martedì 29 maggio 2012

Taranto, finisce male. E prima del tempo


Sarà una questione di cabala. Perchè il Taranto non supera l'ostacolo dei playoff nemmeno quando è la squadra tecnicamente migliore, tatticante più scaltra e strutturalmente meglio attrezzata del lotto. Nemmeno quando parte con il vantaggio che la regular season gli aveva riservato, cioè il secondo posto. Neppure quando la caratura del gruppo (più forte dei dissidi interni, delle polemiche soffocate e di una sempre più evidente carenza gestionale della società) permette di assegnargli i favori del pronostico, nonostante tutto. Neanche quando, sul campo, fa più punti di chiunque, finendo per doversi applicare agli spareggi promozione per pura cattiveria del destino o per eccessiva ipervalutazione di un progetto partito bene e stroncato sulla strada. Oppure sarà una questione ambientale. Perchè, quando si parla di pallone e, soprattutto, di serie B, la città riesce a riversare sulla squadra una pressione troppo pesante da sopportare. Perchè i playoff e l'obbligo di vincerli finiscono per decurtare un po' di lucidità, intaccando le possibilità di un collettivo arrivato un po' stanco (mentalmente, fisicamente) davanti al traguardo. Oppure, ancora, sarà una questione di semplice ineluttabilità degli eventi. Perchè il Taranto, a Vercelli, in gara uno di semifinale, forse (ma anche senza il forse) può legittimamente lamentarsi per la contrarietà di certi episodi (due reti annullate, almeno una ingiustamente). Che, poi, finiscono per pesare nel match di ritorno, quello di domenica scorsa, allo Iacovone. Dove la gente di Dionigi, obbligata a segnare, vede passare i novanta minuti troppo in fretta e invano. Eppure, nel momento più delicato, il Taranto più affidabile si eclissa, fermandosi di fronte all'ordinata resistenza della Pro Vercelli di Braghin. Pagando in un'unica soluzione, verrebbe da pensare, anche il triste declino del club e la sua sfilacciata situazione economica, peraltro mai ammessa chiaramente dalla proprietà. Oltre che un certo nervosismo sostanziale, più volte camuffato dai risultati e molto meno nascosto dall'agitazione perenne dell'allenatore. In cui, è stato detto più volte, la squadra si è sempre specchiata, fuori e dentro del campo. In realtà, però, il padre di tutti i mali è la corposa penalizzazione (sette punti), attorno alla quale si è modellata una stagione che sembrava dovesse essere quella giusta. E che, invece, si è trasformata in una delle tante. Ovvio, allora, che sui due Mari si crocifigga già il primo e unico colpevole, cioè D'Addario. Che, di sicuro, nel corso della propria avventura sportiva, ha speso cifre persino importanti, ma - talvolta -anche speso male. Per scarsa conoscenza della materia, ma anche per supponenza. Un deficit (grave), del resto, non sorge per caso. D'Addario, è chiaro, paga (e pagherà) il suo cattivo approccio al calcio, alla piazza, alla quotidianità. Tanto da sollevare da qualsiasi responsabilità Dionigi e i giocatori. Che, davanti alla tifoseria, transitano da vincitori: malgrado il fallimento dell'obiettivo. Se non altro, per l'attaccamento dimostrato alla maglia in tutto il campionato e per la serietà con cui hanno affrontato i problemi. Un fallimento che, non è un'ipotesi da scartare, potrebbe annunciarne un'altro, molto più grave. Perchè il buco nel bilancio resta. Mentre la B è svanita. E, senza la B, i potenziali compratori potrebbero facilmente scoraggiarsi. Oppure, preferire lo shopping in tribunale. Catastrofismo becero? Magari.

