lunedì 29 ottobre 2012

Torna il Monopoli. Senza indugi e timori

Torna il Monopoli. Il Monopoli che sa trattare il pallone, che affronta chiunque senza timore, che accetta la sfida privandosi di condizionamenti e indugi, che possiede l'umiltà e anche l'intelligenza di cautelarsi, quando serve. Cioè, dopo essere passato in vantaggio. Non su un campo qualunque, ieri: ma, addirittura in casa dell'Ischia capolista, ovvero la formazione migliore della prima parte del girone appulocampano del torneo di quinta serie, cioè la squadra che riesce puntualmente a crearsi occasioni a tiratura industriale. Partita dopo partita. Torna il Monopoli. Al successo. Nel match teoricamente più proibitivo. Uno a zero: e si parla di impresa. La copertina patinata è tutta dedicata alla gente di Claudio De Luca. E certe esitazioni (quelle di Nardò, soprattutto) vengono cancellate vigorosamente. Lo ringrazia, intanto, il campionato intero: perchè blocca un'ipotetica fuga degli isolani. Così come a Matera, Lanzillotta e soci interpretano bene i novanta minuti: lasciando giostrare l'avversario, ma assicurandosi pure la propria parte di gara. Difendendo meglio, questa volta, la rete di vantaggio. Un'antica sensazione, allora, riconquista quota: il Monopoli si regge su fondamenta solide, su una piattaforma credibile. Le difficoltà, evidentemente, non intaccano la bontà di fondo del progetto tecnico e tattico. Che lo scadimento temporaneo della tenuta atletica di qualche singola pedina può scalfire, ma non intralciare. E che anche le critiche recenti (qualcuna, probabilmente, eccessiva) non possono affondare. Del resto, sin qui questo gruppo non è mai stato decisamente deludente. E, persino nei momenti meno brillanti, il Monopoli ha chiarito le proprie prospettive. Dotandosi di margini sufficienti di recupero. Non sono segnali marginali. Di questa squadra, anzi, continueremo a parlare bene, sino in fondo: questa è l'impressione. Anche se la promozione non è nella lista dei doveri e, alla fine, sarà questione altrui.

domenica 28 ottobre 2012

Bari, non c'è fretta

Bello, ma di una bellezza non fatale. Il Bari di Padova è persino vistoso, ma perdona spesso. Va anche in gol, però il direttore di gara annulla. Senza timori reverenziali, insiste: non trovando, tuttavia, argomenti tangibili. E, infine, si ritrova ad inseguire il risultato. Che, poi, raggiunge con quella palla finalizzata da Sciaudone, un altro di quelli che arrivano dalle retrovie del pallone (sino a giugno era in terza serie e sempre in Puglia, a Taranto). Uno a uno, in casa di una delle realtà più accreditate del campionato. E, dunque, un punto: ma di pregio. Torrente può esibire la soddisfazione del caso: questa squadra, anche dopo qualche difficoltà incontrata sul percorso (la cattiva prestazione di Castellammare di Stabia, ad esempio), sa rialzarsi. Giocando con puntiglio, con brio. E riesce ad intimorire anche gli avversari più corazzati. C'è del buono, in questo progetto: ed è una conferma che va sottolineata. Sottoporre la squadra ad una forte pressione, però, potrebbe non agevolare il processo di crescita. Così come fissare un traguardo definito, cioè pretendere determinati risultati. Che, in silenzio, stanno comunque arrivando (solo la penalizzazione occulta la realtà). Nessuno avrebbe osato sperare tanto, prima dell'avvio di stagione. Anche per questo motivo, allora, lasciamo esprimere il Bari: senza imporgli la fretta di evolversi.

