martedì 28 maggio 2013

I giorni caldi del Taranto

Mai fidarsi delle apparenze. La realtà, tante volte, è un'altra cosa. Pettinicchio, a Taranto, è un tecnico ormai amato: lo dicono in molti. Ma non tutti quelli che contano e che decidono, probabilmente, convergono su quel nome da risistemare in panchina. La conferma sembrava sottintesa, scontata. Anche dal club bimare, che comunicava puntualmente la propria soddisfazione sul lavoro svolto dal coach della città vecchia nella seconda parte del campionato appena archiviato. Ma la società, sull'impulso di un assestamento fisiologico, ora accoglie energie e pensieri nuovi che ne ridisegnano i contorni. E anche chi c'era prima, forse, non era così convinto della bontà di certi risultati. il delusissimo Pettinicchio, magari, si è sentito blindato troppo presto. Tanto da ricominciare a lavorare in prospettiva, al fianco di Domenico Pellegrini, direttore generale con funzioni di direttore sportivo. Ma, come spesso accade, l'uomo più inattaccabile è diventato il più vulnerabile. Del resto, qualcosa non andava come doveva, negli ultimi tempi: avevamo decodificato facilmente, tutti. Sulla strada che porta alla conduzione del prossimo Taranto si erano frapposti altri nomi. E uno su chiunque: quello di Enzo Maiuri, milanese alloggiato sullo Jonio da tanti anni che sta attualmente traghettando la Casertana attraverso i mari misteriosi dei playoff nazionali di quinta serie. E, infatti, è proprio Maiuri il candidato numero uno al ruolo di caudillo della squadra che sarà.  Al suo fianco, si dice, si sistemerà Alessandro Desolda, operatore di mercato che, con Maiuri, ha già lavorato a Brindisi. Soluzione, questa, sgradita a Pellegrini, ovviamente: e che ne potrebbe facilitare il disimpegno. Sono giorni abbastanza caldi, ecco. E confusi. L'ultimo consiglio di amministrazione, intanto, non entra nei dettagli tecnici, limitandosi a sviscerare problematiche puramente economiche. E il motivo, riassumono i meno ottimisti, è la consapevolezza di non disporre di grande liquidità. In sintesi, occorre ripianare la stagione ancora in corso (con centocinquantamila euro, pare) e, dunque, pensare al domani: ma con un budget limitato. Settecentomila euro garantirebbero un torneo, il prossimo, importante. Ma non vincente. Certo, non è detto che, chi spende di più, ha sempre ragione: ma le possibilità, evidentemente, si allargano. E non è affatto improbabile che altre concorrenti riescano a reperire fondi più sostanziosi. In questo caso, allora, la piazza - che in D si sente stretta e avvilita - comprenderebbe il programma societario? Lo avvallerebbe? E, soprattutto, lo avvallerebbe Maiuri, che a Taranto ci vive e che, sui due Mari, non potrebbe neppure pensare di fallire?

lunedì 27 maggio 2013

Nardò, salvezza e prospettive

Non esiste urgenza di vincere. Dopo il pari maturato nel match di andata (zero a zero in campo avverso), al Nardò è sufficiente lo stesso risultato, di fronte alla propria gente. La sfida playout con il Sant'Anonio Abate, atto secondo, è sostanza anteposta alla forma, ma pure sana gestione della palla e delle situazioni che gli uomini di Sgobba praticano sin dagli albori della gara. Certo, pur ragionando abbastanza (la manovra è complessivamente convincente), il trecinquedue approntato dal coach di Castellana non morde troppo, ma sa garantirsi pochi pericoli in fase di non possesso. E, comuqnue, il destino sembra ampiamente ingabbiato tra i piedi di Vetrugno e soci, più continui e più autoritari. Il tempo, intanto, passa. E, anche se l'intensità si stempera un po', il Nardò continua a tenere il risultato anche nella ripresa, quando i campani avanzano leggermente il proprio campo d'azione. Vero è pure che, talvolta, dietro si soffre un po', sotto il peso della disordinata pressione abatese. E che la partita, in certi frangenti, si arruffa, mentre la tensione galleggia. Ma è proprio il Toro che potrebbe chiudere il conto con largo anticipo (Corvino fallisce davanti a porta e portiere). Ed è, sùbito dopo, il Sant'Antonio a doversi sotanzialmente inchinare alla sopravvenuta inferiorità numerica. L'ultima tranche di gioco, allora, non concede sorprese: e, alla fine, in Salento si festeggia la permanenza. Al termine di una stagione che il Nardò ha saputo autolesionisticamente complicarsi in prossimità del rush finale. Quella stessa stagione che, come per magia, si rasserena sulla linea del traguardo: anche dalla prospettiva societaria. Il passaggio di consegne tra il vecchio e il nuovo gruppo di comando, infatti, sembra finalmente sancito: malgrado, probabilmente, alcuni dettagli da sistemare. Il nuovo ciclo che sta per aprirsi dovrebbe riconsegnare dignità al blasone del Nardò e motivazioni dimenticate. Assolutamente impensabili, se questa squadra, con tutti i suoi problemi trascinati per mesi, non avesse trovato in fondo al cammino la lucidità e la solidità necessarie per rinsaldarsi e per allontanare gli assalti dei dubbi e l'odore acre dell'Eccellenza: ad un certo punto molto più vicina di quanto potesse sembrare.  

