al Brin, questa volta di fronte all’ambizioso Milazzo. Nè il dato complessivo: terz’ultimo posto in classifica, tredicesima sconfitta, sesto insuccesso interno. Preoccupa, piuttosto, quello che sarà. La società si è sbriciolata. Il ritiro, prima delle trasferte, non è più garantito (domenica scorsa, la comitiva si è mossa all’alba per raggiungere nel primo pomeriggio Catanzaro). E chi gioca, da ora in poi, diserterà gli allenamenti. Rientrando nelle proprie zone di residenza dopo aver consumato l’impegno settimanale: del resto, tecnico e giocatori sono stati sfrattati dai propri appartamenti. Inutile, allora, sommare nuove spese, a questo punto inutili. A fronte del disinteresse (o dell’impotenza) dell’imprenditoria locale, il fallimento (un nuovo fallimento: il terzo della storia recente) sembra assicurato. Con la diretta conseguenza della perdita del titolo sportivo: l’unica dote rimasta al club di via De’ Terribile. Anche la gente, abbastanza comprensibilmente, ha abbandonato la squadra. E non è neppure detto che il torneo venga onorato sino in fondo: per esempio, al prossimo giro, il calendario propone la trasferta di Latina. Che sottintende una spesa e, comunque, la presenza fisica di un organigramma societario, oggi invisibile. Qualcuno, però, non si arrende: la tifoseria organizzata sta promuovendo un corteo che si prefigge di sensibilizzare la città. Iniziativa lodevole, ma anche già utilizzata, in passato. Con scarsi, scarsissimi riscontri. Non basterà, probabilmente. Come non basterà ripartire, a luglio, dall’Eccellenza (bene che vada). Perché poi, la storia insegna, Brindisi non riesce mai a difendere il professionismo conquistato: soprattutto con rapide e costose scalate.

venerdì 15 aprile 2011

Andria, lo stato di emergenza resta

Lo stato di emergenza resta. Anche se il semplice punto piovuto dall’ultimo match (uno a uno con l’Atletico Roma, in casa) restituisce appena un po’ di buon umore e, complessivamente, soddisfa l’ambiente. Innanzi tutto perché l’Andria trova il pari a novantesimo già scaduto, completando una rincorsa cominciata già alla fine del primo tempo. Poi perché la formazione di Degli Schiavi e Quaranta deve combattere prima in dieci e, nell’ultimo quarto d’ora di gioco, persino in nove (prima si fa espellere Sibilano, dopo Del Core). E, infine, perché la striscia nera di cinque sconfitte di fila è finalmente interrotta. La classifica, ovviamente, non cambia. Né si riducono le apprensioni. La squadra naviga ancora nei suoi problemi, nei suoi timori. Mentre gli avversari diretti alla salvezza continuano a fare spesso punti. Inoltre, nell’atmosfera, c’è qualcosa che non quadra. Ultimi esempi: Caturano, appena due settimane fa, si è svincolato. E ieri un altro attaccante (Cozzolino) lo ha seguito. Due pedine in meno su cui contare nel rush finale. Due pedine che, probabilmente (anzi, sicuramente) hanno offerto poco alla causa. O, comunque, molto meno di quanto ci si attendesse. Il dettaglio, tuttavia, lascia riflettere. Non è tanto la perdita tecnica che impressiona (quella numerica, magari, sì): ma quella vaga impressione di scollamento che si agita nell’aria.