sabato 27 ottobre 2012

Barletta, ancora apprezzamenti. E zero punti

Altri pubblici apprezzamenti, altre parole confortanti. Altri buoni propositi frustrati e, soprattutto, niente punti. Il Barletta è sempre sul fondo, la classifica non si muove. E va bene che, sin qui, la gente affidata alle cure di Novelli ha incontrato il meglio del campionato. Lasciandosi le avversarie teoricamente più abbordabili per i prossimi tempi. Oltrepassata la sosta imposta dal calendario, ecco la trasferta di Frosinone. La capolista Frosinone. Nel venerdì piovoso del Matusa è ancora resa: dopo aver temporaneamente impattato (Lamantia rimedia al vantaggio firmato da Ganci) e prima di pagare l'inferiorità numerica (nuovo cartellino rosso, questa volta per Mazzarani: adesso sembra quasi un'abitudine) e il potenziale dell'artiglieria di casa (segna anche Santoruvo e, più tardi, si ripete Ganci). Finisce tre a uno per i ciociari, ma la squadra non sfigura. Non rinuncia mai a proposrsi, accetta il rischio, sbuguarda la realtà della graduatoria orribile: raccogliendo, però, zero. I complimenti guadagnati, certo, incoraggiano e aiutano ad alleviare la sofferenza. Eppure l'inesperienza corrode ancora le fondamenta di un progetto che non va rivisto, ma semplicemente corretto. Con un paio di iniezioni di praticità e mestiere. Appena possibile. Per non dover piangere, domani, sulla sterilità dei consensi. Che fanno morale e, forse, irrobustiscono le speranze. Ma non la postura dell'organico.

martedì 23 ottobre 2012

Nardò, adesso si ragiona

Magari non piace a chiunque, ma il Nardò comincia a fare punti. Con continuità. Intanto, è nel gruppo di quelle formazioni più lucide del momento. Ha, di recente, forzato il destino anche in trasferta (a Grottaglie) e, proprio domenica, si è liberato (uno a zero) della scomoda pratica-Monopoli. Battendo una formazione che, probabilmente, dopo la prima battuta d'arresto (quella di Brindisi), sta pagando qualcosa sotto il profilo psicologico e, soprattutto, adesso avverte il peso di qualche timore, oltre che delle insufficienti condizioni fisiche di un po' di pedine importanti. Ma che, tuttavia, resta uno degli organici più competitivi del girone H della quinta serie, pure in virtù di un calcio esteticamente interessante. Metà classifica agganciata, tre successi complessivi (l'altro a spese del Bisceglie, non di un avversario qualsiasi), a fronte di un pareggio e di quattro sconfitte, collezionate in avvio di stagione: ora, in Salento, si può ragionare. E fa niente se i detrattori insinuano di un collettivo ancora acerbo che si avvale principalmente dell'esperienza, del carisma, della precisione e della prolificità di un artigliere di gran categoria come Majella. Certo, l'ingaggio recente di Taurino ha rinsaldato il reparto arretrato. E, più in generale, qualche innesto di maggior spessore, arrivato a torneo già in corso, sembra aver rassodato la squadra di Renna. Che, finalmente, prova a giocarsi il traguardo per il quale è stata costruita, ovvero la salvezza. Con maggior coraggio e convinzione. Ma, indubbiamente, i gol possiedono un certo valore, sempre. E le punte di qualità sanno sempre come trovarlo. Majella, dunque, in questo momento è quel qualcosa in più che può contribuire a trovare una quadratura definitiva, una strada certa. Che si appoggia sulla consapevolezza di dover perseguire determinate dinamiche (la difesa a cinque con tre centrali di ruolo è un indizio) e sulla certezza che solo i risultati possono attrarne altri.

