mercoledì 29 agosto 2012

Martina, la panchina cambia già padrone

Incomprensioni. Forse, screzi. Comunque sia andata, in prossimità del campionato (domenica, in Puglia, scende il Foligno) e alla vigilia della seconda uscita di Coppa Italia (a Rutigliano contro la Salernitana, a porte chiuse), il Martina e Totò Ciullo, guida tecnica per poco più di un mese, si separano. Doccia ghiacciata, metaforicamente parlando: l'allenatore potrebbe non aver gradito le strategie di mercato. Oppure, essere entrato in rotta di collisione con qualcuno, all'interno dell'organico da lui gestito. Analisi a parte, in questo momento della stagione, la situazione che si è venuta improvvisamente a delineare va gustamente considerata come un ostacolo in più sulla strada dell'integrazione della squadra tra i professionisti. Che, peraltro, trova immediatamente il nuovo timoniere (Di Meo), provvedendo anche a completarsi (numericamente, ma non solo) con la punta che mancava per affrontare più serenamente l'avventura (dopo la prima fugace apparizione con il gruppo, Del Core si accorda finalmente con la società e firma). Una squadra che, peraltro, doveva e deve edificarsi su concetti chiari e semplici come il contenimento dei costi, punto irrinunciabile di un progetto che pretende di durare nel tempo. Certo, lo stato di crisi (se di crisi si tratta) dura pochi quarti d'ora: giusto il tempo per rimediare al vuoto lasciato da Ciullo. Ma la vicenda resta pur sempre un fastidio, una macchia. Anche se, senza cadere nel buonismo di facciata, è assai meglio che il problema sia emerso adesso. Più tardi, magari, avrebbe potuto causare guai peggiori.

lunedì 27 agosto 2012

Grottaglie, sorrisi di Coppa

L'importanza della Coppa Italia è un valore relativo. Ma, nella competizione, il Grottaglie procede, sbarcando al terzo turno. Ai rigori, immediatamente dopo aver ribaltato il doppio passivo: due particolari che lascerebbero credere a un profilo caratteriale già abbastanza delineato. Prima che il campionato si annunci, la formazione affidata a Marcello Casu (ex Gaeta) elimina prima le seconde linee del Taranto (compito facile, obiettivamente) e, successivamente, il Sambiase: che, nel proprio girone (quello siculocalabrese), punta ad una stagione discreta. Da domenica, però, è un'altra storia. Densa di punti interrogativi. La nuova società (un pool di sostenitori che hanno rimpiazzato il dimissionario Ciracì, delegando l'antico segretario D'Amicis sullo scanno di presidenza) dispone dichiaratamente di un budget limitato (meno di duecentomila euro) e deve pensare al bilancio, prima che alle ambizioni. La gestione della quotidianità, cioè, dovrà definirsi virtuosa. Si prospetta, allora, un altro torneo scolpito dal sacrificio. Al qualie i tanti  riconfermati della vecchia gestione (Laghezza, Pinto, Lenti, Mitrotti, Salvestroni, Luzzi) sono ormai abituati: due salvezze di seguito ottenute ai playout temprano. Attorno, poi, si coagulerà qualche vecchia conoscenza, pedina di ritorno (Pastano, Pirone, Camassa, Radicchio, Formuso) e altra varia gioventù. Il mercato, del resto, non può assicurare l'impossibile: è arrivato e arriverà chi contiene le pretese o chi non ha trovato una collocazione più conveniente. Nessuna discontinuità con il passato, dunque. Può significare debolezza, ma anche garanzia di riuscita. Anche se i miracoli non sono una concessione eterna.

