venerdì 29 marzo 2013

Mezzo Taranto, mezzo Brindisi

Mezzo Taranto, mezzo Brindisi. La versione infrasettimanale del derby non può che sfociare nell'equilibrio del pareggio. E' meglio, molto meglio, la formazione di Ciullo, per tutto il primo tempo: ordinata, sicura, furba, discretamente affilata. Tanto da costruirsi il vantaggio (con Tedesco) e legittimarlo nel tempo, fallendo il raddoppio. E obbligando l'avversario a ritrarsi, confondersi e persino a complicarsi il cammino: Terrenzio, un po' prima dell'intervallo, scivola nel fallo plateale che il direttore di gara non può ignorare e lascia la sua squadra in dieci. E' meglio, molto meglio, il Taranto, per tutta la ripresa: tiene palla, articola manovre sin lì sconosciute, si allarga e converge, raggiunge il pari (con Molinari, dagli undici metri), cerca con convinzione il successo e non accusa mai la propria inferiorità numerica. Anzi, con un uomo in meno, il collettivo di Pettinicchio si fa preferire: per intensità, idee, manovra, spirito e coraggio. Vicedomini, perno di un centrocampo costretto a passare da quattro a tre pedine, comincia a fare quello che deve, cioè caricarsi di responsabilità progettuali. Emerge anche Mignogna, rabbuiato per quarantacinque minuti. Ma è l'assetto jonico, nella sua intierezza, a decollare. Di contro, il Brindisi si affloscia, si ritira, s'impaurisce. Smettendo praticamente (e inspiegabilmente) di giocare. Probabilmente, non regge atleticamente. Oppure, lo stress accumulato negli ultimi giorni si fa sentire (si parla di un nuovo sciopero rientrato poco prima del match e tenuto segreto: notizia, ovviamente, tutta da verificare). Di certo, però, Laboragine e soci disperdono l'occasione per ritagliarsi una fetta sostanziosa di salvezza. Il pareggio, intanto, serve limitatamente anche al Taranto, ancora una volta incapace di allungare e di puntare decisamente al sesto posto. Lo score, così, probabilmente non accontenta nessuno. Consegnando all'archivio un altro match incompiuto, un'altra tappa di transizione verso gli obiettivi sfuocati di ciascuno. E un'altra polaroid che riassume questo campionato affaticato, che vuole eclissarsi in fretta: senza provocare altri danni, possibilmente.   

mercoledì 27 marzo 2013

Il Nardò adesso trema

Pareggiare, in casa e di fronte al Trani - questo Trani: povero, offeso, già virtualmente retrocesso e anche formalmente abbandonato da chi sarebbe dovuto diventare il nuovo patron del club, Pecorelli, demotivato ancora prima di cominciare - non è oggettivamente un gran risultato. Tutt'altro, anzi. Soprattutto se i punti, ad un certo punto, cominciano a pesare di più. Il Nardò, lo attesta ufficialmente pure l'ultima prestazione, attraversa uno stato di crisi ormai grave: non solo di risultati, ma pure di espressione. Ed appare chiaramente in flessione: tecnica e psicologica. Da un po': più o meno da quando, cioè, l'ex coach Luca Renna (con tempistica e senso dell'intuito, va riconosciuto) ha deciso di lasciare la panchina malgrado la posizione di metà classifica praticamente consolidata. Ma, forse, perchè ormai convinto della corrosione di alcuni equilibri all'interno dell'ambiente e, di conseguenza, di quel progetto portato avanti sin lì onorevolmente. Già: da un mese è cambiato parecchio: e il Toro ha collezionato diverse delusioni e pochissimi punti, avvicinandosi velocemente alla soglia del pericolo. Perdendo, ovviamente, il sostegno del buon umore e la fiducia popolare. Il nuovo trainer Sgobba, dunque, sembra intrappolato in una ragnatela di problemi molto più taglienti di quello che avrebbe potuto prevedere: e non è difficile pensare che possa essersi già pentito della scelta di tornare nel Salento. Anche perchè la recessione, a marzo inoltrato, è faticosamente gestibile: lo sappiamo bene (a proposito: la situazione societaria influisce, ma probabilmente non spiega tutto). E così, alla fine, il momento storico finisce per addossare nuove responsabilità sulle pedine più esperti dell'organico (pensianmo a Taurino, Vetrugno, Antico, Di Piedi), chiamati a trascinare sino in fondo una squadra confusa. E che domani (la giornata viene anticipata a metà settimana) viaggia per Santa Maria Capua Vetere: custodendo segretamente la speranza di incontrare un Gladiator mentalmente scalfito dalla recentissima perdita dell'imbattibilità.