lunedì 22 ottobre 2012

Il Martina si punisce da solo

Generalmente, spinge da sùbito. Stringendo l'avversario. Questa volta, invece, il Martina sembra preferire il ragionamento all'istinto. Sembra, cioè, voler gestire meglio l'arco di tutti i novanta minuti. Sensazione errata: non è giornata, piuttosto. Coincidenza fatale: il Fondi, avversario di turno che stagna sul fondo della classifica, si porta in vantaggio abbastanza presto (quattordici minuti). Aggravante decisiva: l'assetto difensivo traballa, troppe volte. Gambuzza e Filosa sbagliano praticamente tutto, Bagaglini e persino Dispoto si aggregano al grigiore. Sono tutti preoccupati, nervosi: e si vede. Ogni situazione di presidio è vissuta male. Il contraccolpo psicologico dello svantaggio acquisito, peraltro, è forte. Il Martina si smarrisce e D'Anna replica: zero a due. E' un match segnato. Pure la fluidità della fase di possesso è macchiata. Galleggia solo Del Core, che favorisce Gambino: distanze accorciate. Dietro, però, si pasticcia ancora e il disavanzo di due gol si ristabilisce. La squadra che si ripresenta dopo l'intervallo, però, è più acuta, più convinta. Spunta finalmente qualcosina e la gara si riapre al sigillo di Mangiacasale. L'irreparabile, tuttavia, sta arrivando: Gambuzza completa la sua prestazione orribile con un fallo di mani in piena aerea. Quarto gol dei pontini dagli undici metri e fine delle trasmissioni. Di Meo, davanti ai microfoni e ai taccuini, si carica di ogni responsabilità e parla di approccio alla partita sbagliato. Garantendo, poi, di intervenire sui problemi della retroguardia. Che, però, a questo punto necessita di puntelli: e non solo numericamente parlando. Anche a costo di rinunciare alla contrattazione di un altro attaccante, che nell'immaginario collettivo sembrava la priorità.

domenica 21 ottobre 2012

Taranto, convalescenza lunga

Convalescenza lunga: il Taranto, esteticamente e praticamente, non è ancora quello che vorrebbe essere o diventare. La sua manovra è ancora lontana dalla brillantezza, dall'autorevolezza e dalla risolutezza. E l'arrendevolezza è un tumore maligno che si propaga subdolamente. A Potenza, nell'anticipo del sabato, va discretamente nel primo tempo (poca sofferenza, un paio di occasioni fallite) E malissimo dopo l'intervallo (la difesa si allarga e cede due volte, nel giro di pochissimi minuti, scrivendo il verdetto con mezz'ora di anticipo). Il lavoro paziente e serio del nuovo coach Pettinicchio, erede di un organico incompleto e scalfito dalle prime difficoltà della stagione, che pure cominciava a solidificare qualche concetto fondamentale, si perde nel grigiore di una ripresa in cui la squadra, fragile e debole, si abissa nel buio. Il Taranto che approccia la gara subisce oggettivamente poco, professando concretezza e badando prima al presidio della propria incolumità e poi al resto. Che, tante volte, sottintende una lievitazione della tenuta collettiva. Passi piccoli verso un futuro migliore: mettiamola così. La formazione jonica cerca innanzi tutto la propria identità. E prova a darsi un tono, un'impronta, un assetto più credibile con quello che possiede. Prima, cioè, che la riapertura delle liste di trasferimento possa concedere qualche indicazione interessante. E mentre Massimo Fumai, il rinforzo di ottobre, sembra essersi calato in fretta nel cuore del problema. Ma quello che accade dopo cancella ogni progresso: ingigantendo, piuttosto, i difetti, le crepe, gli assilli, i timori. Cala l'intensità, che tributa all'avversario spazi e agilità. E ai lucani bastano un paio di accelerazioni per chiudere il conto. Quindi, in serata, la società detta in comunicato stampa la propria delusione, accarezzando il trainer e infierendo sulla truppa. Sembra addirittura una dichiarazione d'intenti. La convalescenza, sì, è lunga. Ma non è detto che lo sia anche la storia calcistica tra i due Mari di molti altri. Stanno arrivando le prime sentenze: e l'atmosfera è densa di bassa pressione.