lunedì 28 maggio 2012

Grottaglie, sorpasso riuscito

Serie D oppure Eccellenza: non c'è terza strada. Sono i playout, gente. Ai quali il Grottaglie arriva per la seconda stagione di fila. Di fronte, il Real Nocera. Ma, in gara due, la squadra di Enzo Pizzonia deve confrontarsi con l'esigenza di centrare il risultato pieno. Il due a uno sofferto sette giorni prima, in Campania, proprio nelle battute finali, è un fastidio da annullare. Oltre tutto, di fronte al pericolo di un match scorbutico. Serve, quindi, lucidità: qualità che non abbonda, da principio. La volontà di giocare il pallone si scontra con l'urgenza, appena si guadagna la trequarti. Immaginate, poi, le difficoltà dell'Ars et Labor quando gli ospiti passano, approfittando di un pasticcio brutto del reparto di presidio di casa (palla oltre la linea o, forse, non del tutto dentro: la foga, però, dà pessimi consigli). Il Real, del resto, è più sciolto e sa sempre cosa fare. E il vantaggio sembra fortificare i gesti. Quindi, come talvolta accade, c'è un penalty che può condizionare quel che resta della partita: De Angelis, infatti, se lo fa parare, dopo esserselo procurato. Sempre zero a uno e tanti cattivi pensieri. Anche se Montalbano, sindaco-allenatore nocerino, perde immediatamente Nucera (cartellino rosso dopo ventidue minuti di gioco). E malgrado Salvestroni e soci liofilizzino un po' l'ansia e comincino a strutturare qualche iniziativa concreta. Con discreto ritmo, peraltro. Il gol, però, non arriva. Non sùbito, almeno: occorre il modulo approntato per la ripresa (3-3-4) e l'ingresso di Lenti per riaprire la contesa. In bilico sino in fondo: quando, da calcio d'angolo, D'Angelo irrompe, regalando la salvezza che tanto vitalizza coach Pizzonia. La cui corsa vero il settore più caldo della tifoseria,, alla fine delle ostilità, sa di felicità e polemica. Otto minuti otto di recupero sono uno stillicio: ma, alla fine, il successo certifica il diritto a partecipare ad un nuovo torneo di serie D. Sempre che, a fronte del disimpegno di patron Ciracì (se non ha cambiato idea, lascerà), esista ancora qualcuno disposto a fare calcio a Grottaglie, dopo l'estate.   

martedì 22 maggio 2012

E, all'improvviso, il fallimento di una stagione

Il Bari non c'è più. Lo conferama anche l'ultima prestazione, quella di Vicenza. Non c'è più: nel senso che non risponde alle sollecitazioni e agli input del campionato. Un campionato che sta finendo, ma che non è ancora finito. Mancano appena novanta minuti, vero. Ma la formazione guidata da Torrente non è affatto certa della salvezza aritmetica. Da non credere. La quota tranquillità era considerata inattaccabile, due mesi fa. E anche meno. E, invece, la squadra si è liquefatta di fronte ai personalismi, all'inconsistenza degli stimoli, all'imborghesimento e a chissà cos'altro. Sperperando il corposo vantaggio sulla quint'ultima, cioè l'Empoli. Che, sabato, potrebbe addirittura agguantare il Bari: almeno teoricamente. Il calendario, tuttavia, soccorre Caputo e compagni: sottoponendo, nell'ultima fatica della regular season, il già retrocessio Gubbio. Il problema, semmai, è un altro: davanti alla propria gente, questa squadra non ha mai brillato, nel corso dell'intera stagione. E il particolare comincia ad inquietare. Quasi quanto la questione calcioscommesse, che sta per deflagrare. E che rischia di condannare il club di strada Torrebella. Da sùbito. Perchè un'eventuale (e anche mite) nuova penalizzazione, ora che la graduatoria si è accorciata notevolmente,  potrebbe scaraventare direttamente in terza serie una squadra che si è cullata sul risultato del campo, senza preoccuparsi del futuro prossimo. Che si è accontentata del minimo indispensabile, senza lungimiranza. E che si è considerata al riparo dalle critiche in virtù dei cinquantatre punti sin qui conquistati (quarantasette più i sei già oscurati dalla giustizia sportiva). Senza considerare che le circostanze, questa volta, chiedevano di più, molto di più. Quelle stesse circostanze che, oggi, infieriscono: spiegando quanto il torneo del Bari sia diventato, quasi all'improvviso, fallimentare.     