martedì 26 marzo 2013

Martina, il momento della depressione

Alla fine, al Martina manca un penalty: quell'intervento di Esposito, in piena area del Campobasso, è ben più che sospetto. Ma, al di là del singolo episodio, la formazione di Bitetto costruisce abbastanza poco per potersi lamentare compiutamente di un altro match incompiuto e di un pareggio che non accontenta e non assolve. Zero a zero, poche soluzioni e nessun bagliore: dopo, i fischi della gente che tifa rendono l'idea della delusione che si è ormai impossessata dell'ambiente e della qualità del rapporto che intercorre oggi tra i sostenitori più fedeli e la squadra. Che, neppure questa volta, sa divincolarsi dagli artigli di quell'ormai datato processo di involuzione mai seriamente frenato. Il Martina non è più quello della prima parte del campionato: è stato già detto e va ribadito. Con più forza, ora. Occorre farsene una ragione, una volta per tutte. E accantonare il desiderio di playoff: lontani, adesso, cinque punti. Teoricamente (aritmeticamente) ancora possibili, ma ragionevolmente fuori portata. Se non altro, perché Gambuzza e compagni, di questi tempi, sembrano assolutamente distanti, dal punto di vista emozionale, dalla lotta nobile per uno dei primi sei posti. Obiettivo di quelle realtà che possono spendere (mentalmente, soprattutto) e che possiedono ancora argomenti convincenti (freschezza, brillantezza, energie nervose e strategie): ma non più del Martina, apparentemente svuotato e decisamente incupito da un inverno nebuloso e incerto. Anzi: è il caso, invece, di guardare attentamente a quanto succede dietro. Se il collettivo affidato a lavori in corso a Bitetto accusa stanchezza e soffre un interminabile calo di tensione, il Melfi sorprende (recentemente occupava la terz'ultima piazza, attualmente viaggia a metà classifica), lo stesso Campobasso galoppa e concorrenti come l'Hinterreggio e il Foligno realizzano con continuità. Di più: la soglia di sicurezza è scesa a soli quattro punti e, se la prossima prestazione (a Gavorrano) dovesse deludere, la classifica diventerebbe ufficialmente compromessa. Il tecnico, gliene va dato atto, si è peraltro già espresso chiaramente, nella settimana che ha preceduto l'ultimo match: sarebbe opportuno concentrarsi per evitare i playout, piuttosto che rincorrere progetti irrealizzabili. Annusando, evidentemente, il pericolo. Cioè, decodificando alcuni input che arrivano direttamente dallo spogliatoio. Uno spogliatoio che, probabilmente, non è neppure psicologicamente preparato ad un rush finale farcito di ansia e sacrifici.    

lunedì 25 marzo 2013

La domenica del Monopoli

Parlano tutti del Monopoli, ormai. Perché la formazione affidata alle cure di De Luca arresta, per la prima volta della stagione, il procedere costante del Gladiator: unico collettivo, sin qui, impermeabile a qualsiasi sofferenza, dalla serie A alla quinta serie. E, probabilmente, anche oltre. E non è un Monopoli, questo, assistito dalle circostanze, peraltro. Il coach, però, si districa tra qualche assenza di troppo e riesce a presentare una squadra motivata, diligente, viva. Ancorchè ferita da quella brutta caduta di Pomigliano, maturata sette giorni prima: che brucia ancora, malgrado le cattive premesse (troppi infortunati e squalificati, scacchiere reinventato nell'urgenza, malanni diffusi affiorati nel corso della gara). Lanzillotta e compagni, anzi, cominciano molto meglio del temuto e spigoloso avversario, costruendosi la gara ideale: passando, cioè, abbastanza presto a disporre del match e raccogliendo la rete del vantaggio (si rivede, nel tabellino dei marcatori, De Tommaso: buona notizia). Il Monopoli, poi, legittima addirittura il parziale, insistendo. Mentre i casertani, che - domenica dopo domenica - pagano corposamente la paura di perdere l'imbattibilità, impiegano almeno mezz'ora per scrollarsi da dosso un po' di pigrizia e per lievitare e graffiare. Ed è bello constatare, più tardi, che la gente di De Luca non riesce proprio a rassegnarsi al pareggio, pescato dai sammaritani proprio ai titoli di coda della prima frazione di gioco. Ancora De Tommaso (diciotto centri, tra campionato e Coppa) e, infine, Montaldi chiudono la pratica, confermando una verità: quando, cioè, il Monopoli è chiamato agli appuntamenti importanti, difficilmente fallisce. Del resto, se questa squadra ha piegato le due realtà più forti e celebrate del girone, cioè l'Ischia (all'andata) e - appunto - il Gladiator, un motivo c'è. Ed è quanto basta per ripartire proprio da qui, quando occorrerà sedersi attorno ad un tavolo e discutere del futuro prossimo.   