giovedì 18 ottobre 2012

Il gran momento del Lecce

C'è un gruppo di avversari e poi (anzi, prima) c'è il Lecce. Quella di Lerda, oggi, è formazione che fa storia a sè. La classifica si esprime chiaramente: a sette turni dallo start, Giacomazzi e soci viaggiano già sei punti sopra la seconda forza del torneo, cioè l'Entella di Chiavari, cioè l'inseguitore appena abbattuto (quattro a due) a via del Mare, nell'ultima fatica. Eppure, il pareggio di Como, appena una settimana prima, aveva tranquillizato la concorrenza. Inutilmente: la tendenza è trasparente. Sei vittorie sei: e, dietro, il vuoto. La differenza di caratura tra il Lecce e il resto della compagnia, almeno in questo periodo della stagione, è assolutamente evidente. E il divario di forze si fa sentire anche quando, nell'undici di partenza, il tecnico piemontese deve necessariamente rinunciare a qualche nome di spessore (domenica scorsa, ad esempio, ne mancavano quattro). Poi, adesso, la situzione societaria è ormai quasi definitivamente delineata. E, comunque, rasserenata. La famiglia Tesoro, di fatto, ha preso finalmente pieno possesso del club, tracciando una linea di discontinuità con i diciotto anni di presidenza Semeraro. E anche questa è una garanzia in più. Stipendi sicuri, testa più libera. Con tutto quello che ne consegue. Malgrado, e sia detto forte, questo Lecce abbia mantenuto passo e saldezza morale anche nel momento di maggiore depressione societaria, quando - neppure troppo tempo fa - emersero attriti sinistri tra chi avrebbe dovuto vendere e chi avrebbe dovuto comprare. Segno che non manca davvero niente, per aprire un nuovo ciclo: la gente che tifa (oltre seimila spettatori sulle tribune, durante l'ultima gara: chi l'avrebbe detto, in una piazza considerata spesso un po' fredda?) l'ha capito.

mercoledì 17 ottobre 2012

Il Foggia e la crescita lenta

Irregolare come una squadra in pieno processo di consolidamento. Il Foggia cade e si rialza, si riaffloscia e si ricarica: a una prestazione incerta e zoppicante si sostituisce una prova più tonica e rassicurante. E viceversa. Ci sta anche questo, sulla strada di una società appena rieditata e di un organico che necessita di conferme. E pure di certezze. Come la guida in mezzo al campo. Che il tecnico Padalino (ma pure l'ambiente tutto), ormai, sembrano aver riconosciuto nelle qualità di Agnelli: senza del quale, adesso è chiaro, l'ingranaggio s'inceppa. Il quattro a zero inflitto al Potenza, domenica, ha acquietato qualche dubbio e un po' di ansie. Al di là delle difficoltà palesi di un avversario mai davvero integrato in un campionato troppo oneroso per una neopromossa che neppure dispone di un nuovo tecnico ufficialmente ingaggiato. Ma, ovviamente, qualsiasi giudizio rischia puntualmente di franare, domenica dopo domenica. Il Foggia continua a cercarsi, a collaudare se stesso. Ben sapendo che non può più permettersi figuracce come quella di Bisceglie, sofferta recentemente. Le cui scorie, peraltro, sono state lavate lentamente (nell'ultimo match, malgrado il largo score finale, l'approcio alla gara va considerato un po' affannato). Proprio per questo, allora, è assolutamente inutile alimentare gli appetiti e tornare a guardare verso le vere big del girone. Quello del Foggia era e resta un altro torneo: quello della rinascita, della ricostruzione. Non quello dell'ambizione.  

