lunedì 26 agosto 2013

Ecco il Barletta, ancora un po' spento

Ecco il Barletta: è Coppa Italia, certo, e le impressioni si inchinano alla limitata attendibilità del periodo (il campionato parte tra sei giorni e, per il momento, si valuta ancora) e alle modalità del test (impegno necessariamente ridotto, avversario di una categoria inferiore). Ma qualcosa emerge pure: la squadra è ancora un po’ spenta, pesante. Pressa poco e rincorre meno. Qualche supponenza individuale intensifica il quoziente di difficoltà e il piede di Allegretti (da lui passa gran parte della manovra) e la duttilità di Cane (un esterno che si trova sempre dove deve) non bastano a sbarrare le difficoltà di percorso. A Martina, ieri, la formazione di Orlandi lascia fare per tutto il primo tempo. Riscattandosi parzialmente solo nella ripresa, quando trova il pareggio (in apertura) e, infine, sorpassa (il sigillo del due a uno, che permette di giocarsi la qualificazione a Melfi al prossimo appuntamento, arriva nei minuti di recupero). Gli jonici, in sostanza, tengono discretamente il campo per tre quarti di match. E, dopo venticinque minuti di calcio senza padroni, dilatano il proprio volume di gioco, legittimando la superiorità con il vantaggio (Belleri è una delle tantissime novità e si presenta bene). Il collettivo di Bocchini, tra parentesi, spende di più e soddisfa sotto il profilo dell’organizzazione, pur dimenticando di nascondere certi limiti tecnici evidenti, sia dietro che più avanti (molti errori dei singoli, per capirci). Lo score finale, per intenderci, è bugiardo: per quel che vale, ovviamente. Ma, tornando al Barletta, la condizione ottimale appare ancora distante. Picci, dato per titolare sino a pochi momenti dallo start, si accomoda in tribuna e, perciò, davanti si vede Lamantia, assistito da Cicerelli e Prutsch, che lavora di quantità. Nelle retrovie, Di Bella è talvolta sbrigativo e impreciso. Branzani entra soltanto a partita ormai matura. Complessivamente, ci saremmo aspettati di meglio: il 3-4-3 (5-3-2 in fase di non possesso) difetta in freschezza e, dunque, appare prevedibile. Elementi, questi, da verificare più avanti: anche e soprattutto a contatto con le altre forze del campionato che sta per partire. Giusto per sapere quale ruolo potrà assumere il Barletta da qui in poi.

sabato 24 agosto 2013

Bari, un punto per ripartire


La prima del Bari è anche il prologo del nuovo campionato di B. E l’anticipo del venerdì è soddisfacente, se guardiamo il risultato. Lo zero a zero in casa della Reggina che, si dice, punta a qualcosa d’importante (ma, oggi come oggi, non è affatto difficile, dal momento che le nuove norme potrebbero premiare anche l’ottava classificata: roba da torneo delle osterie) non va affatto trascurato. Soprattutto in prospettiva della classifica, deficitaria ancora prima di salpare (va azzerato la penalizzazione di tre punti, ricordiamolo). La formazione che da Gautieri è passata al Alberti Mazzaferro poco prima dello start è stata, oltre tutto, rimodellata in buona parte: e pure di questo occorre tenere conto. Il punto, in sostanza, fa coraggio. Finendo per mascherare ancora per un po’, magari, la scarsa incisività del nuovo 3-5-2, arrivato alla conclusione in porta una sola volta, e un certo travaglio accusato nella seconda porzione di gara (i calabresi colpiscono il legno due volte). La questione degli artiglieri, del resto, è tuttora aperta: l’apporto di Caputo è stato azzerato da una lunga squalifica, l’ingaggio di Ghezzal è alto (perciò è destinato altrove) e Albadoro arriva da una stagione sfortunatissima, durante la quale è rimasto ai margini del collettivo da un infortunio. E, dunque, servirebbe tornare sul mercato. L’organizzazione del Bari, di contro, sembra già più che dignitosa: la squadra ha saputo difendersi con sacrificio, provando a ripartire. E ottenendo il risultato minimo, malgrado la sopraggiunta inferiorità numerica (rosso per Defendi). Eppure, un solo match può significare nulla. La disamina andrà approfondita più in là: quando, ad esempio, l’elenco dei disponibili si amplierà. Oppure, quando occorrerà costruire la partita. Anche perché Ceppitelli e soci non potranno perdere troppo tempo a pensare, preoccupati di dover viaggiare un po’ più veloci della concorrenza. Come l’anno scorso, o quasi. Allora, però, entusiasmo e sfrontatezza ribaltarono le previsioni di partenza. E ritrovarle oggi, a dodici mesi di distanza, non sarebbe affatto male.

