Il Taranto, in trasferta, sa farsi rispettare. Con i suoi limiti e le sue
grazie. Perché sembra disegnato per giocare. E, se sul prato di casa i
riscontri sono parziali (tre pareggi su tre, sin qui), lontano dallo Iacovone i punti arrivano copiosi
(vittoria a Vallo della Lucania e Francavilla, un punto a Brindisi e, proprio ieri, pari a
Monopoli). Il percorso dell’ultimo match, però, è sdrucciolo, insidioso. La
gente di Favo, dietro, si perde due volte e, quindi, rincorre il risultato sino
al minuto novantacinque, quando monetizza al meglio i timori di un avversario
che, sin dall’avvio della ripresa, rinuncia a giocare. Finendo per chiudersi maldestramente
e per punirsi. Come ad Andria, sette giorni prima, il Monopoli cade sui titoli
di coda: ma questa volta c’è dolo e non ci sono troppe attenuanti. La squadra
di Passiatore se la cerca, punto. E gli jonici ringraziano, finalizzando
all’ultima palla un assedio che, da principio, non asfissia la difesa di casa.
Ma che, alla distanza, turba Esposito e soci. Senza timori, il Taranto fa la sua gara. Impostando, ma anche lasciando
giocare. Procurandosi soluzioni e scoprendosi (il Monopoli si avvicina al
vantaggio in un paio di occasioni). Guadagna rapidamente spazi, altrettanto
rapidamente li perde. Confronto aperto, si dice in casi come questo. Anche
perché, probabilmente, due moduli speculari (4-2-4 in fase di possesso) aiutano
ad allargare l’orizzonte. C’è spazio in abbondanza, poco prima della mezz’ora, per
Cortese: palla al secondo palo, l’intervento di Mirarco è difettoso e la
formazione adriatica passa a condurre lo score.
Il Taranto, toccato nell’intimo, non reagisce con convinzione, né con saldezza:
lo svantaggio, cioè, spersonalizza la squadra. Anzi, è proprio il Monopoli a
insistere e a bissare dagli undici metri (Murano si trova solo di fronte a
Mirarco, penalty ineccepibile). Match chiuso, sembra di capire. Intanto, però, il
Taranto della seconda frazione di gioco è ancora vivo. O, meglio ancora, motivato.
Il Monopoli, invece, abbassa densità e tensione, limitandosi ad assistere e
speculando sui due gol in più. La traduzione è facile, al di là delle parole:
gli ospiti cominciano a stringere e i biancoverdi a sudare. E a tutelarsi
ancora: l’ingresso di un difensore (De Luisi, per la punta Manzo) stravolge lo
scacchiere ideato da Passiatore. L’idea di modellare la difesa con cinque
uomini, però, trasmette alla squadra la paura del successo e una sete di
estrema conservazione del due a zero. Il messaggio è preciso, immediatamente leggibile:
sulle tribune e in campo. E, sùbito dopo, rafforzato dalla sostituzione di
Cortese (per il tatticamente più accorto Russo). Eppure, il Taranto non incide
come vorrebbe, malgrado disponga ormai stabilmente del campo e del comando
delle operazioni, oltre che di un atteggiamento strategico molto propositivo
(ora è 3-4-3). Ci pensa, comunque, il guardasigilli Turi a riaprire
compiutamente la gara, con un intervento errato sulla conclusione di
Pambianchi: due a uno e fase finale assolutamente in bilico. L’epilogo, già
raccontato, premia il collettivo che prova a dotarsi di una dimensione,
castigando quello che deve ancora imparare a conoscersi e a gestirsi, al di là
dei problemi di personale (le assenze riducono il ventaglio delle soluzioni). E
che, ora, si ritrova a dover perseguire un obiettivo tutto nuovo, mai
considerato sin qui: la salvezza. Gran brutta botta, per il Monopoli.