lunedì 14 maggio 2012

Lecce, scalata incompiuta

L'incubo si fa realtà. L'ultimo chilometro è il più deprimente. Si va a Verona, in casa del Chievo: e il Lecce, dopo aver sfiorato il successo con Di Michele e poi con Giacomazzi, cade. Ma, in fondo, neppure il successo si sarebbe rivelato utile: perchè il Genoa, contemporaneamente, piega il Palermo. Il salentino Miccoli, del resto, è infortunato: e non può supportare l'offensiva dei siciliani, che aiuterebbe più o meno indirettamente la gente di Cosmi. Verdetto scritto dalla classifica configuratasi prima dell'ultima fatica e ribadito dai novanta minuti finali: Genoa ancora in A, Lecce in B. Retrocessione amara, come e più di altre, e rincorsa vana: sfiorita al momento della definizione. Davanti all'obiettivo, cioè. Onore alla squadra, però. E al suo condottiero. Che possiedono il merito, almeno, di averci creduto (o, almeno, provato) sino al novantesimo della trentottesima partita. E che cedono con la fierezza di chi è convinto di aver resistito stoicamente all'ineluttabilità degli eventi. Rinsaldando le posizioni di quanti rimpiangono la tardiva assunzione del coach perugino, il vero motore di quella che, tuttavia, va considerata una scalata incompiuta. Cosmi, a proposito, esce professionalmente rivalutato dall'esperienza maturata in Puglia. E non sarebbe male pensare ad una rifondazione allestita attorno al suo nome. Al di là di quanto, domani, potrà accadere (il club, teoricamente, dopo aver sofferto la caduta in B, rischia parecchio anche in ambito giudiziario, per il caso calcioscommesse). E, ovviamente, al di là di quello che sarà dell'assetto societario. Che, oggettivamente, potrebbe essere condizionato dagli accadimenti: del campo e di fuori dal campo. La retrocessione, intanto, è il dato che, più di ogni altro dettaglio, emerge da una stagione nata tra le difficoltà, proseguita nello scoramento e rivalutata tardivamente: in cui il Lecce ha finito per pagare il basso budget destinato in estate al rafforzamento della squadra. Un particolare che, peraltro, costerà ancora di più, l'anno prossimo: la serie B, del resto, garantisce molti meno introiti del campionato maggiore. E, oltre tutto, la società si ritrova all'improvviso meno appetibile. Gli eventuali compratori, nel migliore dei casi, ci penseranno dieci volte, prima di formulare un'offerta. E, infatti, della chiacchierata famiglia Tesoro non si parla neanche più. Facile capire il perchè.

venerdì 11 maggio 2012

Taranto, tra playoff e incertezze

Il Taranto è secondo, ora è certo. Secondo in classifica, primo sul campo (la penalizzazione, ricordate?). Anche se le ultime uscite della Ternana, leader del torneo e appena sbarcata in B, hanno finisto per essere drogate dall'euforia, che hanno oggettivamente limitato il rendimento della squadra di Toscano, lentissima dopo la promozione matematica. Sui due Mari, intanto, è tempo di playoff: però, dodici mesi dopo (anche nella scorsa stagione la gente di Dionigi partecipò agli spareggi, uscendo al primo turno), si parte da una posizione privilegiata. Che lascia pensare al Taranto come la formazione da battere. Sicuramente la più solida, probabilmente la più dotata anche sotto il profilo tecnico, unitamente al Sorrento. La prima fatica si consuma a Vercelli, in casa della Pro. Ma l'ambiente, come accade spesso, fibrilla. Se la squadra è salda e arroccata attorno alla figura del suo condottiero, da cui sembra dipendere caratterialmente, le ultime dichiarazioni del presidente D'Addario («A fine stagione il sottoscritto toglie il disturbo, chi vuole la società si presenti con il denaro»: pare tre milioni più qualcos'altro per coprire il disavanzo) sembrano aver indebolito ulteriormente il rapporto già incrinato con la tifoseria. Probabilmente, non era questo il momento migliore per esternare, per dettare il proprio disappunto, per rispondere piccatamente alla contestazione. Ma il patron, che non ama indugiare, ha scelto il tempo di parlare con cura: puntando a velocizzare l'ipotetica trattativa (difficile, a quelle condizioni economiche). Segno che i margini per salvare il calcio sullo Jonio sono angusti. E che è alta l'urgenza di liberarsi di quello che è diventato per D'Addario un problema. Serie C o serie B che potrebbe essere. Anche se soltanto la promozione potrebbe davvero incoraggiare un compratore ad esporsi: tanto da far diventare la faccenda playoff - e i suoi sviluppi - assolutamente fondamentale. 