giovedì 14 aprile 2011

Questione di feeling. Finito

Inviso alla piazza, per vecchie faccende. Ma ugualmente imposto: come guida tecnica del Taranto, per una fetta della scorsa stagione. E come collaboratore principale di Davide Dionigi, dopo il defenestramento di Brucato. Apprezzatissimo, invece, dal suo datore di lavoro, il presidente D’Addario: che l’ha difeso e protetto, per mesi. Affidandogli, nel frattempo, la cura del settore giovanile. Francesco Passiatore, allenatore rampante, è esautorato dal proprio compito. Improvvisamente o quasi. La notizia squarcia la città che ama il pallone: impensabile, altrove. Proprio perché Passiatore è soltanto un collaboratore. E incuriosisce pure la motivazione, per niente svelata. Magari, la novità nervirà a cementare il rapporto tra l’ambiente e il club: un rapporto che, lentamente, sta recuperando un po’ di saldezza. Eppure, non è il feeling tra la società e la gente il motivo della rottura. C’è dell’altro: conflitti sotterranei, diciamo così. Ma poco importa, alla fine. Il nuovo capitolo della storia del Taranto, piuttosto, ci spiega una volta di più quanto, soprattutto all’interno di un’azienda calcistica strutturata rigidamente, gli equilibri possano cambiare repentinamente, drasticamente. E di quanto il concetto di certezza sia labile e in bilico. Però, se Passiatore ha sbagliato, l’atteggiamento della proprietà è corretto. Del resto, nessuno è immortale. E niente è per sempre. Per una volta tanto, poi, la tifoseria avvallerrà. Festeggiando.

mercoledì 13 aprile 2011

Il Taranto e le restrizioni: adesso si esagera

La settimana del Taranto comincia un po’ così e prosegue peggio. Il pari di Foligno (zero a zero) abbacchia i più ottimisti: quelli, cioè, che avevano intravisto inequivocabili segnali di crescita, nel collettivo. E che, pertanto, confidavano in una nuova affermazione esterna. Ma il successo di Lucca, ancora recente, resta isolato. Anche perché Sy e Guazzo, assieme, sprecano quattro opportunità da gol davvero interessanti, senza chiudere un match in cui la formazione di Dionigi detta i ritmi e il gioco. Come gli avversari, onestamente, ammettono. Il rendimento fuori dall’erba di casa, del resto, è tuttora il nemico più evidente di una squadra che, intanto, non conosce sconfitte da molte settimane e che, comunque, resta saldamente avvinghiato al vagone dei playoff. Il peggio, però, arriva più tardi. E non si materializza sul campo. Ma la situazione comincia a disturbare. L’ambiente, più che il gruppo. La tifoseria si sente vessata, una volta di più: non bastano i puntuali divieti di trasferta ai supporters non tesserati. Adesso, si ampliano puntualmente le restrizioni anche nelle partite dello Iacovone. Dove, domenica, arriva il Lanciano. E dove potranno accedere i residenti della sola provincia di Taranto. Dunque, semaforo rosso per chi tifa pur abitando in terra di Bari o in Salento, per esempio. O per chi abita ed opera altrove: e che, magari, potrebbe approfittare delle imminenti festività, unendo il calcio al ricongiungimento familiare. Al di là dei torti e delle ragioni (la tifoseria jonica, ammettiamolo, non si è sempre distinta positivamente: ma non si può generalizzare), adesso si sta proprio esagerando. Come sottolineano lo stesso presidente D’Addario (che, fa sapere, domenica allo stadio non andrà per solidarietà nei confonti dei non residenti, ma anche per protestare contro una situazione che, di fatto, limita anche l’incasso) e il sindaco della città Stefano, accorso sulla questione per sensibilizzare questura, prefettura e Cams). Il caso, in realtà, diventa sempre più antipato. E sempre più grave. Soprattutto se si compara questo metro di valutazione con quello applicato ad altre latitudini. Ma, d’altra parte, l’assenza di una disciplina certa della materia certifica, ancora una volta, la debolezza di un Paese in crisi e quella delle sue istituzioni. Puntando il dito contro una classe politica, quella tarantina, troppo periferica e inascoltata, morbida, trasparente e, talvolta, assente. E non da oggi.