sabato 23 marzo 2013

Brindisi, non tutto è chiaro

Quasi sempre, è provocazione. Oppure, soltanto istinto da disperazione. Una minaccia: di quelle che sperano di sensibilizzare l'ambiente, che provano ad affrettare i tempi  della risoluzione del problema. Di uno sciopero o, più semplicemente, di una legittima ritorsione della squadra che si rifiuta di scendere in campo si parla sempre più spesso: e non solo tra i dilettanti. Che dilettanti, invece, non sono mai. Difficilmente, però, le rivendicazioni avvelenano la domenica: perché, alla fine, un compromesso si trova. E che, generalmente, non accontenta gli insorti. Il Brindisi, però, lo sciopero l'ha ipotizzato davvero. Rischiando davvero di non presentarsi contro il Foggia, domani: per un derby antico e assolutamente inusuale, in quinta serie. Fino a doversi addossare le conseguenze del caso: match perso, senza neppure averlo giocato, e penalizzazione in classifica. Persino ininfluente, se la buona volontà di chi continua a credere ad un salvataggio del club e anche dell'amministrazione comunale non avesse lavorato per ricucire lo strappo (o per annientare il malinteso) che aveva seriamente complicato il passaggio di consegne delle quote azionarie a Ninì Flora. Che, peraltro, ancora non si è ufficialmente caricato della responsabilità di gestione della società. Anche giustamente: perché la ricerca di un vecchio socio, tuttora proprietario di una fetta di potere, sembra essersi concretizzata soltanto al fotofinish: proprio quando le vertenze economiche di alcuni tesserati di vecchie gestioni sembravano aver condannato il Brindisi a soffocare sotto il peso di una decurtazione corposa di punti: quella sì, sufficiente a trascinare la formazione di Totò Ciullo verso i playout. Tra misteri, sensazioni, timori e incertezze, ovviamente, la questione non è totalmente risolta: ma, intanto, si gioca. Ma l'evoluzione faticosa del trasferimento delle quote racconta brutalmente come la trattativa abbia incontrato molti più ostacoli di quanto i più ottimisti si siano affrettati a far credere. Temiamo, anzi, che presso possa emergere qualcos'altro: del resto, se Flora non compie il passo decisivo, rimviato troppe volte, una motivazione esisterà pure. Forse, è arrivato il momento di spiegare alla città che sta accadendo: chiaramente.  

domenica 17 marzo 2013

Bari, stop all'impasse

Certe volte, duecentosettanta minuti deformano la prospettiva, influenzando l'angolazione della critica. Anche se, sostanzialmente, la classifica non si trasforma. Tre partite, le ultime: e il Bari risorge nelle dichiarazioni di gradimento della sua gente. A Vicenza il successo (facile, avrà suggerito qualcuno: i veneti, in casa, perdono ininterrottamente da cinque turni) trancia l'impasse malefico e certifica la volontà di ribellarsi al destino, coincidendo con la lievitazione di un attaccante ritenuto sin qui sufficientemente acerbo come Tallo, coloured scuola Roma. L'altra affermazione, sette giorni dopo, sulla Juve Stabia legittima nuove speranze, spiegando che la squadra di Torrente sembra aver riacquisito i principi di affiatamento, unità e mutuo soccorso. Anche se pedine importanti come Bellomo faticano a ritrovare il passo e l'efficacia di un tempo. Infine, il pari di Brescia, proprio ieri, ci consegna una formazione rinfrancata, decisamente più brillante (non come quella di avvio stagione, ma sicuramente più affidabile e più viva di quella annotata nel girone di ritorno), persino più intraprendente e coraggiosa. Che passa in vantaggio con onore (altra nota positiva: torna alla marcatura Ghezzal, negli ultimi tempi particolarmente censurato in sede di commento), prima di essere raggiunta da Corvia. Lasciando, magari, qualcosa sul campo (Caputo potrebbe affondare, non lo fa). Comunque, ora il Bari appare sveglio, reattivo, meglio motivato. In piena battaglia, cioè. Con il suo quint'ultimo posto da difendere dagli attacchi della Reggina e del Vicenza, prima delle altre, e da migliorare assolutamente (davanti staziona immediatamente lo Spezia). E con quella nuova atmosfera che frequenta lo spogliatoio, assai depresso per buona parte dell'inverno. Rivitalizzato, ecco: forse, anche da quelle valutazioni feroci e dalle tante analisi impietose di tifoseria e opinione pubblica. Dalle quali, evidentemente, ha saputo farsi pungolare.