lunedì 20 ottobre 2014
domenica 19 ottobre 2014
Non è mai troppo tardi
Il Martina cambia modulo e i punti arrivano. Non senza alcune
controindicazioni già abbondantemente analizzate, ma arrivano. Coach Ciullo,
aspramente minacciato dai risultati e dai pericoli dell’esonero, rivisita quel
tanto che serve per aiutarsi: fuori una delle quattro pedine avanzate, dentro
un centrocampista in più. Operazione semplice, scontata. E attesa: da qualche
settimana, ormai. Non è mai troppo tardi, però. Dal match consumato in casa
della Lupa Roma, la settimana scorsa, sboccia un punto niente male: anche
perché l’avversario è di caratura. La squadra subisce qualcosa, ma non troppo.
E, soprattutto, appare più coperta, più affidabile. L’avversario non brilla, ma
nel mezzo si gestiscono meglio alcune situazioni e dietro si soffre meno. La
sfida con l’Aversa, sette giorni dopo, si trascina il sapore del confronto
diretto e l’etichetta della gara della controprova. La rivisitazione tattica
(ora lo scacchiere è sintonizzato sul 4-3-3) non impedisce al Martina di
accelerare sugli out e di reperire
profondità. La formazione allestita dal tecnico di Taurisano, per mezz’ora,
gioca e affonda come sa, provando a imporre i propri ritmi. Tutto lavoro che
conduce direttamente al vantaggio siglato da Montalto, peraltro dalla
distanza.. E che serve ad Arcidiacono immediatamente dopo (il direttore di
gara, tuttavia, invalida il raddoppio). Il campo, per intenderci, parla
apertamente a favore di Amodio e soci, più vivaci ed essenziali. L’Aversa,
appena può, fraseggia: la penetrazione, tuttavia, è saltuaria. Ma, al di là di
una classifica difficile anche per i casertani, si intravede qualcosa di buono,
dal punto di vista della manovra. Come dire: scherzare è vietato. Ma anche
abbassare la tensione. Fisiologicamente, del resto, il Martina deve pure
rifiatare un attimo e, a parità di quantità, il confronto resta decisamente
molto aperto. Anzi: i campani prendono lentamente campo, arrivando
all’intervallo con un po’ di quotazioni in più. Riacquisire certi ritmi, cioè,
non è facile. E la squadra di Ciullo ci ha abituati a decompressioni evidenti,
a match ormai avanzato. La ripresa è più affaticata e, infatti, l’Aversa ne
approfitta, pareggiando dopo il primo quarto d’ora. L’ennesimo schiaffo,
allora, spinge il Martina a rimediare: questa volta, peraltro, c’è anche tempo
sufficiente per recuperare il vantaggio, che Montalto regala dagli undici
metri. Lo stesso Montalto triplica poco più avanti, chiudendo il confronto.
Anche perché i normanni, alla distanza, si rivelano complessivamente
inconsistenti. Soddisfazione per il primo successo stagionale a parte, il
fastidio della permeabilità difensiva resta (niente e nessuno potrà cancellare
i limiti strutturali e individuali). Ma sembra cambiato qualcosa, all’interno
del l’ingranaggio: e il Martina, di sicuro, adesso è meno esposto. Preferiamo,
però, non sbilanciarci oltre e attendere ancora: due indizi non costituiscono
ancora una prova. Ma la sensazione che il Martina abbia perso almeno un mese
prima di capire uno dei suoi mali, quella sì, resiste.
venerdì 17 ottobre 2014
Brindisi, svolta rapida
Problemi anche per Castellucci. Il Brindisi non si accosta al successo
neppure dopo il cambio di panca: pari al Fanuzzi
prima, contro il Taranto, e sconfitta poi, a Potenza. E sì che la squadra,
adesso, appare più ordinata o, semplicemente, più operaia in mezzo al campo.