venerdì 17 maggio 2013

Monopoli, va benissimo così

L'eliminazione dai playoff, già in semifinale, non può sottrarre al Monopoli la certezza di aver interpretato una stagione assolutamente densa di significati e di soddisfazioni. E, se la sconfitta nel match duro e animato di Matera (troppi espulsi, saltano sùbito equilibri e coordinate di una sfida che si annuncia particolarmente appetitosa) semina un po' di dubbi in parte della tifoseria adriatica, è giusto aggiungere che questa squadra, questo staff tecnico e questa dirigenza hanno saputo traghettare il campionato esattamente dove il Monopoli meritava di veleggiare. Tenendo conto, ovviamente, anche di un organico numericamente scarno, soprattutto ad un certo punto del percorso. E di una situazione finanziaria indebolitasi, a metà torneo, per il disimpegno di un finanziatore tra i più forti. Quelle erano le possibilità, questo è il risultato (positivo): per chiarire. Il quarto posto finale e la partecipazioni agli spareggi vanno, cioè, inquadrati nella maniera migliore. E premiano le diverse buone prestazioni di una squadra che, per lungo tempo, ha saputo contrastare con autorità i passo delle migliori: Ischia e Gladiator compresi. E regolarmente battuti, almeno una volta: quando i tre punti, peraltro, valevano ancora qualcosa per i leader del girone e anche per i casertani. E non a giochi già chiusi. Il tutto, va pure detto, al netto di qualche occasione pienamente fallita e opportunamente criticata, com'è giusto che sia (ricordiamo, su tutte, le trasferte di Nardò e di Grottaglie). Adesso, però, è quasi tempo di girare pagina. Di guardare oltre. Qualcosa, infatti, si muove. De Luca, per esempio, resterà in panchina, libero di proseguire un progetto tecnico che può tranquillamente ripartire da una base solida. Sarebbe a dire che il Monopoli non sarà costretto dall'esigenza di rivoluzionare l'assetto. Basterà modificare solo qualcosa: la lista degli under, per esempio. Ma anche quella degli attaccanti (ringiovanire potrebbe giovare: ma è certo che almeno due pedine cambieranno). In partica, si tratta di modellare. Non di revisionare o di resettare. Anche la società dovrebbe nutrirsi di energie nuove (questo sì, è necessario). E chissà che non arrivino buone notizie da Martina (Favia, in Valle d'Itria, ha chiuso il suo ciclo). Certi segnali si colgono: e poi, ripetutamente, dai vertici del club arrivano determinati messaggi che, però, vanno decodificati per bene. Si parla di un campionato, il prossimo, che il presidente Mastronardi e gli altri soci definiscono importante. Importante, ovviamente, non significa che si punterà a vincerlo: ma che il processo di crescita prosegue. Non ci saranno, però, investimenti pesanti: non con queste premesse. Monopoli, oggi, non può competere con Matera o altre piazze, dove esiste maggior liquidità. Occorrerà, allora, agire d'astuzia: puntare, cioè, sul gruppo che già esiste e che sembra oggettivamente affidabile e, sùbito dopo, su nomi spendibili, ma non eccesivamente onerosi. E su giovani dotati, possibilmente: anche se, in quinta serie, non scenderanno molti under di qualità. Quelli finiranno, male che vada, in C2: dove l'anno prossimo si battaglierà (e anche parecchio) per i primi nove posti che daranno diritto alla istituenda C unica. Proprio per questo, si renderà fondamentale allacciare rapporti proficui - e, magari, sinceri - con i club più blasonati. Per intenderci:  le prime scelte, l'abbiamo detto prima, approderanno ovviamente altrove, ma le quarte o le quinte non portano troppo lontano.