giovedì 14 marzo 2013

Nardò, spuntano nuovi problemi

Appena archiviato il match di Monopoli, due domeniche fa, cambia qualcosa. Innanzi tutto, l'allenatore. Luca Renna, condottiero del Nardò, lascia nel corso della settimana. Non sulla spinta di motivazioni squisitamente tecniche o tattiche, pare: ma, indiscrezione tutta da soppesare, per non aver ottenuto dal club l'esautoramento di qualche pedina dell'organico. Tutto abbastanza inatteso: se non altro perchè gli obiettivi, sin qui, sembrano (anzi, sono) fedelmente rispettati dalla squadra. Nel Salento, così, qualche tempo dopo torna un vecchio amico come Vito Sgobba: e il coach di Castellana impatta la prima, sull'erba di casa. Zero a zero di transizione con il Francavilla, match non entusiasmante e aggiornamento facile del dato: mancano dieci lunghezze alla salvezza. Considerato che quella dei quarantatre punti è la soglia ragionevolmente sicura, per guadagnarsi la permanenza. Detto per inciso, la cronaca racconta che il Toro non osa, accontentandosi di quello che riesce a recuperare dal confronto con una concorrente diretta. E che, consumati i novanta minuti, la tifoseria manifesta apertamente il proprio dissenso. Aprendo una crepa nel rapporto con un organico che, al di là dei luoghi comuni, necessita di un sostegno continuo, imprescindibile per chi - settimana dopo settimana - deve affrontare problematiche societarie decisamente serie. Sgobba, peraltro, non la prende bene neanche un po' e non perde tempo a pubblicizzare il proprio disappunto. Con parole schiette, nette. Ufficializzando, in questa maniera, uno stato di crisi che, siamo onesti, ci sorprende un po'. Malgrado tutto. Non vorremmo che, all'improvviso, la situazione cominci a sfuggire: al club, a chi scende in campo, allo stesso trainer e alla gente che frequenta gli spalti. A pochi chilometri dal traguardo, peraltro. Un traguardo che, per inciso, è tuttora fortemente perseguibile: pur tra le difficoltà del caso. La fine del campionato, a proposito, dista otto partite, ovvero due mesi. E il limite di sicurezza dalla sest'ultima piazza, adesso ridotto a tre punti, è un tesoro da difendere con tatto e mestiere. Ma a Nardò, probabilmente, hanno scelto il momento peggiore per inventarsi nuovi ostacoli, assolutamente superflui. 

mercoledì 13 marzo 2013

Il Martina e i sospetti di chi tifa

Martina e l'Aquila incrociano i tacchetti, promettendo. Se non la battaglia, almeno una prestazione di colore, intensa. Perchè i playoff non sono, per gli abruzzesi, un diritto acquisito: malgrado i nomi di pregio di un organico, quello affidato a Ianni, considerato il più virtuoso, dal punto di vista tecnico. Escludendo la Salernitana, ovviamente. E perchè gli spareggi di fine stagione restano ancora (e saldamente) dentro i limiti dell'orizzonte della formazione di Bitetto: ultimamente convincente più lontano da casa, che sull'erba del Tursi. Dove, per la cronaca, Gambuzza e compagni non vincono dalla metà di novembre. Ma anche perchè l'Aquila non è collettivo orientato a chiudersi troppo: un particolare che, teoricamente, dovrebbe aiutare il Martina, formazione abituata a far viaggiare il pallone. Sul campo, però, le promesse vengono tutte disattese. Dall'inizio alla fine, o quasi. Il match si accende appena a sette, otto minuti dalla fine delle ostilità (si fa per dire): durante ii quali affiora finalmente qualche spunto da annotare e, soprattutto, un palo (timbrato da xxxx). Per intenderci, sembra un confronto molle, scarico, lento e svuotato di contenuti: una sfida di fine torneo, tra due squadre che nulla possono più pretendere. Sì, proprio così. Nessuno vuole rischiare, ecco. E gli jonici, che dovrebbero appaltare la partita, tengono palla senza impeto, senza accelerare. E senza stringere. L'Aquila, ovviamente, apprezza: guadagnando un punto. Quello stesso punto che, per l'avversario, sa di poco. Lo capisce pure la gente, sulle tribune. E qualcuno si lascia persino sfuggire un dubbio, un sospetto, un'illazione: il Martina non è interessato ai playoff. E non li cerca. Perchè la terza serie, oggi come oggi, diventerebbe un rischio per la stabilità del club. La solita favola metropolitana, certo. Che spunta puntuale, quando certi risultati non si concretizzano. O, come pensa qualcuno, un'esigenza inconfessabile, perchè impopolare. Di sicuro, però, certi dettagli indispettiscono un po'. Oscurando l'apprezzabile lavoro, in questa stagione e in quelle precedenti, della società. Che, forse, deve lasciarsi perdonare qualche peccato di gestione (delle situazioni e degli uomini), ma non quello di ambizione.