martedì 12 aprile 2011

Il Lecce, De Canio e il calcio di sempre

Il Lecce sprinta, prima che il calendario si indurisca. Prima che arrivino due, tre impegni teoricamente proibitivi. E che si rischi di uscirne seriamente danneggiati. La squadra di De Canio sfrutta il suo momento felice. E lo fa sorpassando la Sampdoria sul suo stesso campo. Il successo, pulito e legittimo, segue di sette giorni la bella e grintosa affermazione ottenuta in Salento sull’Udinese. Sei punti in due match significano innanzi tutto cinque squadre sotto (Samp, Parma, Cesena, Brescia e Bari) a sei turni dal traguardo. Ma anche l’appropriamento di una consapevolezza diversa: il Lecce, cioè, può anche osare. E, in definitiva, può pensare seriamente alla permanenza. Perché il collettivo offre la sensazione di poggiarsi su una saldezza tattica, mentale e comportamentale affidabile e, finalmente, su un entusiasmo difficilmente attaccabile. In mezzo al mare degli elogi, che contribuiscono a fortificare il gruppo, (ri)emerge poi la figura del condottiero. Coach De Canio, talvolta dimenticato dalle chiacchiere dei bar e dall’immaginario collettivo, torna ad essere il collante del Lecce, la sua guida spirituale, il suo stratega, il suo profeta. E nessuno obietta. L’indice di gradimento popolare verso il tecnico materano risale, parallelo ai risultati. Certe frizioni del passato con la proprietà si sgonfiano, scompaiono. Ed evaporano anche quegli striscioni espressamente dedicati al caudillo, neppure tanto tempo fa. Niente paura, però: questa volta, non ci allarmiamo. E’ il calcio di sempre. Almeno, da questo punto di vista, nel pallone del Duemila c’è ancora qualche particolare che resiste, tignosamente. Tranquillizziamoci, allora. Anzi, riteniamoci persino sollevati.

lunedì 11 aprile 2011

Martina, la festa della D

Il primo verdetto dell’Eccellenza di Puglia si arrampica in fondo ad uno spareggio lungo e faticoso: Martina in D, Cerignola ai playoff, cioè la strada maestra di una nuova possibilità. Gode la formazione di Francioso, tecnico alla terza promozione in quinta serie (prima di adesso, con Brindisi e Francavilla): dopo aver conosciuto la paura. S’infrange la speranza dei dauni, dopo il sigillo del vantaggio, raggiunto sugli sviluppi di un calcio di rigore. Il Martina incassa, rischia, si ribella e, infine, ribalta il risultato: ai tempi supplementari decide con una palla inattiva il tarantino De Tommaso, esterno che spesso segna gol pesanti. Si festeggia ancora, in Valle d’Itria: in tre anni, tre gradini scalati. La rincorsa al calcio professionistico perduto, cominciata dalla Prima categoria, continua. Massimo profitto: in trentasei mesi, la serie D è la gratificazione di un programma ambizioso e, ovviamente, costoso. Parte meglio il Martina, ma il Cerignola lavora meglio con il pallone a terra. La lievitazione è costante e serve a forzare il destino. Ma Marini e soci, si dice sempre così, ci credono davvero, abbattendo anche il gap di un profilo psicologico più basso: anche perché è proprio il Martina ad aver fallito, sette giorni prima, la coltellata definitiva nell’ultimo atto della regular season. Dalla tensione che vela il neutro di Bitonto spunta però un responso inappellabile: perché il Cerignola può soltanto lamentarsi di se stesso. Nessuna polemica, neppure a fine match. E nessuna asperità esagerata. Piace a tutti persino la direzione di gara, inappuntabile. Non ci avremmo scommesso, per dirla tutta. Perché il campionato, sin dall’avvio, si è alimentato di polemiche, frizioni, accuse e antipatie incrociate. Elementi che hanno consigliato il presidente della Federcalcio pugliese Tisci a disertare lo spareggio. Non è un bel segnale. E non è un bello spot per il pallone di queste contrade.

giovedì 7 aprile 2011

Ma il controllore serve davvero?