giovedì 16 maggio 2013

Foggia, fine della corsa

Il Foggia e la sua settimana densa, densissima. Si comincia domenica, sull'erba gibbosa del Piccirillo di Santa Maria Capua Vetere. Chiaramente, il Gladiator è apertamente favorito: perchè disputa la prima gara dei playoff in casa, perchè può appoggiarsi a due risultati su tre e perché, malgrado un certo scollamento avvertito ultimamente nell'ambiente sammaritano, quella di Feola è pur sempre la squadra che, con il suo predecessore Squillante, ha lungamente conservato imbattibilità, secondo posto in campionato e una solida subalternità alla capolista Ischia, già promossa. Ma questo Foggia è un'altra squadra, oggi: più sicura di sè, più consapevole, più compatta. E, soprattutto, più entusiasta. Necessita, è ovvio, una prestazione attenta, rigorosa, ma anche coraggiosa, efficace. Se, poi, il Gladiator resta in inferiorità numerica (nove contro undici), vincere si può. La formazione di Padalino si impone tra le polemiche campane (il match si interrompe una prima volta per un atto di protesta, dunque definitivamente per la sopraggiunta mancanza di numero legale: i casertani rimangono in sei) e si autopromuove allo spareggio finale del mercoledì successivo con il Matera, che nel frattempo ha liquidato il Monopoli. Campo avverso anche in questo caso, ma senza pubblico. E poi la formazione lucana si presenta rimaneggiata. Due punti in più a favore dei dauni che, però, subiscono gol in apertura. Il contraccolpo dello svantaggio viene assorbito lentamente, ma prima della mezz'ora di gioco, Agnelli e soci prendono possesso della situazione, costringendo l'avversario ad una gara di sostanziale presidio. Possesso infruttuoso, comunque. Di più: al quarto d'ora della ripresa, il Matera raddoppia e sembra sigillare il passaggio al turno successivo. Agnelli, tuttavia, riduce immediatamente le distanze e riapre il match, anche se per un solo minuto. Perchè Ceccarelli riporta avanti i lucani di due lunghezze: quanto basta per vivere tranquillamente sino al termine della sfida. Così, la corsa verso un eventuale ripescaggio del Foggia (che, va detto, possiede il pregio della volontà e della fede sino al novantesimo) finisce qui. E, contemporaneamente, si apre una nuova avventura: quella che passa, innanzi tutto, attraverso il consolidamento dei quadri societari, che permetterebbero alla squadra che verrà di rafforzarsi per puntare alla promozione sin dal prossimo torneo. Calcisticamente parlando, però, la parte finale di questa stagione dovrebbe essere servita, se non altro, a chiarire certe idee sulle imminenti strategie e sui giocatori su cui poter contare domani, illuminando su prospettive e scelte future. Diventando, in un certo senso, il primo mattone del Foggia che sarà costruito.