martedì 12 marzo 2013

Brindisi, tornano i punti. E arriva Flora

Il Trani è ostacolo sostenibile. E il Brindisi lo salta, agevolmente. Con due gol e una prestazione niente affatto supponente: mettendoci, cioè, applicazione e pure geometrie. E riconquistando, dunque, il passo interrotto prima a Monopoli, poi a domicilio contro i lucani del Francavilla (gol subito da contestare e, infatti, ampiamente contestato) e, infine, ad Ischia, in casa della capolista (partita ammirevole per personalità e lucidità, condita dal vantaggio iniziale). La quota salvezza, in sintesi, si riavvicina sensibilmente. Lasciando ipotizzare un futuro prossimo meno agitato. Onore, perciò, ad una squadra che, malgrado lo stato di crisi attraversato negli ultimi mesi dalla società, si è sostenuta (e continua a sostenersi) con orgoglio, senso di appartenza e professionalità. Senza aver ricevuto, in cambio, alcun beneficio economico: è bene sottolinearlo. E finendo, però, per essere premiata da quella trattativa antica, ormai sul punto di essere ratificata legalmente. Giovedì, il prossimo giovedì, Antonio Flora rileverà ufficialmente la quota di maggioranza del club, esautorando il segmento di gestione affidato a pochi appassionati brindisini e offrendo continuità a quel progetto trainato prima da una cordata di imprenditori e, infine, da Roberto Galluzzi. Nel mare, ci mancherebbe, di infinite querelle e di feroci polemiche. L'imprenditore barese approda così sull'Adriatico con qualche mese (o, pensandoci bene, con più di un anno) di ritardo: riappacificandosi con quel pallone che, comunque, non ha mai rinunciato ad attirarlo. E che l'aveva accostato, nel recente passato, anche ad altre piazze, come quella di Taranto. Dopo avergli fatto conoscere onori (Barletta, Trani) e fastidi (Fasano). Flora ci metterà tempo, passione e un po' di contante (vanno onorati stipendi e tappate diverse falle): in cambio di complicità (presto, la città dovrà sostenerlo, concretamente) e della certezza di poter disporre della piena autonomia. Un dettaglio, questo, su cui l'ambiente brindisino ha volutamente sorvolato, considerate le urgenze: ma che, prima o poi, potrebbe pure rivestire un certo peso, nel ménage quotidiano (non prevediamo il domani: ci basta attingere dalla cronaca e rileggere i fatti di ieri e dell'altroieri). Intanto, però, il nuovo fallimento del Brindisi è scongiurato: ed è quello che, oggi, conta di più. Nonostante lo stesso Flora abbia già intuito che, da giovedì in poi, dovrà misurarsi con un avversario scomodo e non dichiarato: la diffidenza della gente che tifa, scottata da troppe storie sconvenienti.

lunedì 11 marzo 2013

Monopoli, la rabbia dopo la sconfitta

La partita naufraga nel chiasso delle parole dure e nell'amara stizza del Monopoli, fortemente convinto di essere stato penalizzato. Ma l'appuntamento più atteso del girone appulocampano di quinta serie, in realtà, si esaurisce una decina di minuti prima del tempo. Esattamente quando la formazione di De Luca, ormai svilita da due espulsioni (la prima, quella di Strambelli, dai contorni caotici ed oscuri; la seconda, quella di Allegrini, chiaramente esagerata) deve inchinarsi davanti ad un avversario temuto e, soprattutto, appena tornato in vantaggio. Eppure, Lanzillotta e compagni si piegano nel loro momento migliore: quando gli isolani, ormai sotto ritmo, sembrano definitivamente inquadrati e, probabilmente, anche domati. E quando, soprattutto, il risultato appare decisamente in bilico. La capolista parte decisa, come da copione: aggredisce, tiene palla e fa la partita. Spinge e pressa, obbligando il Monopoli a schiacciarsi e a perseguire ripartenze imperfette. Il gol del vantaggio campano ci sta tutto. E la linea mediana biancoverde appare in soggezione, cioè in evidente difficoltà. Prima della mezz'ora, tuttavia, cambia qualcosa. L'Ischia perde aderenza alla gara e sicurezza nelle retrovie, allungandosi un po' e rallentando. Montaldi coglie il palo, ma - innanzi tutto - la rivisitazione tattica operata da De Luca (Strambelli, schierato dall'inizio in qualità di prima punta, recupera la posizione a lui più congeniale, quella di esterno a destra) offre allo scacchiere maggiore incisività. Adesso, il Monopoli è anche più equilibrato e il pareggio (dagli undici metri trasforma Strambelli) non stona affatto. Anzi, la squadra sembra possedere ampi margini di lievitazione. Che, all'improvviso, vengono però annullati da un'ingenuità difensiva e, immediatamente dopo, da due cartellini rossi. Fine della storia. E, chissà, anche del campionato: l'Ischia sente vicina la promozione, mentre il Monopoli rinuncia virtualmente ad insidiare la seconda piazza. Non prima, ovviamente, di aver costretto se stesso a voltarsi indietro, verso quella prima parte di match, lasciata - forse - troppo generosamente all'avversario.