La regular season del campionato di Eccelenza pugliese si esaurisce qui. Neppure a metà aprile, in coda ad una corsa sfrenata. Per risparmiare sui costi di gestione, innanzi tutto: un mese di spese è pur sempre un mese di spese. Ma il campionato continua: perché nulla è deciso. Né sul fondo (adesso ci sono i playout: protagonisti Sogliano, Manfredonia, Lucera e Castellana), né nei quartieri alti (Martina e Cerignola spareggiano domenica prossima per la serie D, sul neutro di Bitonto). Ovviamente, poi, ci sono anche i playoff (concorrono la perdente dello spareggio, Bisceglie, Locorotondo e Terlizzi). Playoff che, però, si aprono a maggio (perché attendere così tanto? Non è un controsenso? Il mese guadagnato è già perso: almeno per chi resta a battagliare). Ma così è. Stagione densa, tirata. In cui, comunque vada, non vincerà il migliore: ma chi, alla fine, avrà sbagliato di meno. Basti pensare al Martina (nove sconfitte in trentaquattro gare: troppe, per una capolista), al Cerignola (sconfitto sette volte) e ai match point puntualmente sprecati da una e dall’altra, in situazioni diverse. Sette mesi di livello tecnico mediamente soddisfacente e di attese tradite (a Fasano come a Bisceglie, a Copertino come a Racale, a Monopoli come a Manduria). Torneo spesso inacidito da polemiche: perché sono tante le società di blasone, affamate. E perché il sottobosco del torneo si sta imbruttendo sempre di più, anno dopo anno. Campionato ruvido: dove il Monopoli si lamenta del trattamento ricevuto a Terlizzi. Dove il Terlizzi, ma anche il San Paolo, il Castellana e molte altre, contestano l’accoglienza conosciuta a Cerignola. E dove il Cerignola si lamenta delle attenzioni subite a Maruggio. Tanto per citare qualche esempio, utile a capire l’atmosfera di certe situazioni: ma la lista delle incomprensioni è più lunga. Molto più lunga. Molte settimane, cioè, vissute pericolosamente. Da un punto all’altro della regione. Segnate, diverse volte, da misure restrittive (trasferte vietate ai tifosi, partite a porte chiuse): quando copiare dal calcio dei grandi significa esagerare. Qualsiasi sia l’angolo di osservazione. E, nelle battute finali, molti appuntamenti blindati: dalle forze dell’ordine e dai commissari di campo. Chiesti, pretesi o consigliati dal buon senso e dall’eccessivo calore (diciamo così) di certe piazze. Commissari di campo che, per i club, costituiscono una spesa in più, praticamente obbligata: e che, magari, arrivano pure in ritardo per vedere e annotare. E che, quando arrivano puntuali, non vigilano abbastanza. Sentite l’ultima: il Martina, che si gioca a Vieste il primato, prima dell’inizio del match trova sul campo un dirigente del Cerignola, avversario diretto per la promozione, che sprona i padroni di casa. Il personaggio è addirittura squalificato e la società ospitata si rinzela: giustamente. Domanda: il controllore, a questo punto, serve davvero?

mercoledì 6 aprile 2011

Il Grottaglie torna a sorridere

La notizia è ghiotta: il Grottaglie, in casa, sa anche vincere. Accade dopo mesi lunghi e duri. E a pagare è l’Ischia, formazione meno dimessa di quanto si potesse pensare e, comunque, non sufficientemente pungolata dalla classifica a resistere sino in fondo. L’avversario rimedia la prima volta, non la seconda: e l’Ars et Labor recupera una gara cominciata discretamente (l’approccio è meno tenero di altre occasioni), sbloccata e poi temporaneamente compromessa. La caratura complessiva dei campani (che, oltre tutto, non si arroccano) agevola il compito, ma è indubbio che la formazione di Pizzonia gode di due situazioni favorevoli: una circolazione di palla più fluida (a tratti, anche più fantasiosa) e una dose di carattere finalmente convincente. Niente di più, niente di meno. E niente di nuovo. Del resto, è quello che si chiede ad una squadra che deve salvarsi. E che non può più attendere: né gli altri, né se stessa. Per l’occasione, il Grottaglie ritrova la quantità di Salvestroni e Arcadio e qualche automatismo in più. Condizione essenziale per cercare di sopravvivere: proprio adesso che tutte le concorrenti dirette collezionano punti. Ecco, la sopravvivenza: il gruppo, una vota inghiottito dal vortice, sembra aver capito quello che serve. Arrivandoci in ritardo, ma arrivandoci. Questo, però, è un dato che ristagna spesso, nella storia del Grottaglie: rilassato e distaccato quando il pericolo è vagamente lontano; più concentrato e attento nei momenti del massimo bisogno. Come questo, appunto. L’augurio, allora, è che la sete e l’urgenza possano rimediare a certe recenti esitazioni. Anche se sfidare con incoscienza il rischio non è mai la migliore delle soluzioni: perché, prima o poi, si paga tutto. E a costi d’inflazione.