mercoledì 15 maggio 2013

Il Barletta e quel derby in più

Il pareggio insipido di Benevento, all'ultimo chilometro della stagione regolare, non dà e non toglie niente. Il Barletta conosce il suo destino da giorni interi. E la prospettiva dei playout non si modifica. Sarà spareggio: uno spareggio assai particolare, peraltro. Che si consumerà nei dieci chilometri di asfalto che separano la città da Andria. Derby di Puglia, derby per la sopravvivenza nella terza serie nazionale. Sfida piccante, anche se non propriamente ingestibile: perchè, tra le due società e le due tifoserie, non esistono astio consolidato e reciproche intolleranze. Però, alla fine, la felicità degli uni coinciderà con la profonda depressione degli altri: e non è impossibile ipotizzare che lo scontro potrebbe generare frizioni. Prima, durante e dopo. Comunque vada, comunque, da qua in poi saranno giorni duri, vergati da ansie, preoccupazioni e promesse. Il Barletta arriva all'ultimo confronto (che poi sono due partite distinte) vagamente rinfrancato dalla lievitazione tecnica, tattica e caratteriale scoperta proprio nel rush finale del campionato. In cui, si è già detto, il terzo tecnico dell'anno, Orlandi, sembra aver tratto dal gruppo il meglio possibile, disciplinandone i pregi e limitando il peso dei suoi difetti strutturali. Offrendo, al contempo, più ordine alla manovra e maggiore concretezza alle idee. Motivazioni e orgoglio, ovviamente, dovranno fare il resto contro un avversario che, teoricamente, è leggermente più dotato. E non solo dal punto di vista dell'esperienza: ovviamente irrinunciabile, quando si arriva all'incrocio decisivo. Non sappiamo se il Barletta, effettivamente, ai playout ci arriva meglio dell'Andria, oppure no. Saremmo persino tentati a sottoscriverlo, se il suo avversario diretto non avesse condannato, domenica scorsa, il Prato alla stessa lotteria dei payout, vincendo in Toscana un match che la formazione gestita da Cosco avrebbe anche potuto perdere: tanto, non sarebbe cambiato nulla. E se la Commissione Disciplinare non avesse dirottato quei punti di penalizzazione inflitti alla società biancazzurra alla prossima stagione: perché anche questi sono particolari che infondono forza, coraggio e buon umore. Comunque vada, giusto per ripetere un luogo comune, gli spareggi sono un'altra storia, che svicola dai pronostici e dalle analisi che il torneo ci ha guidati a rischiare. Eppure, di una cosa siamo sicuri: il Barletta, perché del Barletta volevamo innanzi tutto parlare, è la squadra che - oggi, tra le due - ha meno da perdere. Ed è anche quella che, più dell'altra, sembra aver raggiunto una certa continuità di rendimento. Non sarà molto: ma da questa stagione, amara per tutti, occorrerà pur trarre qualcosa, per provare a tutelare la categoria. E per guadagnarsi altri ventiquattro mesi garantiti agli immediati margini del calcio che conta.

martedì 14 maggio 2013

Lecce, restano i playoff

Autolesionistico, irresponsabile. E recidivo. Il Lecce si schianta su se stesso, davanti all'Albinoleffe, all'ultima giornata. Rinunciando ai suoi tre punti: che non avrebbero evitato, sia chiaro, la promozione in B dell'avversario diretto Trapani, vincente a Cremona al termine di una partita ostica e lungamente in bilico. Ma che, almeno, sarebbero serviti a congedarsi dalla regular season con dignità e un pizzico di autostima in più. E, soprattutto, a non dichiarare ufficialmente l'apertura dello stato di crisi e l'inaugurazione dei processi sommari proprio nel momento decisivo del torneo: che, a questo punto, continua con l'appendice sgradita dei playoff. L'Albinoleffe non cerca e non chiede nulla. Il Lecce deve soltanto fare il suo e aspettare notizie concilianti. Il vantaggio (firmato Bogliacino) è beneaugurante. Il Trapani, invece, soffre. All'improvviso, però, la formazione entra nel tunnel più buio: si spegne, si blocca. Arranca. Perde sicurezza, coordinate, spessore, tranquillità, idee. Identità. E' un'altra squadra, irriconoscibile. Perforabilissima. I seriani pareggiano. E poi sorpassano, con facilità. Il Trapani rivaluta il suo pareggio e, rinfrancato, trova infine il successo. Festeggiando un traguardo storico. Lo choc, tra la gente di Toma, è ingombrante. E mina il gruppo nella sua fondamenta. L'implosione modifica tutti gli equilibri: e patron Tesoro non nasconde di pensare seriamente ad un rimpasto. Ovvero, ad una nuova guida tecnica. Un azzardo, forse: che potrebbe confondere la truppa ancora di più. Oppure, una soluzione a forte trazione psicologica. Sicuramente, un'operazione che sgorga direttamente dalla disperazione. E dalla rabbia. Ecco, l'eventuale (anzi, probabile: sarebbe pronto Gustinetti) avvicendamento del tecnico diventa l'ammissione di un disagio ormai profondo. Il simbolo di un anno calcistico che sta scivolando via, senza grazia. E di un fallimento sportivo. Ma non è tanto il primo responso a schiaffeggiare il Lecce: quanto i dettagli che lo scolpiscono. Al d là della sostanza, cioè, è la forma che abbruttisce il duemilatredici dei salentini. Obbligati, ora, a giocarsi tutto sulla strada dei playoff. Attraverso la quale possono ancora (e ragionevolmente) recuperare quanto è appena sfuggito: se non altro, per la dichiarata superiorità tecnica che vantavano e ancora vantano sugli altri avversari della lotteria. A patto che la squadra si cali, una volta per tutte, nella realtà. E che non creda di aver già vinto, solo per il blasone che si trascina, gli spareggi della delusione. 