domenica 10 marzo 2013

Taranto, mentalità cercasi

Le impressioni (quelle recenti, quelle nostre) non erano poi così vaghe. Il Taranto resta una squadra incompleta. Inespressa, sotto diverse angolazioni. L'anticipo di Secondigliano, la casa del Campania, rafforza la tesi. Quella di un gruppo lievitato sulla spinta della campagna di mercato suplettiva, ma non ancora caratterialmente formato. Verissimo: le gente di Pettinicchio, anche dall'ultima trasferta campana, su un campo oggettivamente ostico per chiunque, guadagna un altro punto e, di conseguenza, colleziona il settimo risultato utile consecutivo. Che permette di mantenere, se non altro, il ritmo. Però la partita, per come si sviluppa e come si modella, condanna la prestazione. Passa per due volte in vantaggio, il Taranto: prima con un gesto acrobatico abbastanza raro firmato da El Ouazni, che - oltre tutto - è l'ex (fresco) di giornata, e poi con lo stesso italomarocchino, proprio in apertura di ripresa. Quando, appunto, Vicedomini e compagni sembrano poter e dover ipotecare la vittoria: con uno scacchiere alto e con l'autorevolezza necessaria. Portando palla e gestendo con fermezza il vantaggio. Anzi, alla mezz'ora l'avversario si ritrova persino in inferiorità numerica (cartellino rosso per Cavallini). Ma, sùbito dopo, il Campania trova il nuovo (e definitivo) sigillo del pari. Espressione, evidentemente, di un atteggiamento più remissivo. Le linee si abbassano e anche il mutamento di modulo (la difesa recupera un puntello, passando a cinque) non aiuta. Il messaggio che arriva dalla panchina al campo, cioè, è traditore. Non basta, dunque, provare a fare calcio e imporsi per quasi un'ora. Invertire la tendenza (i playout sono oggettivamente scongiurati e la società medita persino di concorrere per i playoff: è già pronto un premio finale per la truppa) significa invece dotarsi di altre caratteristiche, di altri requisiti. Quelli che accompagnano il collettivo, per esempio, a vincere una partita già addomesticata. Il Taranto non è ancora padrone di se stesso, per tutti i novanta minuti. E non possiede ancora l'istinto della squadra risoluta. Questo è il punto. E il cammino verso il concetto di mentalità vincente non si è affatto concluso.    

giovedì 7 marzo 2013

Barletta, ultimo tentativo

L'ansia di rinnovamento avvolge e travolge il Barletta. Ancora. Ma, forse, è davvero tutto sin troppo ovvio. Perché certi segnali di risveglio si sono interrotti da un po', ormai. E i risultati hanno ritrovato il grigiore e l'insipienza dei tempi peggiori. Riassumendo tutta la propria drammaticità. La classifica non si muove più, la lievitazione si è arrestata brutalmente. E l'odore di retrocessione si fa acre. Dietro, insegue sempre e solo la Carrarese. E il Sorrento precede gli adriatici di due punti, mentre il resto della compagnia è decisamente lontano: cioè, un mese dopo, è praticamente tutto come prima. Solo che, nel frattempo, il calendario si è accorciato. Per questo, via anche (di nuovo) Novelli, il tecnico che aveva cominciato la stagione per essere surrogato da Stringara e che, dallo stesso Stringara, aveva ereditato nuovamente la panchina. L'esonero tallona l'ultima sconfitta, quella di domenica, sull'erba amica, di fronte al Gubbio che rifiata. E un'altra prestazione lacunosa, espressione diretta di un atteggiamento remissivo sin dall'avvio del match e, probabilmente, pure di una postura tattica abbastanza timida (una sola punta, Barbuti: Lamantia viene schierato solo nella ripresa). Il Barletta, al quarto stop consecutivo (e, dunque, affidato ora a Nevio Orlandi) non entra mai nel vivo del gioco e il forcing degli ultimi minuti è insufficiente per confidare in almeno un punto. Ritrovandosi con un carico suppletivo di amarezza, di depressione e di paure. Che l'organico, seppur parzialmente riveduto a gennaio, non sembra in grado di stoppare: al di là della perizia e del lavoro di chi, sin qui, si è occupato della gestione tecnica. Anche per questo, allora, diventa scontato chiedersi quanto possa rivelarsi utile l'ennesima ed estrema misura societaria: che sa di ultimo tentativo, ovvero di disperazione.

