Concesso: il calendario, con il Martina, è stato
decisamente scontroso, sin qui. Per aver piazzato sulla strada della squadra di
Ciullo la Salernitana,
una delle due attuali capolista del girone meridionale di terza serie, il Foggia, la
Juve Stabia e il Catanzaro, formazioni di
livello medio alto (almeno se consideriamo gli organici: per il resto, possiamo
parlarne) e, proprio ieri, nell’anticipo pomeridiano, il Benevento. Che poi è
l’altra battistrada del campionato. Davvero niente male. Unica eccezione,
diciamo così, l’Ischia: effettivamente modesto, per quanto visto al Tursi. Da quest’angolazione, allora, i
soli due punti collezionati in sei gare rattristerebbero ugualmente, senza
però destare troppo scandalo. Cioè: certe difficoltà entrerebbero di diritto
nel preventivo di un gruppo allestito in ritardo e velocemente, quasi in
prossimità dell’avvio di torneo. Però, l’incapacità cronica di arrestare
l’avversario appena la pressione si intensifica e l’abitudine ad entrare in
confusione anche quando il match sembra ben saldo tra i piedi di Amodio e soci
continua a castigare la manovra – spesso intrigante – e le buone intenzioni di
un collettivo frizzante per larghi tratti e dopo, all’improvviso, timido e
involuto. Il Martina tiene sino ad un certo punto: poi, la condizione fisica
scade. E l’assetto si sfalda. La gente di Ciullo, evidentemente, comincia a
patire la controparte e, forse, anche se stessa. Si perde, si ritrae, smarrisce
molte certezze. E concede: troppo. Senza quei maledetti quarti d’ora finali,
sarebbe in alto. E, invece, la classifica è già amara. La prestazione
infrasettimanale contro la Juve Stabia,
ad esempio, è lo specchio delle contingenze: il vantaggio di due gol e la superiorità
numerica di un uomo non bastano. Così come non basta l’ora di calcio non brillantissima,
ma concreta, di Benevento: anche nel Sannio, prima o poi, il gol esce. Il
Martina, puntualmente, subisce nella fase più delicata della partita: quando
diventa particolarmente disagevole rimediare. Caricando il suo tecnico di
ulteriori tensioni e attenzioni. La tifoseria, nel frattempo, sembra aver già scovato il
colpevole: malgrado il coach di Taurisano possa vantare attenuanti non
generiche. Non ultima, l’inaffidabilità di alcune pedine: insistiamo su questo.
Tuttavia, Ciullo potrebbe anche cominciare a ripensare il modulo: il 4-2-4
adottato sin dal primo match è coraggioso e interessante, ma non assicura la copertura
necessaria: il dato è incontrovertibile. Magari, un centrocampista in più, a
presidio di una difesa spesso incerta, potrebbe giovare. Al costo dell'esclusione di una delle
quattro pedine avanzate, ovviamente. La salvezza, peraltro, passa attraverso
piccoli e grandi accorgimenti come questo. E la salvezza deve rimanere il primo
e l’unico obiettivo. Com’è giusto che sia.