lunedì 15 ottobre 2012

Martina, si viaggia ancora

Niente da dire: il Martina che riceve il Melfi, per venti minuti buoni, fa viaggiare la palla, gioca, crea. Con continuità. E impone le sue condizioni. Cosa che, peraltro, gli riesce spesso: almeno in casa, dal momento che, a Chieti, la scorsa settimana, qualcosa non ha funzionato nei meccanismi e nella gestione delle situazioni. Anche di fronte ai lucani, la formazione di Di Meo imbastisce con lucidità, esprimendosi con ampiezza, ma anche in profondità. Magari polverizzando qualche occasione di troppo, sin dalle prime battute di gioco. Che non è problema da poco, in determinate circostanze: se non altro, perchè non è lecito pretendere che una squadra detti tempi e ritmi per novanta minuti interi. E anche perchè il rischio di smontarsi, in assenza di riscontri tangibili e immediati, esiste sempre. Tanto meglio, allora, per l'onestissimo Melfi di Dino Bitetto, che così rifiata, s'irrobustisce e può permettersi di riflettere. E, dunque, di ripartire. Cioè: progressivamente, il Martina trova difficoltà sempre maggiori. Anche gli inserimenti diventano più rari. E una partita saldamente controllata si fa, all'improvviso, discretamente ostica. Come spesso accade, tuttavia, è una palla inattiva a modificare il corso di un match: e Gambino, alla treza realizzazione in campionato, regala il vantaggio dopo sessanta minuti. Vantaggio che Del Core e soci gestiscono sommariamente, lasciando al Melfi molto campo e iniziativa. Comincia a difettare, nel mezzo, un filtro adeguato e si soffre, sino in fondo. Il successo, intanto, mantiene il Martina nei quartieri alti (terza piazza, dietro Aprilia e Pontedera). Ma, ancora una volta, la squadra della seconda frazione di gioco è più impacciata e meno lucida di quella vista nella prima parte della partita: e questo diventa un dato da analizzare con calma, ma con attenzione.

venerdì 12 ottobre 2012

Barletta, sempre più giù

Hanno detto, abbiamo detto: è una formazione strutturalmente giovane, in pieno processo formativo. Vero. Ma i risultati stanno lentamente piegando il Barletta verso un destino di sofferenza. E' già un campionato amaro, per la gente di Novelli: due soli pareggi in sei partite, undici rete subite (peggio, solo la Carrarese, ultimissima), palesi difficoltà in fase di possesso (nei match disputati al Puttilli, appena un gol segnato). Chiaro, ormai, che il progetto fatichi a decollare. E' andata male, malissimo, anche domenica: la capolista Latina ha infierito (uno a tre), appena ha potuto accelerare. Persino discreta, sul piano del gioco, nella prima parte della gara: ma questa squadra sembra lontana dalle esigenze di un torneo come quello di terza serie. Primo, perchè non conclude. E, quindi, non può sperare di poter graffiare. Secondo, perchè si smonta facilmente, lasciandosi travolgere dal vortice dei timori: come ammette lo stesso tecnico. La gioventù, del resto, regge se c'è entusiasmo e organizzazione, ma anche spessore individuale e collettivo e, soprattutto, carattere. Altrimenti, urge un'iniezione di fiducia. E di esperienza. Intanto, il disavanzo da chi si trova poco più avanti è ancora colmabile. E digrignare i denti per un mese e mezzo non sarà un'impresa immensa: purchè chi può corra ai ripari, alla riapertura delle liste di trasferimento. Non basterà a Novelli sovraccaricarsi di responsabilità: alla fine, servono le fondamenta della casa. E non basterà alla società aspettare la redenzione di un organico evidentemente in difetto in personalità. Che non si acquista: neppure lavorando a fondo, giorno dopo giorno.  

mercoledì 10 ottobre 2012

Pellegrino, il Grottaglie cambia

Di Marcello Casu ne abbiamo già parlato, recentemente. Di lui non ci aveva convinto qualche frase spesa in un paio di dopogara. Poco male, però: le parole, nel pallone, aiutano e guastano (dipende dall'uso che se ne fa), ma non incidono direttamente sulle qualità o sui limiti di una squadra. Che, in questo caso, si chiama Grottaglie. E che viaggia con gravi difficoltà nel girone appulocampano di questo campionato di serie D (un solo punto in sei match, ultimo posto condiviso con il Potenza: roba da preoccuparsi). Di Casu, piuttosto, hanno fatto parlare (la tifoseria più affezionata, evidentemente) l'atteggiamento tattico un po' remissivo di qualche occasione e, soprattutto, le difficoltà diffuse incontrate da un organico che, oggettivamente, reputavamo e reputiamo ancora non eccessivamente corazzato per questo tipo di torneo. Ma dell'allenatore sardo, arrivato sulla panca dell'Ars et Labor in estate, adesso a Grottaglie non si discuterà più. L'ultima partita, persa sull'erba di casa di fronte al rinvigorito Nardò, ne ha consigliato l'allontanamento. La società, una delle meno ricche dell'intero raggruppamento, ha optato per la svolta: a costo di un ulteriore piccolo sacrificio economico. Chiamando a lavori in corso Claudio Pellegrino, ex attaccante di buon pédigrée, che proprio in Terra Jonica possiede diversi estimatori, e allenatore ancora non troppo rodato (nel bagaglio, pochissimi campionati di Eccellenza). Che proprio oggi viene presentato ufficialmente. La richiesta del club è una sola: la salvezza. Non uno scherzo. Ma, come scrivevamo ad inizio della stagione, una scommessa. Che, adesso, sembra già abbastanza disperata. E che, tuttavia, ci servirà a capire una cosa: se, cioè, il problema del Grottaglie era solo il suo nocchiero, oppure se l'ostacolo era (ed è) un collettivo bisognoso di maggior spessore. Non solo tecnico.  