lunedì 13 maggio 2013

Martina, permanenza e resa dei conti

Difficile capire se il Martina non vuole o non può. Sicuramente, però, l'ultimo match della regular season consegna la stessa squadra degli ultimi tempi: inamidata ed eterea. Alla quale, tuttavia, il pareggio (cioè il risultato più quotato, ovvero quello più atteso: anzi, addirittura scontato) potrebbe non bastare per evitare i playout, se la concorrenza dovesse realizzare partite di assoluto prestigio. Quel pareggio che ai toscani, invece, è necessario per allontanare qualsiasi pericolo. E che, puntualmente, si concretizza in coda ad una gara complessivamente svogliata per un'ora ed inesistente per altri trenta minuti. Tutti, sul campo, attendono in realtà segnali (positivi) dalle altre sfide della giornata: che, alla fine, finiscono per premiare le previsioni. Match ritmato dai timori e dalla convenienze: in cui, peraltro, la formazione di Bitetto si ritrova a rincorrere due volte, lasciando nella gente che tifa una scia di apprensioni. A salvezza appena raggiunta, poi, lo striscione spiegato dai tifosi della curva («Adesso andate via tutti», il resto lo censuriamo) non lascia dubbi sull'ancora recente deterioramento del rapporto tra ambiente e squadra. C'è la permanenza, dunque: ma non la festa. L'atmosfera è ombrosa: dopo il novantesimo è come prima del calcio d'inizio. E pure il momento riservato alle considerazioni per la stampa è dimesso. Almeno sino a quando interviene il direttore generale Petrosino, che rassegna le proprie dimissioni, non senza mostrare commozione. E non prima di aver dettato qualche concetto. Il primo: le insinuazioni sul coinvolgimento del Martina in un'eventuale inchiesta federale sui match disputati al Tursi contro l'Aquila e contro l'Aprilia e l'accostamento alla vicenda del suo cognome lo irritano e lo spaventano. Il secondo: l'obiettivo dichiarato (la C in cinque anni) è stato centrato e, addirittura, difeso al primo tentativo. Il terzo: il Martina, quest'anno, ha fortemente deluso. Non dimostrandosi un gruppo di uomini. E poche eccezioni (Petrilli, Scarsella, Mangiacasale e qualche giovane) confermano la regola. Il quarto: lo spaccamento dello spogliatoio, qua e là ipotizzato da osservatori e supporters, è pura verità. E nè il tecnico, nè la società hanno saputo o potuto ovviare al problema. Il quinto: la Lega di serie C è, giorno dopo giorno, sempre più pressante e sempre più intransigente, su tutto. Ed è difficile rispondere alle richieste, dal punto di vista economico. Niente male davvero: uno sfogo senza troppi veli, diciamo così. Dove ce n'è per tutti. A seguire, recupera il microfono il presidente Muschio Schiavone, che si concentra sull'assenza degli amministratori locali e sull'insensibilità dell'imprenditoria martinese, rivelando qualche contatto già intavolato con potenziali nuovi soci dell'area barese. Ma rivelando anche l'insidia sfumata di un punto di penalità, l'intenzione di confermare coach Bitetto («un aziendalista», ripete più volte), l'imminente data di scadenza della convenzione sull'utilizzo dello stadio e, infine, un certo disagio che si annida dietro le scrivanie di comando. Traducendo, se non si dovesse concretizzare alcun aiuto al club, i programmi futuri finirebbero per indebolirsi. Proprio alle porte di un campionato, il prossimo, nel quale nove società verranno destinate alla serie D. Traducendo ancora, siamo alla fine di un ciclo. E, forse, alla resa dei conti.

