Adesso, il Martina viaggia più tranquillo. Sette
punti in tre match, gli ultimi in ordine cronologico, sono ossigeno e tanto
buon umore. Conquistati contestualmente, va detto, all’improrogabile
rinnovamento tattico della formazione di Ciullo, transitata felicemente da un
4-2-4 carico di insidie e di dubbi ad un meglio spendibile e più rassicurante
4-3-3. Poi, il successo più recente, quello di Torre Annunziata, distribuisce quel
quoziente di autostima che, nel corso della stagione, viene sempre utile. E
che, ovviamente, certifica la fine di quel periodo di emergenza e di pessimismo
che Amodio e soci sembravano ormai condannati a dover frequentare senza una
reale prospettiva di rimedio. Anche per questo, dunque, la gara con il Melfi
appare un’occasione concreta per agganciare i vagoni della metà classifica. Ma
il Martina, tornato a calcare l’erba del Tursi,
decolla con fatica, sintonizzandosi a primo tempo inoltrato. L’avvio è pigro,
moscio. L’assenza dello squalificato Arcidiacono si avverte abbastanza. La
manovra non sgorga e la quantità difetta. Però, la squadra s’industria e, alla
distanza, si organizza: finendo per crescere e per impossessarsi delle
operazioni. La concentrazione sotto porta, magari, resta un problema: passare
in vantaggio si potrebbe, più di una volta. E, invece, riemergono certi spettri
del passato recente: Patti, puntato da Caturano, va in difficoltà e lo atterra.
Penalty e, soprattutto, espulsione: poco prima dell’intervallo, questa è una
notizia scomoda. Bleve, certo, rimedia e, nell’arco di sette giorni,
neutralizza il secondo calcio di rigore. Ma l’inferiorità numerica resta. Così
come, del resto, resiste lo spirito della gente di Ciullo: che, oltre tutto, a
fronte dell’ingresso obbligato di un altro difensore (Caso), decide di non
rinunciare a nessuna delle sue pedine avanzate. Il Martina, cioè, mantiene per
un po’ la supremazia nel mezzo, perseguendo il vantaggio con sufficiente
dedizione: eppure gli equilibri, sul campo, non sono più gli stessi e,
soprattutto, l’intensità del gioco si abbassa velocemente. Serve, dunque, un
centrocampo più folto e presente, che assista lo scacchiere soprattutto in fase
di non possesso: e, dunque, Di Risio va a rilevare l’esterno di punta Carretta.
Quanto basta per avvicinarsi ad un’antica verità: se la partita non può essere
vinta, è assolutamente conveniente non perderla. E anche questo è un progresso.