Comunque, più equilibrata. In Lucania, peraltro, le circostanze si accaniscono:
fallire un penalty al novantacinquesimo è frustrante. Anche se il provvedimento
arbitrale appare estremamente generoso. Il percorso che separa, cioè, la certezza
dall’incertezza è ancora tortuoso: e qualcuno, sull’Adriatico, comincia
compiutamente a pensare che neppure questo sia l’anno giusto per riappropriarsi
del professionismo. E che, in fondo, il collettivo costruito senza parsimonia
in estate non è poi così affidabile come in tanti (troppi, quasi tutti) avevano
pronosticato. La classifica, brutalmente, consegna una prospettiva grigia: il
Brindisi è appena un passo oltre le quart’ultime, già sufficientemente lontano
dal leader Gallipoli che perde a San
Severo, ma che recupererà quei tre punti a tavolino, molto presto. E se, poi,
si allenta la verve di gente come
Molinari (cinque centri nella prima parte del torneo) o Croce, a cui sono
legate gran parte delle speranze popolari, gli umori s’imbruniscono ancora. E
ancora: patron Flora è inciampato in un problema di salute personale. E con la
salute non si scherza. Se ne parlava da un po’, in città: e, in queste ore, è
arrivata la conferma ufficiale. Il presidente deve farsi da parte: la
comunicazione al sindaco Consales è da considerarsi un atto dovuto, di prassi.
Ci sarebbe, però, una cordata pronta a rilevare le quote e, si dice, a
rispettare il progetto di partenza. E si conosce persino il nome di quello che
potrebbe diventare il nuovo numero uno del sodalizio di via Brin: Mino
Distante, già principale finanziatore del Francavilla, fino a poche stagioni
addietro. Di sicuro, intanto, l’avventura di Flora si conclude molto prima del
previsto. O forse no, come puntualizzano i più maligni. Molto prima del
responso finale, molto prima anche di dicembre, che è quel mese in cui si
rischia qualche conto e si analizzano un po’ di cose, in cui si investono
risorse nuove oppure si depotenzia la programmazione, liberando qualche big. Il passaggio di consegne
societario, magari, sarà indolore: ed è l’augurio migliore per la città che
tifa. Escamotage o no, il pallone
brindisino sarebbe mentalmente preparato al concetto di ripartenza, come se
nulla fosse accaduto. Con la consapevolezza di essersi fatto trovare pronto, al
momento giusto. Non accadeva da anni: e ne prendiamo felicemente atto.
lunedì 13 ottobre 2014
La trazione anteriore dell'Andria
Il vantaggio immediato spinge l’Andria. E il derby
con il Monopoli si configura come una discesa abbastanza comoda. Matera
finalizza sotto porta il primo affondo: bastano tre minuti per modellare la
partita più agevole. Il collettivo di Favarin è rapido e incisivo: pedala e
possiede profondità. Con il pallone tra i piedi, la Fidelis scrive una manovra
spesso interessante. Dalla quale, poi, qualcosa di insidioso sgorga sempre. Malgrado,
complessivamente, difetti la continuità di espressione. L’avversario, per un
po’, deve rincorrerlo: almeno sino al momento in cui decide di ragionare meglio
e di più e, dunque, di rintuzzare (Gori, ad esempio, è più presente in entrambe
le fasi, se valutiamo le ultime prestazioni personali). La crescita della gente
di Passiatore, peraltro, è certificata pochi secondi prima dell’intervallo,
quando il calcio franco firmato da Manzo supera Masserano. Più avanti, il match
si fa più scorbutico: il Monopoli si cala assai bene nel ruolo e l’Andria ne
soffre. Di qua cominciano a mancare lucidità e spunti. Di là, si alimentano
ardore e sacrificio. L’assetto tattico della Fidelis, così, si sfilaccia e gli
ospiti ne approfittano, raddoppiando. Il risultato, tuttavia, non tiene:
Moscelli accelera e Olcese colpisce: esattamente quando Favarin inserisce un
altro attaccante (Lattanzio) per il mediano Piccinni. Paradossalmente, è con il
4-2-4 che l’Andria recupera determinati equilibri. Ritagliandosi gli sforzi per
il forcing finale, che confluisce
nella marcatura del successo, realizzata proprio con l’ultima palla giocabile.