domenica 26 agosto 2012

Bari, gap dimezzato nel silenzio

Cinque punti sotto il livello della B: è il prezzo da pagare alla giustizia del pallone. Che il Bari, facendo due calcoli, accetta volentieri: per quello che avrebbe potuto comportare il coinvolgimento di troppi suoi tesserati ai tempi dell'ultimo caso di calcioscommesse e, invece, non è stato. Perchè anche a questo serve il patteggiamento, strumento ibrido e oscuro che aggira verità e condanne. Cinque punti di penalizzazione: un peso, ma anche un sollievo. Una dote antipatica, ma pure sostenibile. Soprattutto se, alla prima uscita di campionato, il gap si dmezza abbondantemente. la truppa giovane di Torrente parte sull'erba di casa, nel deserto di un San Nicola che ha perso anche gli ultimi scampoli di vivacità e persino la sua tifoseria più organizzata. L'esordio è cullato dal disinteresse, dal caldo, dallo scoramento e dalla distanza che continua a dividere la società dalla città, dalle istituzioni e dalla gente. La penalità è un infamia. Il movimento mediatico creatosi ultimamente attorno al Bari è un macigno. La famiglia Matarrese, che non gode della stima popolare da tempo, è sempre lì, nella stanza dei bottoni. E anche un organico di rampanti affamati non affascina la platea. E poi i progetti di sopravvivenza, si sa, non abbagliano la base, cioè gli utenti. Ma la prima prova è sufficientemente confortante: non solo per il risultato ottenuto, ma per le modalità con cui si è materializzato. Due gol (a uno) e il Cittadella di Foscarini si fa da parte. Piacciono Caputo e Ceppitelli, che poi sono i due realizzatori. Promossi anche Romizi e Bellomo, che offrono spessore alla mediana. Non dispiace Albadoro, in attesa delle qualità di Iunco.  Solo dietro, magari, i riflessi sono ancora lenti (una disattenzione costa, oltre tutto, l'unica marcatura dei veneti). Anche per questo, allora, il tecnico suggerisce di sondare nuovamente il mercato. Intanto, però, l'handicap di partenza non è più un incubo. Lo sono, piuttosto, il San Nicola e il suo vuoto spettrale. Riconquistarle il calore della propria casa è la prima sfida da vincere.

giovedì 23 agosto 2012

Lecce, la C prima del Tnas

Retrocessione confermata. La Commissione Disciplinare non concede sconti, nè indulgenza. E passando la pratica al Tnas, cioè la cassazione del pallone. Che, se abbiamo capito bene, confermerà il verdetto. Il Lecce si piega di fronte al coinvolgimento (ancora presunto, sino a nuova e definitiva sentenza) dell'ex presidente Semeraro nella velenosa faccenda di un derby ormai datato: cioè, sempre che non cambi qualcosa in sede di ultimo giudizio, ripartirà dalla C. Senza neppure passare dalla B, destinazione d'uso in coda all'ancora recente retrocessione. Terza serie, sì, brutale e mortificante. Anche se il dispositivo della giustizia sportiva  si trascina ombre e quesiti irrisolti e, forse, irresolvibili. Anche se non tutto (o quasi niente) è scientificamente provato. Anche se le minacce riservate, ieri, a tanti si sono stemperate, oggi, in assoluzioni o convertite in pene leggere. Anche se le contraddizioni forti di certe motivazioni autorizzano a diffidare di un ingranaggio (la magistratura del calcio) che fatica, arranca e, magari, si piega anche a dinamiche oscure. C'è ancora il Tnas, dicevamo. Ma invitiamo a non puntare poste alte sulla revisione del provvedimento. La prova è l'immediata ammissione del Vicenza in B, in luogo dei salentini. E la rinuncia formale a concedere al campionato una tregua, in attesa della fine della storia. Lecce, ora, s'interroga e, soprattutto, si indigna. A torto, oppure a ragione: noi non possiamo stabilirlo. Così come la gente che tifa. Ma che se ne va in C con il dubbio di aver pagato il conto di tutti. Anche di chi, in prima grado, aveva subito pari trattamento. Perchè, se ancora non è chiaro, è solo il Lecce che s'inchina duramente alla legge. Mentre il sospetto si allarga: colpire uno per sentirsi più buoni, più giusti e inflessibili è uno sport sempre più popolare, in questo Paese di follie quotidiane.  