giovedì 10 maggio 2012

Otto punti in più non bastano, Grottaglie deluso

La delusione emerge dal derby. E il veleno scorre in coda ad una partita che il Grottaglie sta per chiudere con un risultato utile. Il Brindisi lo sorpassa al novantesimo, centrando il suo obiettivo (i playoff:): anche se il pareggio, a conti fatti, avrebbe accontentato tutti. La Turris, a Francavilla sul Sinni, sta pareggiando: ma fidarsi non è bene, non si sa mai. E la gente di Maiuri accelera all'ultimo assalto. Condannando, di contro, l'Ars et Labor agli spareggi salvezza. Otto punti di vantaggio (su Nocera e Viribus Unitis, che si incroceranno domenica: chi vince incontrerà la formazione di Pizzonia) sono insufficenti ad evitare la lotteria finale. Nove, invece, sarebbero bastati. Ci aveva sperato seriamente, il Grottaglie: Offrendo, tra marzo e aprile, sostanza e ritmo alla sua rincorsa verso la salvezza immediata. Con un rush finale tonico, convinto. Tutto inutile, il verdetto brucia. Non solo: qualche minuto prima della mezz'ora della seconda frazione di gioco, Laghezza e compagni erano davanti di un gol, largamente al sicuro. E forti di un approccio alla gara intelligente. Il campionato, così, continua. Necessiteranno almeno due pareggi: nei playout, almeno, i grottagliesi partono avvantaggiati. Ma i pericoli restano, per intero. Uno, innanzi tutto: dettato dalla situazione psicologica. Il contraccolpo potrebbe rivelarsi subdolo e, perciò, va assorbito in fretta. Un impegno niente male per un collettivo da sempre poco corazzato alle intemperie di un torneo che preferisce i sapori decisi.

mercoledì 9 maggio 2012

I difetti di personalità sgambettano il Barletta


Malgrado le incertezze, i fastidi e le debolezze, la stagione sembra salva, a pochi istanti dalla conclusione del match. Il Barletta, in Emilia, vince: ed è esattamente quel che deve fare. Il Piacenza, già condannato ai playout, non può pretendere molto di più. E la Cremonese, concorrente diretta della formazione di Nello Di Costanzo nella rincorsa all'ultima piazza disponibile dei playoff, pareggia a casa propria con il Sud Tirol. Passaporto guadagnato, dunque. E, invece, no. Il doppio sigillo di Franchini diventa, all'improvviso, inutile. Quarantaseiesimo, il Piacenza spinge e penetra: due pari. E il campionato, per Mazzeo e soci, è già finito. Nella maniera più grigia: perchè la lotteria degli spareggi è sempre stato un obiettivo perseguibile. Anzi, naturale per un collettivo di spessore tecnico come il Barletta. La qualificata compagnia ai vertici della classifica (molti bocciati, tanti delusi) non era e non è, peraltro, un'attenuante: il campionato, alla stesura dei conti, è imperfetto, zoppo. Insoddisfacente. Ci attendevamo sinceramente di più: ma nè la versione targata Cari, nè quella successiva, hanno saputo dotare la squadra di quella disinvoltura e di quella autorità per raggiungere l'obiettivo. Bei nomi, poca sostanza: non sempre, ma molto spesso. Troppe prestazioni lacunose: per intensità, per lucidità. E diffuse sofferenze tattiche: nella prima parte del torneo, innanzi tutto. Anche se poi, alla fine, tattica e impegno non sembrano aver inciso più di tanto. Perchè a Piacenza, così come in altre occasioni, il Barletta sembra crollato, a traguardo praticamente raggiunto, per una questione puramente caratteriale: mancanza di personalità, si chiama. Che la tecnica di base e il grande equilibrio della competizione non sono riuscite a mascherare. Nè in inverno, nè a maggio.