martedì 9 ottobre 2012

Anche l'Andria sa vincere

Arriva anche il tempo del successo. Magari, al novantesimo dell'ennesimo match che sta ammarando nelle acque limacciose del pareggio. L'Andria, di fronte al Sorrento delle forti delusioni, si affida al fiuto di un antico attaccante di razza come Innocenti: il guizzo  sa di rabbia ed esperienza, ma anche di liberazione. Il sesto tentativo, dopo quattro partite impattate e una persa, è quello giusto. Anche questa, però, è una prestazione viziata dall'incapacità di produrre quella quantità di occasioni che agevolino il compito di raggiungere il traguardo. Nel deserto delle emozioni, tuttavia, affiora l'integrità dello spirito del gruppo e la resistenza della squadra alle avversità. Due qualità sulle quali il tecnico Cosco sembra voler edificare il proprio progetto di salvezza. Vince, cioè, il collettivo che ci crede di più e fino in fondo. Anche perchè, e il tecnico di Santa Croce non dimentica di sottinearlo a fine gara, la tenuta fisica e atletica dell'Andria, adesso, sembra aver colmato il gap che nelle prime uscite stagionali avrebbe puntualmente favorito gli avversari (dalla Nocerina al Pisa, dal Frosinone al Perugia), puntualmente in grado di recuperare lo svantaggio. Avanti adagio, dunque. Ma senza deconcentrarsi: questa squadra, evidentemente, non può permetterselo. Non ancora, almeno. L'organico, in fondo, non è di qualità eccelsa. E attendersi troppo di più non è consigliato. Sempre che la futura prioprietà (il barletano Di Cosola starebbe per surrogare Fusiello) non decida di rafforzare l'elenco dei disponibili. Ma questo è, oggettivamente, un discorso che si amplierà più tardi. Nel frattempo, è necessario farsi bastare quello che c'è. E sforzarsi di migliorare la fase di possesso: onestamente, soddisfazione del successo a parte, l'Andria deve lavorare e crescere ancora.

lunedì 8 ottobre 2012

Il derby del Brindisi

Monopoli senza timori, Brindisi sciolto e fluido, buoni ritmi. Il derby, intenso e niente affatto teso, si presenta bene. La gente di Francioso, ispirata, imbastisce una manovra a tratti davvero convincente e trova, anche abbastanza presto, il varco giusto: inutilmente, perchè il direttore di gara invalida. Ma la formazione di De Luca, superata la decina di minuti di imborghesimento, risponde con la personalità che lo sorregge. La partita continua a poggiarsi su una densità che piace. La ripresa, tuttavia, scrive la storia dei novanta minuti. Il Monopoli cerca persino di forzare il destino del match: dentro Ventura, punta di peso, e retrocessione di Strambelli in mediana: le buone intenzioni ci sono. Ma, nonostante il gioco si sporchi un poco, il Brindisi fa valere la qualità e la migliore condizione dei suoi singoli. L'argentino Villa (giocatore completo: attacca gli spazi, sgomita, conclude, dialoga, difende la palla, va a cercarsi il pallone) sbriga il lavoro grosso e Albano conclude: due volte, quelle giuste. Lanzillotta e soci, gradualmente, perdono l'aderenza alla realtà della contesa, sfarinandosi e piegandosi alle esitazioni individuali. I padroni di casa si permettono così di gestire, sino alla chiusura dei gioco, spazi e ripartenze. E candidandosi, adesso per davvero, ad un ruolo importante all'interno del campionato. Questa squadra, se continua a far scorrere la palla, può dichiararsi ufficialmente.  