Il Monopoli è colpito nell’intimo e, da quelle parti, la contestazione verso
certi provvedimenti arbitrali è forte. La Fidelis, però, si arrampica su un possesso palla
più evidente e su un atteggiamento largamente propositivo. Anche perché questa
sembra una squadra obbligata, per caratteristiche, a fare la partita e non a
subirla. Favarin, è evidente, sarà chiamato a lavorare ancora sulla fase di non
possesso: anche se l’idea di D’Agostino davanti alla difesa, sperimentata in
corso d’opera, non appare affatto male.
lunedì 6 ottobre 2014
Il Grottaglie bussa alla porta del campionato
Assemblato a campionato già partito e varato senza troppi allenamenti nelle gambe. Eppure, il Grottaglie è cresciuto e cresce ancora. Sorprendendo, se analizziamo dettagli e contingenze. Il pari di Brindisi, al di là delle distrazioni degli adriatici, andava considerato un indizio ancora flebile, ma anche un messaggio di speranza. E l’altro pari, quello del D’Amuri contro la Scafatese, una settimana dopo, un segnale di continuità. Ma l’affermazione di Monopoli, al netto dell’inferiorità numerica dell’avversario (in dieci per tre quarti di match) e dell’autolesionismo della formazione di Passiatore, è la certificazione di una lievitazione dell’impianto affidato alle cure di Enzo Pizzonia e delle potenzialità di un gruppo che si sta definendo e completando, ma soprattutto fortificando. L’Ars et Labor, cioè, c’è. E può concorrere per centrare l’obiettivo della permanenza. Che lo stesso trainer si sente di poter promettere se l’elenco a sua disposizione verrà presto innervato da un’altra punta (è, comunque, appena rientrato Manzella, già utilizzato nel corso della passata stagione) e da un’altra pedina di difesa. L’ultima uscita è un’alchimia di ordine tattico, di carattere e di pragmatismo: nessun effetto speciale, ma dentro ci sono sacrificio e furbizia. Cementati, è chiaro, dagli episodi e dalle modalità di una gara un po’ particolare. In cui il Grottaglie prova a bloccare il Monopoli, riuscendoci per quasi mezz’ora: con quel rombo di centrocampo che non si risparmia e che, quando serve, si allinea e si allarga. Poi, però, dopo essersi cercati, i padroni di casa si trovano e passano in vantaggio, sembrando di poter disporre del match. E, invece, così non è: Salvestroni è inutilmente e platealmente falloso a metà campo. L’espulsione ci sta. E, alla distanza, peserà. Sì, alla distanza. Non immediatamente. Perché, anzi, in dieci il Monopoli è persino più brillante. Malgrado Passiatore sia costretto a schierare Laboragine: appena ritesserato e, per questo, senza troppi minuti nelle gambe. Tanto che, a metà ripresa, Manzo e soci potrebbero chiudere il conto. Anzi, Esposito raddoppia pure, ma il direttore di gara invalida per un offside da verificare. Nel suo momento migliore, tuttavia, la formazione di casa inciampa nell’eccessiva sicurezza o, magari, nella supponenza. Di sicuro, nell’errore fatale. E’ la svolta: il Grottaglie ringrazia e pareggia. Intuendo, a questo punto, di potersi prendere tutto. Quello che deve succedere accade in un brevissimo arco di tempo: e i due gol di Bongermino, sin lì un po’ isolato, scrivono la storia di una partita che la gente di Pizzonia intasca con cinismo e risolutezza. Quello che serviva per cominciare a ribellarsi ad una sentenza già scritta. C’è ancora un campionato da giocare e giocarsi: questa sì che è una notizia interessante.