martedì 8 maggio 2012

Bari, la tranquillità inganna

La tranquillità può ingannare. Il Bari, ad esempio. Il Bari che si sente protetto dai quarantasei punti sin qui contabilizzati. Buoni a garantire un finale di stagione soft. In realtà, la serie B, che è competizione lunghissima, riserva sempre novità. E non impermeabilizza nessuno, sino alla maturazione di una quota che soddisfa la matematica. Anche se il calendario offre assstenza, seminando il domani di molti scontri diretti, che giocheranno a favore. Ma quarantasei punti, ancora, non bastano: e sappiamo anche perchè. Vietato rilassarsi. E, invece, la formazione di Torrente sembra essersi rilassata davvero, ultimamente. Non vince a casa propria - come tradizione - e, da qualche tempo, neppure in trasferta (tre punti nelle ultime sei uscite). In coda alla sconfitta a Verona, proprio domenica, è arrivata una nuova caduta: ancora in Veneto, a Cittadella. Dove l'atteggiamento di qualche singolo ha indisposto. E dove il livello di tensione è apparso notevolmente calato. Atteggiamento grave, se si considera che il Bari dovrebbe necessariamente puntare ad una quota conclusiva di assoluta sicurezza: che, in questo caso, andrebbe a coprire gli eventuali danni procurati dalla vicenda calcioscommesse. La squadra sembra non averlo capito. O sembra averlo dimenticato: un vantaggio minimo sulla quint'ultima, a fine torneo, potrebbe non bastare. Anche per questo, sin dalla prissiama gara (venerdì si anticipa con il Brescia, al San Nicola), occorre un'inversione di tendenza. E di scelte, se serve, forti. I corpi estranei, nell'ingranaggio del collettivo, adesso non pagano. E singoli meno dotati, ma più affidabili, meritano una chance. Per le battaglie, occorrono altre qualità: l'accademia pura, oggi come oggi, non fornisce garanzie. Torrente ci pensi.

lunedì 7 maggio 2012

Il Martina si riprende la C


Tutto in un pomeriggio. Senza appello. E senza sconti. Per nessuno. In un pomeriggio che vale, questa volta per davvero, una stagione. Una stagione di insidie, di battaglie, di sacrifici. Di errori e di risalite. Di pagine splendenti e di scadimenti improvvisi. Martina e Sarnese sono lì, a scrutarsi, a squadrarsi. A fiutare le debolezze dell'avversario, ad approfittare della giocata che fa la storia. I campani due punti avanti, a novanta minuti dall'epilogo del campionato. E la gente di Bitetto ad inseguire leadership finale e serie C. Il calendario si è divertito, poi: lo scontro frontale è proprio all'ultimo chilometro. Dal quale, comunque vada, uscirà il nome vincente. Ci ha aggiunto del suo anche la giustizia sportiva, squalificando il Tursi, che avrebbe dovuto contenere il pubblico delle occasioni speciali. E, allora, si ripiega sul green di Bitonto, sede neutra senza cornice di passione e colori. Porte chiuse. Anche se c'è una piccola folla che governa la tribuna: cento operatori dell'informazione accreditati sono la dimensione numerica di un'attesa, di un evento. Che la Sarnese affronta molto meglio, sin dal primo minuto. Mentre il Martina, contratto e sfilacciato, pensa soprattutto a cautelarsi, ripiegando su una manovra di rimessa sbiadita, perchè affidata a lanci lunghi privi di sostanza e di logica. I salernitani si fanno preferire, anche per lo spessore delle occasioni create: il dominio della mediana, del resto, è prerogativa della gente di Pirozzi. Non convince, il rombo disposto a centrocampo da Bitetto: Basile, decentrato, non può organizzare il traffico. E De Tommaso, a ridosso delle punte, non beneficia di nessun lavoro di sponda. Ma, come accade nei momenti importanti di ogni torneo, decidono sempre gli episodi. La svolta ariva in apertura di ripresa: Amodeo viene atterrato e Picci trasforma dagli undici metri. Gli ospiti, oltre tutto, si ritrovano in inferiorità numerica (fuori Panini). La Sarnese reagisce (anche discretamente), ma non sfonda. Invece, malgrado il vantaggio raggiunto, il Martina si innervosisce (cinque ammoniti in una manciata di minuti), confermando il proprio stato di disagio. Amodeo fallisce un'opportunita irripetibile per raddoppiare, ma più tardi si fa perdonare, raddoppiando in coda ad una nuova ripartenza. Sembra fatta, per Gambuzza e soci. Ma c'è ancora da soffrire. Proprio il capitano causa il penalty che riapre la partita a tre minuti dalla fine, ristabilendo la parità numerica in campo. Finisce dopo sei minuti di recupero: due a uno, il Martina torna a varcare la soglia del professionismo, timbrando la quarta promozione di fila. Dalla Prima categoria alla C2, in quarantotto mesi. Travolgendo molti ostacoli. Ottimizzando i tempi (il risultato previsto arriva con due stagioni di anticipo). Giocando spesso un buon calcio. E, talvolta, cadendo nella fossa di un match controverso: come ieri, se vogliamo. Comunque, viaggiando quotidianamente nel solco della programmazione societaria. Che, adesso, cederà il passo ad una nuova pianificazione. Da affidare ai soliti soci e, magari, a qualche altro cognome di supporto. Soprattutto se, come sembra, il vicepresidente Favia cambierà quartiere. Intanto, però, la festa è qui. Ed è una festa che attende pure chi, allo stadio, quest'anno - e neppure l'anno scorso e quello prima - non si è mai visto. Ma, forse, il professionismo può lenire certe ferite. E azzerare certe resistenze politicosociali di provincia.