lunedì 20 agosto 2012

Monopoli, esordio importante

Il Monopoli riaccarezza il pallone e trova la Coppa. Di fronte, il Nardò rivoltato e reinventato dopo l'estate bollente, ma tecnicamente assemblato nelle ultimissime settimane e, dunque, ancora troppo acerbo per opporre resistenza decisa. Davanti, una stagione di buoni propositi e di discrete prospettive, garantite da un plotone di imprenditori, tutti presidenti. Alle spalle, l'entusiasmo della piazza che, come sempre, vuole essere coltivato. E, dentro, molti pezzi della squadra che, a marzo, ha stracciato il torneo di Eccellenza pugliese: da Amato a Lanzillotta, da Anglani a Di Gennaro, da Montaldi a Pereyra, da Strambelli a Marini, da Mastropasqua a Colella. Assistiti, per la nuova avventura in D, da De Tommaso (l'ex martinese è quel che si dice un artigliere di categoria) e da qualche nuovo arrivo che, però, debutterà tra un po'. Intanto, dicevamo, è Coppa Italia. E la formazione riaffidata a Claudio De Luca sembra sapere quel che vuole e cosa fare sul campo. Il 4-3-3 disposto dal coach di Castellana appare già abbastanza agile, risoluto, disposto alla cooperazione: fa viaggiare la palla e l'espletamento delle  prime pratiche non dispiace per niente (ad esempio, la manovra sgorga sin dalle retrovie). Tutto, è bene chiarirlo, va contestualizzato: l'avversario è manifestamente più indietro, sotto agni angolazione, anche quella della personalità. E, dati alla mano, la prima mezz'ora di gioco senza la gioia del gol non rende giustizia all'incessante pressione del Monopoli, maturata sin dall'avvio. Ma, al netto di un calo di tensione a risultato già acquisito (vittoria robusta: tre a zero), la prima versione di Lanzillotta e soci è largamente promosssa. E, oltre tutto, De Tommaso (tre gol) si fa sentire. Buone notizie, dunque: da avvalorare quando si farà sul serio.

sabato 11 agosto 2012

Lecce, retrocessione con riserve

Retrocessione. Ma il verdetto è appellabile. Anzi, appellabilissimo. Il primo grado di giudizio dell'affaire calcioscommesse infligge la pena più dura: e il Lecce precipita in terza serie, direttamente dalla A. Ci aspettavamo una sentenza tragica: i segnali erano chiari. E i rumors chiassosi. Certe cose si avvertono per tempo: basta saper leggere tra i rivoli delle parole. Non tutti, poi, riescono a divincolarsi magicamente e all'ultimo istante dalle maglie perfide di una giustizia sportiva che si arena sempre più spesso e, altrettanto spesso, si contraddice. Chiaro: il Lecce potrebbe essere colpevole. E la le legge non ammette delitti. Ma la società che è stata di Semeraro e che, adesso, è dei Tesoro, potrebbe non aver commesso il fatto che il tribunale sportivo le addebita. Niente e nessuno, prove alla mano, la inchioda. Ed è qui, in questa terra ibrida di confine, che l'impianto difensivo dovrà necessariamente lavorare e battagliare. La resistenza, tuttavia, è assicurata: parole dell'avvocato Sticchi Damiani. Sarà bene opporsi strenuamente, dunque: con ogni mezzo. Proprio perchè la vicenda è caotica. E, senza scendere nei dettagli, troppi particolari non coincidono. Oppure, si oppongono l'uno all'altro. Del resto, sul tavolo c'è una bella fetta di onorabilità, ma pure buona parte del futuro sportivo del club. Oltre a una differenza di location (la C invece della B) che si traduce in un diverso status economico (questione di contributi, ma non solo). Certo, il nuovo proprietario della società salentina, con la ripartenza dalla Lega Pro, risparmierebbe un po' di contante: quello che, altrimenti dovrebbe versare all'ex patron Semeraro. L'accordo è noto: il Lecce, in terza serie, passerebbe alle competenze di Tesoro gratuitamente. In B no. Ma, per una volta, intuiamo facilmente quanto l'acquisto interessi vivamente la nuova proprietà, piuttosto che la donazione. E, allora, che si battagli pure. Qua non si scherza. Tanto più che le possibilità per ribaltare il primo giudizio ci sono. Oggettivamente.

venerdì 10 agosto 2012

L'abisso del Fasano

Un passo dietro l'altro verso l'abisso. Eppure, è tutto pianificato. Lucidamente studiato. I tempi della C sono concettualmente lontani, ma cronologicamente ancora prossimi. Mortificati dall militanza nel campionato di Eccellenza, dove il Fasano ha navigato con poche fortune negli ultimissimi anni. Dopo il fallimento del vecchio simbolo e prima di rinunciare (è notizia di questi giorni) alla Premier League di Puglia. La nuova società, se nascerà, potrà ripartire a settembre dalla Seconda categoria: niente, per quella che è la storia del pallone in queste contrade. I vertici del club appena depennato dalla geografia calcistica regionale hanno optato per la soluzione più dolorosa, ma economicamente più logica: l'eutanasia. Troppi debiti, anche con l'erario. Seicentomila euro, si dice. Trascinatisi sin qui da qualche stagione. Impossibile tappare la falla: meglio chiudere e accettare il declassamento. Ovvero, riprendere il discorso con un soggetto sportivo nuovo e virtuoso. Se ne parlava, neppure tanto sommessamente, da più di un anno: e, adesso, il momento della rinuncia sa persino di liberazione. Sembra che anche la tifoseria organizzata abbia compreso per intera la gravità della situazione, avallando (o accettando con sufficiente serenità) la soluzione. Anche se il castigo è amaro. Avrebbe potuto ripartire dalla Promozione, il nuovo Fasano: acquisendo un titolo (Carovigno). Oppure affiancando quello del Pezze, espressione calcistica della frazione più grande dell'agro. Non ci è riuscito. Dopo Casarano, un'altra piazza di prestigio sprofonda. Il male non abita solo tra i professionisti: anche l'universo dei dilettanti si piega alla realtà. E l'impressione è che non sia finita qui. Tra dodici mesi, potrebbe toccare a qualcun altro: alla fine, si paga sempre tutto.  