martedì 6 agosto 2013

Bari, è un problema di progetto

Abbiamo atteso ventiquattro e poi quarantott'ore. Per capire, per decodificare, per commentare. I protagonisti del nuovo capitolo amaro del Bari, però, non hanno saputo (anzi, voluto) chiarire troppo le idee della gente che fifa e anche di quella che apertamente non tifa. Gautieri, il condottiero dell'ennesima epoca nuova, si è eclissato dopo pochi giorni di ritiro, ancor prima dell'impegno di Coppa, abbastanza per non sbarrarsi il cammino nel corso di questa stagione agonistica (se vorrà, potrà ancora accasarsi altrove, senza inciampare in alcun problema di tesseramento). Dimissioni, quelle del tecnico, subito accolte. Dettati da motivi di natura familiare, recita il comunicato stampa: al quale, ovviamente, nessuno crede (ma quanto conta, invece, il sostanziale immobilismo sul mercatto del club?). La società, nel frattempo, sembra aver promosso alla prima squadra il responsabile della formazione Primavera, Zavettieri: soluzione che poco è piaciuta alla base, ovvero alla tifoseria. Sempre più stordita. Non che fosse fondamentale sentire da Gautieri o da Angelozzi (o da chi per lui) qualcosa di più o di meglio: la sostanza non cambia. Il Bari è, in questo momento, un magma incandescente, un pianeta insondabile. Che deve ritrovare certi equilibri interni, smembrati dalla lunga gestazione di una trattativa mai sbocciata, quella del passaggio di proprietà. E che, soprattutto, deve ridotarsi di un piano, di una programmazione. Oggi come oggi, non impaurisce tanto il Bari malandato, snervato e confuso, nè l'austerity che tenta di divorarlo. Quanto, piuttosto, lo scarso appeal del club e del progetto. 

domenica 4 agosto 2013

Lecce-Giacomazzi, divorzio di principio

Nessuno è indispensabile: persino nel pallone. E nessuno è immortale. Tutto scorre, tutto cambia. E non ci meravigliamo neanche un po' se l'estate ci regala la soluzione del rapporto tra il Lecce e il suo capitano, Guillerme Giacomazzi: un uruguagio ormai salentino dentro, dopo tredici anni passati tra lo Jonio e l'Adriatico. Dispiace, quello sì: se non altro perchè, a fronte di un calcio non sempre pulitissimo, il mediano sumericano ha puntualmente applicato sul campo impegno, tenacia, serietà e professionalità. Rescissione, peraltro, è una parola forte: soprattutto di questi tempi. In cui l'ingaggio va difeso sino in fondo. Oltre tutto, alla base, il problema è tutt'altro che economico. Anzi. Giacomazzi, con l'arrivo sulla panca di Moriero e, in campo, di Miccoli (il grande colpo dei Tesoro, un autentico lusso per la C) è stato degradato. Da capitano a soldato semplice. Operazione che il ragazzo di Montevideo avrebbe tranquillamente digerito, dice. Purchè il nuovo tecnico gliene avesse parlato, prima. Cosa che non è accaduta: provocando il risentimento del centrocampista. Mancanza di rispetto, la chiama Giacomazzi. Dopo la lunga militanza: che, almeno, avrebbe dovuto garantirgli questo attestato di stima. L'uruguaglio se l'è segnata. E ha raccontato tutto, apertamente. Anche il digì Tesoro, con una dichiarazione postuma, ha confermato i termini della questione: «Moriero è il comandante dello spogliatoio e vanta i suoi motivi, ma capisco Giacomazzi». Chiaro, chiarissimo. L'ex capitano, però, non perderà molto: è già pronto un nuovo contratto e si trasferirà a Siena, serie B. Dove il Lecce cercherà, per la seconda stagione consecutiva, di tornare. Trascinandosi dietro la sua personale vittoria morale. Si è ritagliato un figurone, Giacomazzi. E Moriero no.