domenica 6 maggio 2012

Il Lecce crolla davanti al traguardo



Il Lecce crolla davanti al traguardo. E, malgrado l'impresa di metà settimana (pari sul terreno della Juve quasi campione), vede allontanarsi la quota salvezza. La partita da vincere, contro la Fiorentina, viene persa. E il match che salva artitmeticamente i viola sembra condannare i salentini. Che, adesso, attendono il risultato del Genoa, che oggi (sì, oggi: perchè non programmare contemporaneamente i due incontri?) viaggia verso Udine. La speranza, cioè, resiste: anche se la logica costringe al pessimismo. Il divario dai liguri, ormai gli unici che concorrono con la formazione di Cosmi per evitare la terz'ultima piazza, è penalizzante: tre punti. Ma, dopo questa tornata, rimane solo una giornata: e gli spazi, inevitabilmente, si restringono. Il Lecce, si diceva, crolla. Forse anche per stanchezza. Psicologica. Troppi mesi vissuti a rincorrere, del resto, logorano. Seppure faccia un certo effetto quella flessione che arriva nel momento in cui, invece, l'entusiasmo ritrovato dovrebbe sorreggere e spingere gli audaci. Così come stonano quei bisbigli antipatici, che raccontano di un clima, all'interno del gruppo, non eccessivamente sereno. O, nel migliore dei casi, fortemente insidiato dallo stress. Fallire la prova decisiva (o quasi). tuttavia, è argomento scomodo. Che, da solo, oscura la recente cavalcata di una squadra resuscitata in primavera. Ma, evidentemente, depotenziata anche dalla vicinanza di troppe gare nell'arco di pochissimi giorni. Tre volte in campo in una settimana: moltissime, per chi non è abituato. E, soprattutto, per chi si gioca la vita. Un salasso energetico, ma pure nervoso: che il Lecce non ha saputo governare. Malgrado la richiesta (legittima) di posticipare l'impegno con la Fiorentina. E di uniformarsi al resto della serie A. Richiesta inutile: perchè la Lega non ascolta, quando non vuole sentire. E quando non sa (o non può) liberarsi dalla morsa delle proprie convenienze, indispettendo. Perdendo altro credito. E mancando di rispetto.

giovedì 3 maggio 2012

Andria, aprile felice

La crescita dell’Andria, coincisa con il mese di aprile, ha decisamente rivalutato il profilo di una squadra vicina, ad un certo punto della stagione, al collasso. E, come quasi sempre accade, la lievitazione del modulo e dei singoli ha finito per influire direttamente sulla classifica. A novanta minuti dai primi verdetti, la formazione di Cosco è invidiabilmente avanti a sei concorrenti dirette (nell’ordine, Triestina, Latina, Feralpisalò, Piacenza, Prato e Bassano) per la salvezza: quanto basta per cercare la vittoria all’ultimo chilometro, senza doversi preoccupare di quello che faranno gli avversari. Evitare i playout, cioè, oggi non sembra affatto disagevole: anche per la situazione di assoluta tranquillità in cui veleggia il Portogruaro, che scende in Puglia domenica. Pochi, pochissimi inguaribili ottimisti avrebbero rischiato questa ipotesi, appena un mese fa. Segno evidente che una quadratura, seppur tardiva, dell’impianto di gioco sfocia puntualmente nel conseguimento dei risultati e di un obiettivo. Obiettivo che l’Andria adesso intravede dopo aver sofferto dentro e fuori del campo. E che, paradossalmente, si materializza al culmine di un delicato processo di rivisitazione societario (il presidente Fusiello è dimissionario, adesso c’è un amministratore delegato che opera al suo posto, ma rimane il proprietario del club e, quanto prima, dovrà cedere le proprie quote a chi si dimostrerà interessato). Sfruttando, chissà, anche quella calma più o meno apparente che, dopo la contestazione della tifoseria al massimo dirigente, ha accarezzato l’ambiente e, di riflesso, chi scende in campo. Niente accade per caso: il pallone, certe volte, è scienza quasi esatta.  