giovedì 9 agosto 2012

Il Taranto e le sue anime diverse

C'è anche il Taranto, in D. Emanuele Papalia, cerimoniere della rinascita del pallone tra i due Mari, vince la battaglia contro lo scoramento, la confusione, la recessione e il tempo, assemblando una cordata composita di volenterosi, imprenditori e tifosi incalliti. Più a meno come a Foggia, il calcio riparte sotto la sguardo di facce diverse e sotto la spinta di culture sportive differenti. Basta affacciarsi sul progetto per capire che dentro abitano molte anime: c'è, appunto, Papalia, con il suo gruppo di fedelissimi (il nuovo direttore generale Borsci, per esempio, ma anche il vicepresidente Adriano Morales, ex calciatore del Taranto e tecnico, in passato, pure del Casarano, oppure Angelo Carrano). C'è Antonio Bongiovanni, ex patron della Prisma Volley, che sbarca per la prima volta sul tappeto erboso: portando in dote il nuovo presidente del sodalizio, che poi è la prima donna in assoluto ad occupare l'incarico in riva a Mar Piccolo (si tratta di Elisabetta Zelatore). C'è poi Fabrizio Nardoni, che proprio nei giorni precedenti all'avventurosa iscrizione del FC Taranto 1927 aveva cercato di costituire un nuovo soggetto sportivo in compagnia di Mino Colomba (ritiratosi frettolosamente e anche abbastanza misteriosamente dalla trattativa con il sindaco Stefano), per poi virare nuovamente sull'idea di partenza. C'è, inoltre, la Fondazione Taras di Andriani e Sostegno, pronta ad assicurare un po' di contante assemblato con abnegazione e caparbietà. Ci sono personalità almeno apparentemente slegate da qualsiasi schieramento, come l'avvocato Raffo. E c'è, infine, pure lo spazio per qualche rigurgito di passato. Ad Ermanno Pieroni, non troppi anni fa in cabina di regia di un club che non esiste più, sarebbe stata affidata la gestione tecnica di una società che deve ripartire dal nulla o quasi. Le conoscenze e il mestiere del manager marchigiano serviranno per scritturare in corsa un allenatore e i protagonisti della squadra che verrà. Compito arduo, a pochissime settimane dall'avvio del campionato e a pochi giorni dallo start della Coppa Italia (sarà sùbito derby a Grottaglie). Oggi, intanto, l'organico va letteralmente inventato. Campionato ad handicap, dunque: l'iscrizione al fotofinish, del resto, non promette mai molto di buono, a nessuno. Traducendo, campionato di transizione. Che il nuovo assetto societario farà bene a ufficializzare con parole chiare, trasparenti: evitando di trasmettere alla piazza qualsiasi illusione. Illusione che, presto, potrebbe trasformarsi in cocente disillusione. A fronte, soprattutto, di un girone (quello H della nuova serie D) che mette insieme pretendenti qualificati al salto tra i professionisti come l'Ischia, il Matera, il Bisceglie e il Brindisi. Non solo: il parto travagliato del nuovo Taranto potrebbe aver già consumato un po' di energie nervose. E l'esistenza, sotto lo stesso tetto, di molte anime è, di per sè, un rischio che va calcolato. O, se non altro, una situazione che va valutata con il passare dei giorni. E con il realismo che viene da un dato oggettivamente inattaccabile: il Taranto doveva rifiorire, non importa con chi e non importa come. Poi, accada quel che deve.