sabato 11 maggio 2013

Andria, finale rovente

L'Andria non sprinta. Anzi, l'ultima fetta della regular season deprime un po' il morale, le ambizioni e il futuro. Di fronte alla necessità di afferrare la quint'ultima poltrona e, magari, di progettare il sorpasso alle concorrenti immediatamente più avanti in classifica, la squadra di Cosco si affloscia e si smonta, concedendosi ai playout con una domenica di anticipo sui tempi e consegnando, al contempo, il passaporto per un nuovo anno in terza serie al Gubbio, sin qui avversario diretto. Match point sprecato: mentre torna in mente il film di un intero campionato, subordinato a vecchie carenze strutturali. E risultato, comunque vada a finire, penalizzante per il calcio pugliese: perché, negli spareggi che verranno, Innocenti e compagni troveranno il Barletta. Una delle due, cioè, retrocederà. Anche e soprattutto perché la Commissione Disciplinare decide di affossarere l'Andria, direttamente: con una penalizzazione che la società, del resto, sconterà nel prossimo campionato e non in questo (otto punti: non uno scherzo, comunque): una soluzione che, peraltro, non piace a Sorrento e Carrarese, che confidavano (anche giustamente) in una propria salvezza. Non sul campo, ma burocratica. Inutile aggiungere che, invece, la sentenza suona benissimo al club di De Pasquale: oggettivamente graziato nel momento di maggior bisogno. E, adesso, addirittura psicologicamente ben disposto a misurarsi nello spareggio di fine stagione. Tutto da giocare, ovviamente.

martedì 7 maggio 2013

La sorte del Lecce, ora, dipende dal Trapani

Un gol sotto. E poi due. Mentre il Trapani, in insospettabile difficoltà contro la più debole (e ormai condannata ai playout) Reggiana, almeno pareggia. Il Lecce, ancora una volta, sembra perdere dal proprio orizzonte la serie B. Ma il calcio è anche emozioni. La gente di Toma si ribella al destino e al Carpi, accorciando. E il Trapani si ritrova sotto, anche se per poco. Quindi, il pareggio firmato dai salentini: due a due. Lo stesso risultato che, alla fine, matura in Sicilia. Sessantuno punti contro sessantuno punti: tutto da decidere, a novanta minuti dalla fine della regular season. Il viaggio continua. Il duello prosegue. Vista dalla parte dei salentini, questa è - intanto - un'occasione persa. Proprio quello che, peraltro, penseranno anche a Trapani. Dove, comunque continuano a custodire una certezza: all'ultimo minuto dell'ultima giornata, la parità di punteggio sarebbe infranta dalla differenza reti, che premierebbe la formazione di Boscaglia. Scaraventando Giacomazzi e soci direttamente ai playoff. Esatto, sì: vincere domenica potrebbe non bastare al Lecce: che, di fronte al Carpi, si lascia tradire dalla foga, nemica giurata della lucidità. E che, per un po', lascia agli avversari la mediana (il tecnico, più tardi, modificherà il modulo). Ma, così come sette giorni prima, è l'antico Chevanton a sbrigare un po' di problemi: i due gol dell'uruguaiano servono, se non altro, a sperare ancora. Cioè, per mantenere alta la concentrazione di un gruppo che, assicurano tutti, credeva e crede in se stesso e che, proprio per questo, aveva affrontato la sfida con le migliori intenzioni. Per poi rifugiarsi in una prestazione difettosa, sotto il profilo dell'approccio: un particolare pagato caro, carissimo. Che rischia di indirizzare una stagione: non ancora compromessa, ma ormai troppo lontana dai disegni di partenza. E, di certo, ormai troppo stretta e già abbastanza angusta per chi avrebbe voluto dipendere esclusivamente dalle proprie possibilità. Invece, ora, il destino è tra i piedi del Trapani: e questo, effettivamente, fa un po' male.