mercoledì 6 marzo 2013

Lecce, qualità senza quantità

Il campionato sembra aver deciso: la battaglia per la serie B in prima battuta, nel girone settentrionale di terza serie, è faccenda privata tra Trapani e Lecce. Anche se prima sono i salentini a condurre saldamente la classifica: per settimane intere. Ma, più tardi, i siciliani recuperano il largo gap e, infine, sorpassano. Quindi, è ancora la formazione affidata nel frattempo a Toma a dettare la propria legge: con la forza di una tranquillità parzialmente recuperata e con il marchio della sua qualità. Ma il momento della sfida incrociata arriva in un lunedì di marzo, il primo: che coincide con un posticipo televisivo prestigioiso. Ed è proprio adesso che il confronto diretto serve a capire. Ad esempio, che il Lecce è forza senza sostanza duratura. E che il Trapani è collettivo collaudato, adatto alla categoria. Si gioca nel Salento, ma gli ospiti sono più tosti, più duri, più maliziosi. E temprati alla sofferenza: tanto da rimediare allo svantaggio (maturato assai presto) e, dunque, imporsi: in fondo ad una partita che Giacomazzi e compagni vedono scivolare lentamente. La seconda frazione di gioco, anzi, sentenzia: la squadra di Toma si sfilaccia, si sfalda. Nella rincorsa, cioè, si perde. Denunciando, una volta di più, limiti di personalità: a dispetto dei cognomi importanti, che scendono da categorie più pregiate. E difetti caratteriali. Che lo spessore tecnico, evidentemente, non riescono a limare o limitare. Il concetto più semplice, più fondato e più illuminante, intanto, arriva dalle parole del tecnico avversario, immediatamente dopo la fine della partita: la serie C, assicura Boscaglia, cerca qualità, ma pretende anche quantità. Facile. IL Lecce rifletta.

martedì 5 marzo 2013

Questione playoff, un peccato di ottimismo

Riallacciamoci al discorso lasciato pochi giorni fa. E, nel frattempo, prendiamo atto delle dimissioni formalizzate da Nicola Ragno, ormai ex responsabile tecnico del Bisceglie: e che, vale ripeterlo, seguono immediatamente il disimpegno comunicato dal patron stellato Canonico. Contestualmente, poi, registriamo pure che la squadra non si sfilaccia: sarebbe a dire che i principali protagonisti di un cammino prima interessante e, ultimamente, deludente rimangono tutti dove sono. Almeno per il momento. Malgrado si vociferi di un paio di mensilità non corrisposte. Anzi, il collettivo adesso affidato a Vincenzo Tavarilli (soluzione interna) ottiene il pari a Battipaglia (due a due) dopo essere passato in vantaggio e aver persino raddoppiato. Segnali positivi, in ottica playoff: che sono, peraltro, l'obiettivo che il Bisceglie continua a perseguire. Con ottime possibilità di centrarlo. Anche perchè il Foggia, sesta forza del torneo di serie D, si conferma ancora una volta quello che è, cioè una formazione che gioca spesso discretamente bene e altrettanto spesso discretamente male (come domenica, allo Zaccheria, di fronte al non irresistibile Sant'Antonio Abate). E, dunque, profondamente inaffidabile: in quanto discontinua per definizione. E, dice con convinzione la critica dauna, probabilmente anche sopravvalutata (troppe pedine di spessore steccano ripetutamente, abbassando le quotazioni del gruppo). Sembra di capire che, nonostante le difficoltà, il Bisceglie non possa nutrire troppi dubbi sulla propria partecipazione alla lotteria finale: concorrenza non ce n'è, al di là di tutto. E tanto basta. Neanche il Taranto, che sta risalendo rapidamente la classifica, sta convincendo troppo, del resto: sotto il profilo del gioco prodotto, per essere precisi. E' vero, la gente di Pettinicchio è in solida serie positiva e arriva da una nuova affermazione (sul Potenza, allo Iacovone: ma prendere due gol in casa dall'avversario più debole dell'intero campionato non è una notizia particolarmente esaltante). Eppure, l'antico vizio di non confermarsi per due settimane di fila è tuttora una delle preoccupazioni principali del coach e della tifoseria jonica, per nulla soddisfatta dell'ultima interpretazione di Cordua e compagni. Mettiamola così, allora: avevamo provato a ipotizzare la riapertura dei giochi, a ridestare interesse e suspence su un campionato un po' imbalsamato, preconfezionato, ormai abbastanza scontato. Peccando di ottimismo. Ben ci sta.