mercoledì 8 agosto 2012

Il Martina e il suo strano campionato

Martina e basta. La C2 di Puglia è tutta qui. Tutto attorno, tre club campani, uno molisano, due calabresi, tre abruzzesi, due laziali, una formazione umbra, la lucana Melfi e persino quattro toscane (Gavorrano, Borgo a Buggiano, Pontedera e Poggibonsi). Diciotto squadre, complessivamente. La seconda divisione (una denominazione che non ci è mai piaciuta) sta, però, per audistruggersi. L'ultimo capitolo è questo: dal giugno del duemilatredici tra i dilettanti della D e la terza serie mancherà il cuscinetto di un campionato sempre più svalutato, nel tempo, dalla diificoltà ecomiche, ma ultimamente anche mortificato dal punto di vista squisitamente tecnico. Non sarà, pertanto, una stagione come le altre. Soprattutto per le novità apportate, anche se non ancora ufficializzate. Dunque: nessuna promozione prevista, almeno dal punto di vista formale (perchè le migliori otto o dieci del campionato verranno accorpate alle formazioni dell'attuale C1: e pur sempre di promozione, alla fine, si tratterà), tante retrocessioni da temere (nove squadre, praticamente un esercito: si finirà in serie D, che però ridiventerà quarta serie: quindi, nessun passo indietro, all'atto pratico). Se ne deduce facilmente che, in questo caso, la battaglia infurierà per non oltrepassare la linea di rischio, piuttosto che per guadagnare i primi posti. Ovviamente, tranne pochissimi casi, non sarà consentito a nessuno rifiatare, mai: troppe concorrenti per uno stesso traguardo è un inno all'incertezza cronica. Ed è altrettanto vero che il torneo si aprirà ufficialmente negli ultimi due mesi: quando bisognerà approfittare delle energie migliori, per ottenere l'obiettivo. Sotto il profilo dello spettacolo, invece, ci aspettiamo un torneo ancora meno convincente dei precedenti. E il timore di scontrarsi con delle dinamiche particolari non ci affascina proprio. Il Martina, tuttavia, si gioca la possibilità di riprendersi la sua storia migliore, pochi anni dopo il fallimento. Ottenere l'ottavo posto e, dunque, assicurarsi l'ammissione alla nuova serie C non è un'operione scontata (nè semplice), ma sufficientemente fattibile. Ciullo, il nuovo coach, coltiva l'unica necessità di un organico il più possibile solido: che, al momento, va pure necessariamente completato. E' questa, del resto, la migliore garanzia per appropriarsi della continuità che, di solito, elimina un sacco di problemi. In due parole: l'occasione è ghiottissima. E, forse, intralcia l'esigenza del club di doversi abituare - per la prima volta in assoluto - ad un nuovo campionato. Certe situazioni, tuttavia, non capitano tutti gli anni. E poi anche l'appetito è una forma di ambizione. Malgrado proprio da una stagione come questa una società debuttante nel mondo del professionismo sarà in grado di capire dove può arrivare e, soprattutto, come scegliersi il domani.

sabato 4 agosto 2012

Foggia, è serie D. Con enorme fatica

Perdere il professionismo significa, sùbito dopo, rincorrere il tempo che avanza, che sfugge. Vale per tutti. E vale ancora di più per piazze difficili (cioè storiche ed esigenti) e depresse (economicamente parlando) come Taranto e come Foggia. Mentre, però, sui due Mari si battaglia ancora (ansimado) per costruire un futuro in serie D, in Capitanata il pericolo dell'Eccellenza sembra scongiurato. L'iscrizione alla quinta serie è garantita, quasi al fotofinish. Non dalle forze imprenditoriali che operano sul territorio. Non dai gruppi o dalle cordate che si sono spartiti il palcoscenico sin qui. Non dalla fondazione sorta recentemente in sostegno del malato. Ma da un puzzle di assegni e donazioni popolari: insufficienti, comunque, a garantire iscrizione e fideiussione al primo campionato dei dilettanti. Condizione che ha praticamente costretto Davide Pelusi, un tifoso facoltoso con base a Milano, ad assicurare un bonifico di duecentocinquantamila euro. Parto travagliato, dunque. E soddisfazione robusta. Accade sempre così, quando la paura morde le coscienze. Ma la complicata gestazione di un salvataggio disperato non autorizza a sognare. Ci aspettiamo, con queste premesse, una serie D di duro realismo, fatica e transizione. Anche se il ritrovato entusiasmo sa accendere l'ottimismo della gente e ingentilisce le dichiarazioni degli addetti ai lavori. Un mese di complicati calcoli aritmetici, piuttosto, consiglia di attendere tempi migliori e di contenere le pretese. E, in mancanza di novità straordinarie, di calarsi nella nuova realtà: misera, eppure faticosamente conquistata.