lunedì 6 maggio 2013

Brindisi, obiettivo raggiunto

Mancava un punto, un solo punto. Da conquistare in casa. E contro un avversario, la Puteolana, che cercava lo stesso risultato per ottenere il medesimo obiettivo. Il Brindisi conquista la permanenza aritmetica in quinta serie soltanto all'ultimo chilometro: consapevole, però, di averla guadagnata con almeno novanta minuti di anticipo, in coda alla superba prestazione di Matera. Uno a uno, ma non c'è troppo da raccontare: gli ultimi novanta minuti sono, niente di più e niente di meno, che una tappa di avvicinamento al traguardo, priva di sussulti ed emozioni. Esattamente quello che ci si attenderebbe dall'ultimo appuntamento del torneo, peraltro condizionato da determinate esigenze. La formazione di Ciullo, compattatsi tra le ristrettezze economiche di una stagione vissuta spesso sull'orlo del pericolo e attorno ad uno spirito di gruppo invidiabile, merita però la menzione e il pubblico riconoscimento. Che la parte più calda della tifoseria condivide: tributando alla squadra e in particolare al tecnico di Taurisano, sùbito dopo il novantesimo del match di ieri, applausi e cori. Proprio mentre il nuovo patron Flora conferma di volersi attivarsi compiutamente e immediatamente per organizzare il domani. Incassato il sostegno morale e la promessa d'impegno sostanziale della città (senza della quale l'accordo con l'imprenditore barese non sarebbe stato raggiunto: ricordiamolo sempre), il presidente comincerà a giorni il suo personale giro di consultazioni, che dovrebbe tratteggiare le linee guida del Brindisi che verrà. Provando, in primo luogo, a trattenere sull'Adriatico alcuni big (Tedesco e Pellecchia su tutti, mentre laboragine sembra destinato a partire) e, soprattutto, l'allenatore: che avrebbe, peraltro, ricevuto diverse offerte, anche dalla categoria superiore. Ciullo, indubbiamente, ha lavorato con serietà (e con enorme dignità, nel periodo più buio), dotando la squadra di un calcio anche godibile: la scelta di riconfermarlo  - l'accordo ufficiale pare, al momento, una mera formalità - è la pietra miliare da cui avviare la rifondazione.

domenica 5 maggio 2013

Bari, la salvezza c'è. Ma oggi non basta

Ammettiamolo senza aggiungere condizioni: il Bari del rush finale è un collettivo irreprensibile, saldo, efficace. Lucido, anche: nell'espletamento della sua stretegia, nella gestione delle situazioni e delle singole partite. L'ultima parte del torneo è gravida di punti, innanzi tutto: quello che serviva per distanziare un po' di concorrenti e per guadagnare la permanenza. A Novara, poi, nel match teoricamente più impegnativo (i piemontesi, al di là di una certa flessione registrata nella seconda metà di aprile, continuano ad ambire ai niente affatto scontati playoff) arriva addirittura il successo: segna ancora il prolifico Caputo, al suo  quindicesimo sigillo. E, con il successo, anche la salvezza matematica (cinque punti a due turni dalla conclusione della regular season bastano, per il gioco degli incontri incrociati tra le pericolanti: prime tra tutte, Cittadella ed Ascoli). I timori, così, si dissolvono in fretta: molto più in fretta di quanto ci saremmo aspettati. E, con i timori, si sfalda pure la processione di critiche ultimamente tributata ad un gruppo (evidentemente più maturo di quanto potesse sembrare) e del tecnico Torrente: a cui va gratificato il merito di aver tenuto unita la squadra nel momento più delicato del campionato, quando gli avversari camminavano e il Bari inciampava spesso. A traguardo raggiunto, più o meno contemporaneamente, arriva intanto la notizia probabilmente più attesa dalla gente che tifa e dall'ambiente tutto: la famiglia Matarrese ufficializza l'avviamento della trattativa sulla cessione delle quote azionariue del club. A cui è seriamente interessata una società imprenditoriale gioiese: quindi, integrata nel territorio. Inutile aggiungere che, senza la definizione soddisfacente dei colloqui e il superamento della fase cruciale della prevedibile due diligence, la permanenza appena ottenuta sul campo servirebbe a poco: perché il tempo è scaduto. Perché il futuro non esisterebbe. E superfluo è ricordare pure che la battaglia più vera è appena cominciata. Questa, volta, però, non sarà sufficiente nè il carattere, nè la verve della gioventù: ma solo le idee e il contante di chi vorrebbe acquistare. E, ovviamente, la volontà di vendere del presidente. A pensarci bene, gli stessi ingredienti di uno, due, tre o cinque anni fa.