giovedì 4 ottobre 2012

E il Taranto sceglie Pettinicchio

Non più Maiuri, ma Giacomo Pettinicchio. Il Taranto, alla fine, trova il nuovo nocchiero: quello che sostituisce l'esautorato Napoli. Il primo sembra poco convinto della nuova destinazione. O, comunque, non abbastanza. E, davanti al traguardo, si defila. Per questioni di organico, forse. O per il mancato coinvolgimento di un collaboratore fidato, da cui non intende separarsi. Anche se qualche equilibrio interno non ancora delineato potrebbe aver sovvertito l'ordine della priorità: è un'ipotesi, ovviamente. Invece, Pettinicchio avrebbe accettato senza particolari condizioni. Anche il suo nome, però, fa parte di quel ventaglio di alternative scartato ad inizio campionato. Dunque, l'emarginamento di Pieroni è confermato. Anzi, sigillato dalla parole del presidente Zelatore («E' una nostra scelta»). Punto. Comincia una nuova gestione. Che non potrà, lo ripetiamo, divincolarsi dall'esigenza di fare chiarezza, dentro il gruppo di comando. Mentre, attorno, gli appetiti si rianimano: la speranza, tante volte, è più forte della realtà. Sbagliato, però: questa squadra, che andrà puntellata, deve pensare a conseguire l'obiettivo minimo, per il momento. Fa male pensarlo, ma è così. Anche per questo, non è facile il compito del nuovo trainer. Che merita il supporto incondizionato dell'ambiente tutto. Ne avrà bisogno: e come.

mercoledì 3 ottobre 2012

Taranto, cambia tutto

C'era una volta l'asse che sembrava aver cementato il rapporto tra il socio forte (Bongiovanni) e il manager sgradito alla piazza (Pieroni). Quella sinergia che aveva depotenziato il gruppo Papalia, vero collante della rinascita del pallone a Taranto. Tutto, però, gira attorno ai risultati: che, nel caso specifico, non arrivano (archiviata la fastidiosa caduta di Bisceglie, ecco l'affaticato pareggio interno contro una delle formazioni meno dotate dell'intero girone, il Sant'Antonio Abate). La schiettezza e l'umoralità di chi siede dietro le scrivanie del comando e le proteste della gente che tifa, poi, fanno il resto. Così, a quarantott'ore dall'ultima e dolorosa prestazione (squadra svuotata, senza idee, senza impronta, quasi piegata dall'inconsistenza dei singoli più attesi, che sullo Jonio non riescono a duplicare quanto fatto altrove), coach Tommaso Napoli si ritrova esautorato, il responsabile dell'area tecnica Tambone non è più saldissimo sulla sua poltrona, l'attaccante Sarli è praticamente sulla soglia, qualcun altro è prossimo al taglio e anche un altro uomo strettamente legato a Pieroni (Giovanni Spinelli) ha già lasciato i due Mari. All'improvviso (o, forse, non tanto) cambia praticamente tutto. Il Taranto, in due parole, si rivoluziona: e proprio Pieroni, da una situazione dominante, si ritrova defilato ai margini del progetto. Oltre tutto, la spinta della Fondazione Taras, una delle anime del club che prende ufficialmente le distanze dal manager, è forte e legittima le pressioni di una parte di tifoseria organizzata. Altre scosse di assestamento (come il recente ingresso nello staff dirigenziale di Domenico Pellegrini) lasciano, peraltro, immaginare scenari nuovi e, chissà, altri arrivi. Più o meno conosciuti. Intanto, sembra vicino l'ingaggio di Enzo Maiuri, ovvero il nuovo allenatore: esattamente uno di quei nomi spesi immediatamente dopo l'iscrizione al campionato di serie D ed espressamente ricusati da Pieroni. Il cerchio, dunque, sembra chiudersi. Restano, tuttavia, i problemi: quelli, innanzi tutto, di un organico che non risponde alle sollecitazioni. Ma anche quelli di una società alla ricerca di un assetto definitivo. Senza del quale non ci saranno decisioni condivise, cioè nette. E senza del quale non esiste futuro certo.