mercoledì 2 maggio 2012

Barletta, il treno sembra passato

E' tempo di calcoli. A novanta minuti dall'esaurimento della regular season, il Barletta naviga un punto sotto la soglia dei playoff. E la Cremonese, che domenica prossima riceve il Süd Tirol (ancora interessato a rientrare nel discorso spareggi, ma oggettivamente assistito da poche probabilità), si fregia di molti favori del pronostico. La gente di Di Costanzo (due a zero sulla Carrarese, nell'ultimo match) viaggerà invece per Piacenza, in casa di un avversario che cerca punti per guadagnare credito nella prossima griglia playout. Vista così, è difficile: semplicemente. La speranza di raddrizzare una stagione vagamente grigia, cioè, sta sfumando. Perchè la squadra ha recuperato un minimo di continuità troppo tardi, giusto nelle battute conclusive. O, se vogliamo dirla per intero, dopo aver vissuto tanti mesi ai margini della zona più nobile della classifica, il Barletta ha dimenticato di sprintare quando si compiono i destini, cioè tra marzo ed aprile. Continuando a perdersi tra i problemi di sempre. Non è stato un problema mantenersi allacciato al gruppo dei favoriti, pur senza brillare. E' un problema, invece, non aver cambiato il passo nell'ultima fase del campionato. Quando il treno è sfilato via: senza che i viaggiatori se ne siano praticamente accorti.

martedì 1 maggio 2012

Foggia, futuro cercasi

La certezza aritmetica della salvezza arriva con sette giorni di anticipo. E sul campo della capolista Ternana, che ha già festeggiato il salto di categoria la settimana prima. Il Foggia, al Liberati, guadagna il punto della tranquillità: assolvendo quella che sembrava una formalità, piuttosto che un'esigenza reale. Firma il risultato Walter Bonacina, tornato da poco sulla panca lasciata da Stringara, a cui il derby con il Taranto si è rivelato fatale. E, con lui, una squadra mai entrata per davvero nel cuore della gente che tifa: forse perchè troppo umorale. O perchè inadeguata, per caratura e spessore, a saziare gli appetiti di una piazza sofferente alla terza serie. Una squadra che, però, rispetta il programma societario, malgrado la penalizzazione sofferta durante il cammino: navigando senza continuità, ma conquistando in trasferta quello che perde in casa. A campionato quasi archiviato, intanto, attira di più quanto patron Casillo deciderà di fare. Anche se, ascoltando le numerose dichiarazioni del presidente, è difficile ipotizzare la prosecuzione del progetto. Al quale, peraltro, la stessa tifoseria non crede più, da tempo. Anzi: la frattura tra la tifoseria (quella organizzata, innanzi tutto: che, di solito, condiziona) e il massimo responsabile del club appare profonda, insanabile. Per dirla in una frase, tra le due sponde non esiste alcuna piattaforma di tolleranza, ormai. E, a queste condizioni, è impensabile continuare a fare calcio. Non ci sono più i presupposti, spazzati da minacce, contraddittori aspri, show televisivi e comunicati stampa. Che riducono la questione ad una scelta di campo doverosa, netta e inequivocabile, ma anche rapida. Casillo, innanzi tutto, spieghi a quali condizioni intende defilarsi, se davvero vuole scrollarsi il peso della gestione del Foggia: e con chiarezza. Del resto, un'altra stagione di scontri frontali, al di là dei torti e delle ragioni di uno schieamento o dell'altro, non serve a nessuno: e tanto meno a lui, che sotto il profilo commerciale ha solo da perdere. Il pallone, in Capitanata come altrove, si fa con il sostegno della base, cioè di chi poi va allo stadio o vive la squadra giorno dopo giorno. Bypassare la piazza e i suoi umori non è sensato. O, comunque, non paga. E, presto o tardi, tutto si ritorce contro. Il vaso è rotto. E, se i cocci si ricomponessero, resisterebbero sempre i segni. Pronti ad aggredire il domani.