sabato 3 agosto 2013

Il bluff nell'epoca di internet

Bluffare, nell'epoca di internet, non è più così redditizio come un tempo. E l'overdose di informazione e controinformazione (quando non si arrampica la disinformazione) calpesta le bugie, talvolta. Foggia e il Foggia sono in festa: le fidejussioni sono partite e arrivate puntuali, il ripescaggio in quarta serie è solo una formalità da attendere e gustare. Niente di meglio, allora, che condividere la soddisfazione del salto di categoria con un avversario di rango. Magari, quella stessa amichevole di prestigio porterà un po' di contanti utili a rifinire un progetto apparso improvvisamente in estate e raggiunto contro molte avverse previsioni. L'Atlético Madrid è un nome niente male: un paio di Europa League in bacheca parlano abbondantemente del suo recentissimo passato. La gente che tifa, perchè no, si farà trasportare: non sono situazioni che transitano quotidianamente, queste. Solo che il club spagnolo, sul proprio sito ufficiale, si esprime chiaramente: il prossimo quattordici agosto, la prima squadra non scenderà a Foggia. Delegando una sua rappresentativa giovanile. Un dettaglio che cambia la prospettiva. E di molto. La società di viale Ofanto, però, non sa. Oppure, molto più verosibilmente, non vuole far sapere. La verità emerge dalla rete, dall'estero. E quella che sembrava un'occasione irripetibile diventa un'occasione persa: di ritrovare il grande calcio e di ossequiare la trasparenza.  

venerdì 2 agosto 2013

Andria, sarà Eccellenza

Niente serie D. E speranze tradite. Il pallone attraversa mari di gran difficoltà: anche e soprattutto ad Andria. Dove, questa è una conferma, risorgerà la vecchia Fidelis. E che, però, ripartirà dall'Eccellenza. Dalle ceneri della società appena liquidata dopo la retrocessione in C2 e la contemporanea maxipenalizzazione, non resta neppure il sapore di un campionato a dimensione nazionale. Ma fuoriescono amarezza e frustazione. Visto dalla parte della gente che tifa, intanto, il discorso speso recentemente non tiene più: la quinta serie avrebbe garantito al nuovo sodalizio di guardare al futuro prossimo con una discreta dose di coraggio e, soprattutto, fiducia. Perchè la C ormai perduta (e prossima al maquillage voluto dalla Federazione) sarebbe rimasta abbastanza nitida all'orizzonte. Pronta ad essere inseguita: con lavoro, risorse nuove e sudore, ma senza zavorre finanziarie e mentali. L'ormai probabile ammissione al primo torneo regionale, invece, modifica la pianificazione e la questione tutta. La risalita si presenta più ardimentosa e, ovviamente, anche più fastidiosa in termini di tempo. Senza contare il contraccolpo che l'ambiente avvertirà, dal punto di vista squisitamente psicologico. Per non parlare, infine, del risvolto puramente economico: vincere l'Eccellenza (e i nomi avvicinatisi ultimamente alla formazione che sarà costruita confermano la previsione) comporta un esborso niente male. Che, alla lunga, pesa su qualsiasi club che riparte dal basso e guarda al ritorno breve tra i professionisti. Rallentando, di fatto, il processo di reinserimento nel calcio più nobile. Professare pazienza, in certi casi, è la prima cosa che viene in mente.