lunedì 4 marzo 2013

Il Nardò cade all'ultimo metro

Un passo alla volta. Per garantirsi continuità e costanti aggiornamenti di classifica. Nonostante quello che accade attorno alla squadra (società in cronica difficoltà, mancata corresponsione di rimborsi e stipendi, sciopero scongiurato, vertenze economiche sventate in extremis). Il Nardò, punto dopo punto e gara dopo gara, galleggia sempre lontano dalla zona più calda e annusa discreto la permanenza in quinta serie. Anche se, ultimamente, difettano il buon umore e pure lo slancio dei giorni migliori. Persino a Monopoli sembra poter imbrigliare l'avversario, devitalizzarlo, bloccarlo. Impresa riuscita, al Veneziani, soltanto al Bisceglie: poi, sull'Adriatico, è andata male a chiunque, dall'inizio della stagione sin qui. La gente di Renna si copre e si blinda, come spesso fa: con cinque pedine in terza linea e con anche dieci uomini al di qua della linea della palla. Davanti, a lavorare per sè e per gli altri, rimane solo lo stoico Di Piedi, che accorcia, si sacrifica e pressa. Stringe e sbuffa, il Nardò. Respinge e si oppone, interpretando il suo copione. Sempre, però, con dignità e consapevolezza: del proprio ruolo, del proprio obiettivo e delle proprie caratteristiche. Sprangando la strada ad una formazione, quella di De Luca, che questa volta si lascia un po' irretire e che sembra perdersi alla distanza. E' vero, il Monopoli passa, dopo venti minuti di gioco. Ma Lanzillotta e soci non appaiono tonici come sette giorni prima, a Bisceglie. E, così, Febbraro coglie l'attimo per impattare, un quarto d'ora dopo. Il Nardò non si affaccerà più nell'area avversa, preoccupandosi di gestire quel match che proprio i padroni di casa, poco prima, non hanno saputo governare. Tornando, cioè, ad operare con gli stessi argomenti: che restano insindacabili sino al novantesimo e anche oltre. Solo a recupero abbondantemente cominciato, infatti, Montaldi (un ex) s'inventa un guizzo e il Monopoli scardina il dispositivo salentino, ribellandosi ad una gara un po' ingessata. Il cammino di Vetrugno e compagni si interrompe sulla spinta dell'ultimo assalto, il più disperato. Il colpo grosso non riesce, per pochi istanti. Ma, ancora una volta, l'impressione è che il Nardò, malgrado i soli quattro punti che la dividono dalla sest'ultima, abbia scorza, postura e solidità: tutte condizioni utili per tagliare il traguardo stabilito.

venerdì 1 marzo 2013

Trani, cambio di guardia al vertice

Dietro l'angolo, uno spiraglio. C'è un nuovo presidente, a Trani. Spunta all'improvviso, dal nulla in cui si è imbucata la Fortis. Si chiama Andrea Pecorelli e si è già confrontato con il pallone in altre piazze, pure prestigiose, come quelle di Caserta, Messina, Latina, Viterbo e Sora. Lasciando capire di essersi affrancato il titolo di manager di professione. Si è accollato il problema: quello di rilevare una società senza classifica, senza speranze spendibili di permanenza in quinta serie e, quel che è peggio, senza un futuro nitido. Patron Abruzzese si è fatto da parte: consapevole di aver esaurito le energie, l'entusiasmo e il mandato. Dopo aver chiesto chiaramente di essere sollevato da incombenze e mortificazioni. E' un ottimista, Pecorelli: appena sceso sull'Adriatico, ha chiesto alla gente di avvicinarsi alla squadra, di sostenerla, di accorrere allo stadio. Malgrado la gioventù inesperta assemblata dall'ennesimo tecnico della stagione, Aquino. Nonostante la depressione da ultimo posto e il solco larghissimo che separa la squadra dalla terz'ultima della classe e, quindi, dai playout: un obiettivo ancora teoricamente possibile. Ma soltanto teoricamente. Un ottimista che, appena arrivato, ha parlato al cuore della gente e anche al portafogli: i prezzi dei tagliandi d'ingresso sono stati ribassati, opportunamente. Un ottimista che non si ferma neppure davanti alla realtà: come quella dei centomila euro di buco economico (parole sue) ereditati assieme al titolo sportivo. E che, ancora parole sue, non aspettava di trovarsi davanti, minacciosi. Il disegno è chiaro ed encomiabile: restituire dignità al blasone, motivazioni all'ambiente. Nessuno, intimamente, crede davvero di poter agganciare la salvezza sul campo: e questo è palese. Ma ricreare attorno alla Fortis le condizioni per poter ripartire appena possibile è un passo importante. Doveroso. Ovviamente, l'ottimismo - da solo - non sarà sufficiente. Serviranno, piuttosto, i contanti. E i fatti. Che nel passato calcistico di Pecorelli si sono spesso annacquati nella durezza della quotidianità e in certe idee ardite e finanche eccentriche, ma poco credibili: i motori di ricerca della rete possono raccontare qualcosa. Basta cercare. Ma il Trani, oggi, necessita di certezze, di programmazione. Cioè di un nuovo ciclo produttivo. Non di nomi e soluzioni ad effetto. Perché, di solito, i nomi vanno e vengono. Mentre i fallimenti rimangono: nella memoria di una comunità calcistica e nella storia di una città.