domenica 5 ottobre 2014
Martina, ora si fa dura
I tempi di attesa e di tolleranza popolare si riducono. Per il Martina e
per il tecnico Ciullo: che, malgrado le disavventure recenti, anche contro la Vigor Lamezia, non rinuncia al
4-2-4. Ma Carretta è veloce a siglare il punto del vantaggio. Ancora una volta,
la squadra parte bene, accumulando credito. Lasciando, tuttavia, giocare un avversario senza
particolari pretese, in campionato, ma che sa uscire alla distanza, in virtù di un calcio semplice e immediato, ma anche ragionato E che si ritaglia lentamente i propri
spazi. L’anticipo del sabato è un match aperto, a dispetto di una supremazia
territoriale martinese anche abbastanza marcata: per una buona mezz'ora e più. L’assetto difensivo dei
padroni di casa, piuttosto, è lo stesso di sempre: permeabile. E,
evidentemente, il segno è malvagio, conoscendo i precedenti. E conoscendo i
protagonisti. Kalombo, ad esempio: un ragazzo più che discreto quando attacca.
E assolutamente improponibile, in fase di non possesso, sui terreni della C. Il fallo di mani del coloured è persino comico. E il pareggio
vigorino, dal dischetto, è la degna conseguenza. La storia, in sostanza, si ripete noiosa: davanti si crea, dietro si distrugge. Nella ripresa, anzi, il
Lamezia raddoppia: la linea mediana di Ciullo non sa arginare, come in passato,
la pressione avversa: i laterali alti non accorciano, i centrali possiedono un passo lento e arrancano. E là dietro la sofferenza si trasforma puntuale in
agonia. Il Martina, peraltro, a svantaggio avvenuto si spegne, si disunisce. Difettano
persino gli spunti individuali dei più vivaci. E la gara si esaurisce prima del
previsto, tra amarezza e imprecazioni. Adesso, è ovvio, il tecnico – che già
viveva ore fastidiose – rischia seriamente. Non ci meraviglieremmo se, in
settimana, dovessero arrivare notizie cattive che lo riguardano. Ciullo, del
resto, in questo periodo non si è neppure aiutato troppo, intestardendosi su un
modulo che non proteggeva il gruppo e che non ha protetto neppure lui stesso.
Al di là dello spessore (basso, nelle retrovie) di certe pedine a propria disposizione. Ne siamo
consapevoli, comunque: rivedere l’assetto e offrire alla squadra più copertura
non significa automaticamente risolvere ogni disagio. Però, riteniamo pure che
all’allenatore spetti anche il compito di porre il collettivo sempre nella migliore
delle condizioni possibili. Cosa che, evidentemente, in quasi due mesi di
campionato, non è avvenuta.
mercoledì 1 ottobre 2014
Brindisi, è il momento di Castellucci
La caduta di Andria vale la panchina di Marcello Chiricallo. Non sarebbe potuto
accadere il contrario, del resto. Nel senso che il provvedimento era, sin dal
novantesimo, largamente atteso. Il tecnico, già minacciato dai risultati e da
patron Flora, se ne va. Impossibile restare al timone del Brindisi, dove arriva
Ezio Castellucci, tecnico esperto, anche se non proprio abituato alle dinamiche di
questo girone di quarta serie. Certo, davanti ai microfoni, Chiricallo dice il
giusto: complessivamente, in casa della Fidelis, la squadra non si spiega male:
ma nel mezzo è un po’ molle e dietro si ritrova in difficoltà. Quattro gol (a
tre) sono troppi. Ed è la classifica (magrissima, considerate le previsioni) a
disegnare la situazione. Semmai, sorprende un dato: che, cioè, proprio un
collettivo affidato sin qui ad un allenatore molto attento alla fase di non
possesso si ritrovi infiacchita di fronte a problematiche di natura difensiva.
Ma tant’è: il pallone non smette mai di sorprendere. Sorprende, invece, la
decisione di rifugiarsi negli schemi di un trainer, diciamo così, più
coraggioso. Nonostante, vale ripeterlo, i disagi non alberghino nella trequarti avversaria o in zona di
finalizzazione. Ma si sa: in questi casi, la prima idea è quella di arare il
terreno e ripartire. Con equilibrio. Quell’equilibrio che, sulle zolle
nevralgiche del campo, la campagna di rafforzamento estiva non ha saputo
evidentemente garantire.
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