martedì 2 ottobre 2012

Brindisi, serve regolarità

Cinque gol, tutti assieme, nel derby dove aveva asfaltato il Grottaglie sembravano aver definitivamente promosso il Brindisi nel gruppo ristretto delle vere big del torneo di serie D. Invece, sette giorni più tardi, la formazione di Mino Francioso viaggia verso Pomigliano e cade. La squadra che la gente attende (quella decisa, continua nel rendimento, fredda e robusta) non c'è ancora. Cose buone e meno buone si alternano, senza sosta. Al di là del fatto che il gol che, alla fine, decide la partita si abbatte dopo soli quattro minuti di gioco,  segnandola e indirizzandola. Meglio il Brindisi della ripresa, comunque. In cui Villa e soci riescono ad imbastire qualcosa di più interessante. E dove, però, il Brindisi finisce per ritrovarsi in inferiorità numerica e, dunque, per limitarsi. Dichirazioni di convenienza dei protagonisti a parte, da questo collettivo ci aspettiamo qualcosa in più. Oltre tutto, questo è un momento storico in cui chi ha qualcosa da dichiarare, comincia a farsi sentire. E dove accumulare ritardo significa innervosirsi. Davanti, ci sono almeno quattro formazioni che hanno conquistato la regolarità (le capoliste Matera e Monopoli, l'Ischia, il Gladiator): e la regolarità, da sempre, paga in contanti. In qualsiasi contesto. La prossima manche, intanto, sembra soccorrere la volontà di riacquistare visibilità. Il derbissimo del Fanuzzi con il Monopoli sembra già una pietra miliare del tragitto: e, se l'appuntamento cade nel periodo più o meno indicato, lo sapremo solo al novantesimo. Nel frattempo, potrebbe alimentarsi la tensione, come spesso accade in circostanze simili: eventualità che, per inciso, non servirebbe a nessuno. Nè al Monopoli e nè al Brindisi: due squadre che, per definizione, provano a proporre calcio.

lunedì 1 ottobre 2012

Martina, personalità da seconda piazza

Il Martina rompe l'equilibrio del match con Marsili, dopo ventidue minuti, in fondo ad un periodo di solida gestione del campo e del pallone, anche se - sin lì - complessivamente sterile. Il ritorno al Tursi della formazione gestita da Di Meo è, tuttavia, assolutamente interessante, sotto il profilo tattico e anche della personalità espressa nell'arco dei novanta minuti. Oltre tutto, l'esordio di Gigi Anaclerio (è il rinforzo dell'ultima ora) non passa inosservato. Se non altro, perchè riesce a lenire l'assenza forzata di Del Core, appiedato dalla Disciplinare per fatti trascorsi altrove, in tempi precedenti. La prestazione, risultato a parte, è gravida di sicurezza, di lucidità e, spesso, di geometrie. Demerito, magari, anche dell'avversario, un Aversa remissivo e lento, incapace di rigenerarsi a gara in corso (cinque uomini dietro a score già compromesso non aiutano la lievitazione collettiva) e, quindi, deludente, ancorchè schiacciato nella propria trequarti per tutta la prima frazione di gioco e anche nella prima mezz'ora della ripresa. In cui, peraltro, i campani si ritrovano in inferiorità numerica. Il palcoscenico, così, resta saldamente di proprietà del Martina, praticamente sino in fondo. E il raddoppio di Gambino ne legittima il successo, che proietta la squadra in seconda posizione, in coabitazione con il Poggibonsi (e dietro solo all'Aprilia). Oggi come oggi, per il discorso playoff, Gambuzza e compagni ci sono.