martedì 5 aprile 2011

Foggia, un passo indietro

Qualche speranza si sfarina a Siracusa. Lo stop del Foggia, nel recupero di domenica, non è una fermata qualunque. Ma spiega ancora una volta quanto la formazione di Zeman riesca a sperperare nelle occasioni che contano. La prova di maturità, in pratica, fallisce in Sicilia: dove non affogano tutte le ambizioni, ma si rimateliazzano i quesiti di un tempo. Sau e soci franano: e non solo per le condizioni del tappeto erboso. L’approccio alla gara, evidentemente, è difettoso. Il gruppo dimostra di soffrire le partite in cui non si può e non si deve sbagliare. C’è poca lucidità, sul campo. E la situazione peggiora a lavori in corso. Pensa poco, il Foggia: e si fa attirare dalle palle lunghe. Che, quasi sempre, non portano vantaggi. Difetta la circolazione di palla e anche una manovra più larga. Nella ripresa, si vede qualcosa di più: ma è proprio allora che gli aretusei passano, riconquistando la sesta piazza. Cioè, raggiungendo in classifica i ragazzi del boemo. Il rovesco, è indubbio, lascia un po’ di segni. E trascina pure polemiche. Sbottano i giocatori, sbotta Zeman, sbotta la società. Il bersaglio è unico: il direttore di gara, il vicentino Barbiero, avrebbe apostrofato e intimidito la squadra. Sarebbero schizzate persino alcune bestemmie: alle quali, tradizionalmente, un veneto rinuncia difficilmente. Il Foggia ha già chiesto ai vertici arbitrali di intervenire pesantemente, chiedendo la radiazione dai ruoli del fischietto berico. Mai tenero, anche in passato, nei confronti di una squadra irritata. Che però, al di là degli arbitraggi, continua puntualmente a disfare quello che riesce a costruire nel tempo. Materiale sufficiente per potersene pentire, alla chiusura dei conti.

lunedì 4 aprile 2011

Il Bari non si arrende

La vittoria a Parma non servirà a niente. Magari, solo al morale. Della truppa e della gente. Troppo poco, chiaro. Ma il Bari lascia intendere che non si arrende così facilmente. L’atteggiamento della squadra di Mutti, se non altro, aiuterà a non scavare un divario impossibile tra la tifoseria e il club, tra l’ambiente e il calcio. E, chissà, a incoraggiare l’avvicinamento di nuovi soggetti imprenditoriali alla società di Matarrese. Che, appunto, aveva – proprio recentemente – chiesto aiuti economici concreti. Per la verità, qualcuno si è anche affacciato: e sembra che qualche trattativa stia per nascere. Anche se è ancora vivo il ricordo del naufragio delle operazioni con Tim Barton, l’americano che aveva rilevato le quote azionarie solo nell’immaginario collettivo. Giusto, allora, che i Matarrese e l’opinione pubblica registrino le voci con prudenza, senza sbilanciarsi troppo. In attesa di eventi davvero concreti. Intanto, dicevamo, la squadra utilizza l’orgoglio e inguaia il Parma, forse troppo sicuro di aggirare l’ostacolo. E, ovviamente, anche un po’ amareggiato (eufemismo) per la serietà spesa da Gillet e soci nei novanta minuti. Serietà che si sta abbinando ad un certo quadramento tattico, che emerge tra difficoltà diffuse e limiti tenaci. Merito, evidentemente, anche del lavoro di Bortolo Mutti, tecnico arrivato senza garanzie per il futuro (il contratto si estinguerà a giugno). Ma che, lentamente, si sta guadagnando la riconferma. E, prima ancora, la stima della piazza.